Terrorismo, il ritorno dei foreign fighters radicalizzati all'origine dell'allarme dei servizi segreti
«Penso che l’Italia possa essere teatro di pianificazioni terroristiche complesse, sul modello di quelle francesi o belghe. Con operativi addestrati, in qualche modo inviati dal Daesh e supportati da remoto». Il direttore dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), Mario Parente, intervenendo ad convegno `Il terrorismo internazionale confessionale” ha fatto una valutazione precisa che nasce dall’analisi di quello che sta accadendo, con il rientro in Europa di migliaia di Foreing Fighters, mano a mano che il Califfato è sotto pressione in Iraq ed in Siria, con la liberazione di alcune città strategiche e ampie porzioni di territorio. Si tratta spesso di mercenari, che quindi , cambiano solo scenario operativo.
Con la sconfitta progressiva dello Stato islamico, ha detto Parente, «avremo il problema del ritorno delle migliaia di foreign fighters. Molti torneranno demoralizzati. Altri no, perché si sono arruolati, da quanto sappiamo, solo per motivi economici”, ha aggiunto. Altri ancora si sarebbero già allontanati da quelle zone per il timore di essere arrestati e giustiziati come disertori. I combattenti stranieri tenteranno di tornare nei propri Paesi. Alcuni potrebbero infiltrarsi nei Paesi limitrofi, stringendo alleanze con gli ex rivali qaedisti o raggiungere focolai più lontani, come lo Yemen. Ma avremo sicuramente il problema dei tanti che rientreranno in Europa, un problema che si affianca a quello dei lupi solitari già presenti nel nostro Paese».
“Sicuramente il rischio più sensibile è - ha detto il direttore dell’AISE - l’attivazione sul nostro territorio di piccole cellule, che potrebbero trovare nel rientro nel nostro Paese un momento di fusione tra la mera volontà di passare all’azione, e l’esperienza dei Foreign Fighters che rientrano. Insomma potremmo avere un Mohammed Game (il terrorista che nel 2009 tentò di farsi esplodere davanti a una caserma milanese, ndr) che però può avvalersi delle competenze di chi è stato sul terreno di guerra, imparando a combattere e a confezionare ordigni. È una minaccia liquida, diffusa, difficile da definire».
“Un mese fa due cellule operative enrate in Italia e tracciate”. Alcune settimane fa ad esempio sono state tracciate due cellule operative entrate in Italia, via mare, ma non sui barconi dei migranti, bensì su imbarcazioni più piccole ed efficienti sbarcate in Puglia.
Si aperta allora una caccia all’uomo importante che ha coinvolto servizi segreti stranieri. «Sono state molto intensificate - ha detto Parente - le misure di sicurezza per quanto riguarda il controllo sul flusso dei migranti . Sicuramente una attenzione particolare viene rivolta verso gli sbarchi occulti, che però riguardano in genere il basso Adriatico e lo Ionio, con imbarcazioni da diporto molto diverse dai gommoni usati per attraversare il Mediterraneo. Si tratta di imbarcazioni con meno passeggeri, in grado di affrontare il viaggio, con oneri molto più forti sui migranti».
“Allo stato, per quanto riguarda eventuali azioni ostili, invece, non c’è stata alcuna pianificazione passata attraverso i barconi”.
Allo stesso modo i potenziali jihadisti sono sempre meno frequentatori dei luoghi di culto, i luoghi da verificare maggiormente sono invece gli internet point, i rivenditori di kebab e naturalmente le carceri e i centri d’accoglienza per gli immigrati. L’Aisi negli ultