Il Canada e il terrorismo islamico: la storia di Ahmed Ressam e Michael Zehaf-Bibeau
Americhe

Il Canada e il terrorismo islamico: la storia di Ahmed Ressam e Michael Zehaf-Bibeau

Di Alessandro Orsini
17.02.2015

Il Canada e il terrorismo islamico: la storia di Ahmed Ressam e Michael Zehaf-Bibeau

L’attentato di Ottawa

Il Canada è stato colpito dalla violenza terroristica di Michael Zehaf-Bibeau, il fondamentalista islamico che ha ucciso il soldato Nathan Cirillo mentre montava la guardia al National War Memorial di Ottawa, il 22 ottobre 2014. L’attentatore ha poi fatto irruzione nel Parlamento, dove è stato ucciso dagli agenti di sicurezza al termine di una sparatoria.

Due giorni prima, un altro giovane attentatore, Martin Rouleau, aveva ucciso un soldato canadese, investendolo con la propria auto a Saint-Jean-sur-Rihelieu, una cittadina del Quebec. Rouleau, a sua volta ucciso dalla polizia dopo l’investimento, era stato arrestato a luglio con l’accusa di volersi recare in Turchia per poi raggiungere la Siria e arruolarsi nelle fila dello Stato Islamico, ma le autorità canadesi lo avevano rilasciato per insufficienza di prove[1].

La violenza omicida di Michael Zehaf-Bibeau e di Martin Rouleau impressiona, ma non sorprende. Pochi giorni prima dei loro attentati, il Parlamento canadese aveva approvato i bombardamenti aerei contro le postazioni dello Stato Islamico in Iraq, fornendo il proprio sostegno alla coalizione guidata dagli Stati Uniti, in linea con una politica estera di lotta frontale al terrorismo, avviata dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, in cui morirono ventiquattro cittadini canadesi. A partire da quel tragico evento, il Canada ha prodotto un grande sforzo economico e militare nella lotta al terrorismo[2]. È stato tra i primi Paesi a inviare migliaia di soldati in Afghanistan per lo smantellamento delle basi di al-Qaeda[3] e la contestuale neutralizzazione dei gruppi talebani che offrivano sostegno alla rete creata da Osama Bin Laden, ha approvato l’Anti-Terrorism Act, il 18 dicembre 2001[4], e ha speso 92 miliardi di dollari canadesi per la sicurezza nazionale tra il 2001 e il 2011[5].

Il Canada come rifugio jihadista

Il Canada ha conosciuto i pericoli e le minacce rappresentate dalla militanza salafita sul proprio territorio.

Ahmed Said Khadr, egiziano, si era trasferito in Canada nel 1975, di cui aveva ottenuto la cittadinanza. A partire dalla metà degli anni Ottanta, divenne un importante finanziatore dei mujahideen in Afghanistan. Legato personalmente a Osama Bin Laden e Ayman al-Zawahiri, fu arrestato nel dicembre 1995, in Pakistan, con l’accusa di avere finanziato l’attentato terroristico contro l’ambasciata egiziana di Islamabad del 19 novembre 1995 (17 morti). Nel gennaio 2001, il suo nome fu inserito dalle Nazioni Unite nella lista dei finanziatori di al-Qaeda. L’anno successivo, fu arrestato anche suo figlio, Omar Khadr, per avere ucciso un soldato Americano con una granata durante una battaglia in Afghanistan. Aveva solo 15 anni ed era già un militante jihadista. È stato il primo cittadino canadese a essere deportato a Guantanamo, nonostante la giovane età[6].

Occorre ricordare anche Fateh Kamel, giunto in Canada dall’Algeria nel 1987, divenuto poi cittadino canadese. A Montreal aveva creato una rete per finanziare i movimenti jihadisti. Fu arestato in Giordania nell’aprile 1999 e poi estradato in Francia, dove è stato condannato per reati di terrorismo[7].

Il caso Ressam

Tuttavia, il caso più imbarazzante per i servizi segreti del Canada fu quello di Ahmed Ressam[8], un militante di al Qaeda che, il 14 dicembre 1999, scese con la sua auto da un traghetto sbarcato nella città di Port Angeles (Washington). Nella ruota di scorta del portabagagli, nascondeva l’esplosivo con cui avrebbe dovuto colpire l’Aereoporto Internazionale di Los Angeles nel giorno della vigilia di capodanno[9]. Scoperto da un gruppo di agenti della frontiera americana, scese dall’auto e si diede alla fuga, ma fu catturato al termine di un inseguimento a piedi. Era giunto in Canada, con un passaporto falso, il 20 febbraio 1994. Scoperto, dichiarò di essere stato torturato nel suo Paese e richiese lo status di rifugiato politico, che però gli fu negato perché la sua storia di perseguitato politico fu ritenuta non vera. Si procurò da vivere con furti e borseggi e, nonostante fosse stato arrestato più volte, non fu mai incarcerato. Continuò a entrare e a uscire dal Canada utilizzando documenti falsi e, nel 1998, si recò in Afghanistan per essere addestrato in un campo di al-Qaeda[10]. Tornò a Montreal, dove organizzò l’attentato contro l’aereoporto di Los Angeles. Anche se il suo piano fu eseguito in maniera “maldestra”[11], provocò la reazione degli americani, i quali chiesero al governo canadese di migliorare le sue politiche di lotta contro il terrorismo, dal momento che la sua incapacità rischiava di mettere in pericolo i cittadini americani.

In quegli anni, il Canada era visto da molti jihadisti come un rifugio sicuro.

Ward Elcock, l’allora direttore dell’Intelligence canadese, in un discorso tenuto a Vancouver nel 2002, affermava che la vicinanza del Canada agli Stati Uniti, l’apertura della società a persone e capitali, e la sua popolazione multietnica “rendono il nostro Paese uno di quelli in cui i terroristi potrebbero cercare un rifugio”. La dichiarazione rilasciata tre anni più tardi dal nuovo capo dei servizi segreti, Jim Judd, fu un vero e proprio atto di autoaccusa. Davanti a una commssione parlamentare, Judd affermava che i terroristi di tutto il mondo avevano operato liberamente in Canada per anni. Le sue parole meritano di essere lette attentamente: “Storicamente, molte organizzazioni terroristiche provenienti da ogni parte del mondo hanno operato o cercato di operare in Canada attraverso la raccolta di fondi, la propaganda, il reclutamento e altre attività, e tutto ciò continua certamente a essere vero anche oggi”[12].

Il Canada, che era stato un rifugio sicuro per i terroristi islamici, oggi è uno dei Paesi più odiati dall’ISIS e da al-Qaeda. Tuttavia, l’attentato di Michael Bibeau non deve essere sopravvalutato perché ogni sopravvalutazione della forze dei terroristi rappresenta un favore per i terroristi. Bisogna sempre ricordare che il terrorismo è l’arma dei deboli, i quali cercano di moltiplicare le proprie forze facendo leva sulla psicologia umana.

Nè sopravvalutare, né sottovalutare, bensì attenersi ai fatti: questo è il compito degli studiosi. Ecco perché è importante condurre un lavoro minuzioso che ci aiuti a comprendere chi era realmente l’attentatore di Ottawa e quali erano le sue reali capacità offensive.

Storia di un lupo solitario

Franco-canadese da parte di madre e libico da parte di padre, le notizie sull’adolescenza di Zehaf-Bibeau sono, allo stato attuale, scarse. Nel 1999, la madre Susan aveva ottenuto il divorzio dal marito, da lei richiesto per adulterio. Dopo la disintegrazione del nucleo familiare originario, Michael fu affidato alla madre e iniziò ad assumere un comportamento ribelle e in contrasto con l’educazione ricevuta dai genitori. Questo processo si accentuò con l’inizio delle scuole superiori. Tra il 2001 e il 2005 fu arrestato, più volte: per avere rubato una carta di credito, per il possesso di marijuana e per avere guidato sotto l’effetto di stupefacenti. La condanna più pesante, due anni di carcere, giunse dopo che fu trovato in possesso di una pistola con cui era stata effettuata una rapina. Trascorsi in carcere soltanto 9 dei 24 mesi stabiliti dalla sentenza di condanna, Bibeau tornò in libertà, ma venne nuovamente incarcerato per 6 mesi per il possesso di marijuana e di PCP – un tipo di droga nota anche con il nome di “Angel Dust” – che produce effetti dissociativi e allucinogeni. Nel 2007, si recò in Libia, con un passaporto che aveva acquisito grazie alla cittadinanza originaria del padre.

La data della sua conversione all’Islam non è certa, ma sembra che sia avvenuta nel 2011. Anziché portargli benefici, lo espose a nuovi guai. Iniziò a frequentare una moschea, che era aperta anche ai non musulmani, di cui condannò presto la tolleranza religiosa, provocando l’intervento dei capi religiosi che lo allontanarono a causa del suo fanatismo.

Sul finire del 2011, si registra un suo comportamento particolarmente anomalo.

In un giorno di dicembre, entra in una stazione di polizia di Barnaby e chiede di essere arrestato per una rapina a mano armata che affermava di avere commesso dieci anni prima a Montreal. Fu però allontanato dalla polizia che non riuscì a trovare alcun riscontro della rapina. La notte successive, dopo avere tentato di rapinare un McDonald’s, anziché scappare, attese seduto l’arrivo della polizia. Le parole che pronunciò davanti al giudice sono significative della sua condizione socio-psicologica: “Sono dipendente dal crack e, nello stesso tempo, sono una persona religiosa, e voglio sacrificare la libertà e le cose migliori per un anno forse, cosicché, quando tornerò fuori, potrò apprezzare meglio le cose della vita ed essere pulito”. Michael Bibeau trascorse 66 giorni in carcere perché ritenuto capace di commettere altri crimini. Sottoposto a perizia psichiatrica, il medico lo giudicò capace di intendere e di volere.

La lettera della madre

Allo stato attuale, il documento più interessante di cui disponiamo per ricostruire i momenti più importanti della vita di Bibeau mei mesi che precedono il suo attentato è una lettera scritta recentemente dalla madre Susan e inviata a Postmedia News.

Laureata in legge, Susan ha rivestito alcune posizioni di rilievo all’interno dell’Immigration and Refugee Board of Canada. Si occupa di immigrazione e di rifugiati politici.

Susan condanna fermanente il gesto del figlio e afferma che questi era affetto da problemi mentali che erano esplosi quando gli uffici governativi gli avevano impedito di recarsi in Arabia Saudita. Secondo Mike Cabana, che siede ai vertici della polizia canadese, Michael Zehaf-Bibeau intendeva recarsi in Arabia Saudita per poi andare a combattere in Siria, seguendo la rotta tipica di molti foreign fighters.

Susan ha spiegato che il figlio aveva seri problemi di droga e che spesso faceva discorsi strani sulla presenza del demonio. I suoi stessi familiari si erano più volte domandati se fosse “pazzo”. Particolarmente interessante è la testimonianza di un amico di Michael, Dave Bathurst, un musulmano conosciuto alla moschea, il quale riferisce che Michael era convinto di essere seguito dal demonio[13].

Michael era una persona infelice, “in guerra con il mondo”, che ha cercato nell’Islam un mezzo per dare un significato alla sua vita disperata. Quando parlava di religione, i suoi discorsi erano a senso unico. Michael parlava; Susan ascoltava. I rapporti con i genitori peggiorarono al punto che, cinque anni prima di commettere l’omicidio di Ottawa, decise di trasferirsi a Vancouver. La madre fu informata che il figlio, a causa dei suoi comportamenti devianti legati al consumo di droga, era stato espulso da una moschea della città di Burnaby, capoluogo della contea di Vancouver. La madre ha avuto parole severe verso l’imam che allontanò il figlio: “A che cosa dovrebbe servire la religione, se non ad aiutare le persone in difficoltà?”.

Può essere utile la lettura integrale della lettera di Susan:

“Mr. Douglas Quan,

Ti scrivo perché ho letto il tuo messaggio e credo in ciò che hai detto riguardo alla ricerca del contesto [in cui è maturato il gesto di mio figlio]. Sto cercando di fornirlo. Spero che tu non sia soltanto uno di quei giornalisti alla ricerca della notizia da prima pagina in vista dello scoop, i quali non sono interessati a ricostruire i fatti veri che non sono molto sensazionali. Mi auguro che tu abbia l’integrità che ho percepito dal tuo messaggio.

Sono stata braccata dai media sin da quando si sono verificati i fatti ed è per me più facile esprimermi con uno scritto dove posso provare a essere più accurata possibile, e dove posso rivedere il testo e assicurare a me stessa che sto esprimendo chiaramente ciò che sto cercando di dire. Questa sarà la mia ultima dichiarazione. Per cui non contattatemi oltre.

L’orrore di ciò che ha fatto mio figlio influisce sulle interpretazioni. È orribile. Dinanzi alla mia mente ho la famiglia di Mister Cirillo (il soldato assassinato, NdT). Non c’è niente che io possa fare per riparare il danno procurato da mio figlio. Non posso esprimere la tristezza che provo. Le loro famiglie sono spezzate, una moglie senza un marito, i figli senza un padre. Ciò è ingiusto. Non conosco la Signora Cirillo, posso fare qualcosa? Non so che cosa sia appropriato in queste circostanze. Che cosa sento, mi hanno chiesto la mia versione. Non è facile. Come persona e come madre, sono orrorizzata dalle azioni di mio figlio, sono nauseata da ciò che ha fatto. Non capirò mai che cosa spinga una persona a una tale assurda violenza. Come madre sono triste, ma non è questa l’emozione che mi guida, piangere mio figlio è nel mio profondo, non sono pronta per andare lì.

Sono infuriata con mio figlio per ciò che ha fatto, provo vergogna per ciò che ha fatto mio figlio, sì, come qualcuno mi ha scritto, devo essere stata una cattiva madre, non lo si può esprimere così profondamente come io lo sento in questo momento. Ci sarà sempre il senso di colpa. Le emozioni sono complicate, mai in una sola dimensione.

Che cosa dire di Michael, se provo a comprendere la sua azione, per me era una persona infelice in guerra con il mondo. Nei suoi ultimi giorni, aggiungerei che era mentalmente instabile. La religione e l’Islam erano il suo modo di provare a dare un senso al mondo, e non credo che vi sia riuscito. Non gli hanno portato la pace.

Mio figlio non voleva avere molto a che fare con me e con mio marito. Quando è partito per Vancouver cinque anni fa, non abbiamo avuto contatti con lui fino a quest’anno quando ha scritto una breve email per dire che stava bene e che scriveva soltanto perché la sua religione gli imponeva di essere buono con i suoi genitori, era un suo dovere morale.

Ho letto dell’incidente nella Mosche di Vancouver. Non sono sicura se le informazioni siano accurate o meno, ma, se lo hanno allontanato, sono rattristata che questo sia accaduto, la religione dovrebbe essere fatta per questo, per aiutare le persone che sono in difficoltà, fornendo supporto emotivo, e non mandare via le persone perché è brutto e complicato [aiutarle].

Come accennavo, mio figlio voleva avere poco a che fare con me, era turbato parlava della religione, e la religione non è un soggetto con cui mi possa relazionare facilmente. Per cui le nostre conversazioni era a senso unico, dove lui parlava e io ascoltavo.

Di che cosa abbiamo parlato in occasione del nostro ultimo pranzo? Parlava della religione, di come fosse buona. E di come io fossi sbagliata nel perseguire le cose materiali di questo mondo. Era andato a Ottawa per cercare di avere il suo passaporto. In definitiva, voleva andare in Arabia Saudita e studiare l’Islam, studiare il Corano. Pensava che sarebbe stato più felice in un Paese islamico dove avrebbero condiviso le sue credenze. Menzionò che aveva presentato la domanda più di un mese fa e pensava che la difficoltà nell’ottenerlo fosse da rciondursi al nome della referenza che aveva dato. Per cui era andato a Ottawa per cercare di convincerli di dargliene uno. Disse che Satana lo stava mettendo alla prova. Ciò non era una novità, parlava spesso del diavolo e dei suoi tentativi di attirare le persone verso di lui. Voglio correggere l’affermazione del RCMP (Royal Canada Mounted Police, NdT). Non ho mai detto che voleva andare in Siria, ho detto specificamente Arabia Saudita. Hanno registrato la mia conversazione su un nastro per cui ci possono essere pochi dubbi riguardo all’accuratezza di ciò che ho detto. Ho telefonato all’agente per chiarire l’errore, non so se lo abbiano corretto.

Se cerco di comprendere le motivazioni di mio figlio, penso che il suo passaporto sia stato rifiutato e ciò lo ha spinto ad agire. Si è sentito spinto in un angolo, incapace di stare nella vita in cui era, incapace di dirigersi verso quella in cui voleva andare. Era infuriato e si è sentito intrappolato, per cui l’unico modo per fuoriuscire era la morte. Credo che volesse la morte, ma non voleva ottenerla con le sue mani perché ciò sarebbe stato sbagliato secondo l’Islam. Forse voleva restituire un colpo al governo che lo aveva rifiutato, il fatto che abbia ucciso un soldato e che sia andato al Parlamento indicherebbe che erano simboli del governo. Riguardo alla motivazione, è stato sbagliato e deplorevole. Sto soltanto cercando di fornire il contesto, non di giustificare le sue azioni. Mio figlio era solito trascorrere molte ore a giocare a quei videogiochi di guerra. Nel guardare ciò che è successo, mi tornano in mente quei giochi soltanto che ora si tratta di vita reale, le persone erano reali e sono state colpite. Un uomo in giovane età ha perso la vita, l’enormità delle sue azioni non abbandoneranno mai la mia mente.

Molti diranno che mio figlio è un terrorista, io non credo che fosse parte di un’organizzazione o che abbia agito per conto di una grande ideologia o per un motivo politico. Ritengo che abbia agito in preda alla disperazione. Non sono sicura del significato dell’essere radicalizzati. Dubito che vedesse molta propaganda islamica, dubito che volesse andare a combattere in Siria. So che riteneva il governo Americano responsabile dell’uccisione di migliaia di civili iracheni, ha detto ciò. Credo che le sue azioni abbiano creato il terrore. Disse che una volta aveva conosciuto una delle persone citate dai media, una persona che credo sia andata in Siria a combattere, disse anche che quella persona avrebbe lasciato il Canada con il passaporto di qualcun altro. Lo aveva conosciuto nella moschea. Disse di avere chiesto all’Imam della moschea se conoscesse le attività di questa persona e l’Imam avrebbe detto di no. Mio figlio non era sulla lista delle persone supervisionate dal CSIS (Canadian Security Intelligence Service, NdT), ciò cosa che dà sostegno alla mia idea dell’atto disperato di una persona che non sta bene con la mente, una persona desiderosa di essere uccisa. Aggiungerò che non sono priva di pregiudizi in questo per cui forse sbaglio, non sto seguendo molto le notizie, per cui potrebbero esserci molte cose che non so. A mio giudizio, la malattia mentale è al centro di questa tragedia. A un certo punto della sua vita, mio figlio ha avuto seri problemi con le droghe, non so se li avesse superati, ma averne fatto un uso così abbondante potrebbe avere lasciato alcuni segni permanenti, conducendolo all’attuale stato mentale. I suoi discorsi erano spesso strani. Era pazzo? Non avrei mai potuto immaginare che avrebbe fatto qualcosa del genere, ma non stava nemmeno bene.

Ha rifiutato qualunque aiuto da parte mia, preferiva stare in un centro di accoglienza per senzatetto piuttosto che venire a casa. Rimarrò sempre con la domanda se avessi potuto dire qualcos’altro o insistere per dare più aiuto… Il senso di vuoto e il dolore sono travolgenti.

In conclusione, vorrei scusarmi con tutti, sono profondamente dispiaciuta e profondamente rattristata dagli eventi. La violenza non risolve mai niente, sebbene sembri essere sempre presente, troppo facile da usare.

Spero sinceramente che la Signora Cirillo e la sua famiglia ritrovino, al più presto, la pace, la gioia e la felicità. Il tempo rimedia”

[1] Ian Austen, “Hi-and-Run That Killed Canadian Soldier Is Called Terrorist Attack”, The New York Times, October 21, 2014.

[2] Veronica Kitchen & Karthika Sasikumar, “Canada (En)Counters Terrorism: U.S.-Canada Relations and Counter-terrorism Policy”,Terrorism and Political Violence, 1/2009, p. 161.

[3]  Eric Jardine & Simon Palamar, “From Medusa Past Kantolo: Testing the Effectiveness of Canada’s Enemy-Centric and Population-Centric Counterinsurgency Operational Strategies”, Studies in Conflict & Terrorism, 7/2013, p. 593.

[4] See ‘‘The Anti-Terrorism Act”, Department of Justice Canada, Updated September 4, 2009,http://www.justice.gc.ca/antiter/home-accueil-eng.asp

[5]Meagan Fitzpatrick, “Security Spending After 9**/**11Tops $92B”, CBCNews, September 7, 2011:http://www.cbc.ca/news/politics/security-spending-after-9-11-tops-92b-1.1043068

[6] Ian Austen, Sole Canadian Held at Guantanamo Bay Is Repatriated, New York Times, September 29, 2012.

[7] Donald G. McNeil Jr., “French Hold Suspected Terrorist Tied to bin Laden”, New York Times, June 28, 2000.

[8]  Sam Mullins, “‘Global Jihad’: The Canadian Experience,” Terrorism and Political Violence, 5/2013, p. 736.

[9] Ian Lovett, “Appeals Court Overturns Millennium Bomb-Plot Sentence; Calls it Too Light”, The New York Times, March 12, 2012.

[10] “Man Convicted in Millennium Bomb Plot Is Sentenced”, The Washington Post, July 28, 2005.

[11]  Bruce Hoffman, “Rethinking Terrorism and Counterterrorism Since 9/11”, Studies in Conflict & Terrorism, 5/2002, p. 306.

[12] Le citazioni di Ward Elcock e di Jim Judd sono tratte da Margaret Purdy, Canada’s Counterterrorism Policy, in How States Fight Terrorism. Policy Dynamics in the West, a cura di Doron Zimmermann e Andreas Wenger, Colorado: Lynne Rienner Publishers, 2007, p. 115.

[13] Saeed Ahmed and Greg Botelho, “Who Is Michael Bibeau?”, CNN, October 23, 2014.http://www.cnn.com/2014/10/22/world/canada-shooter/

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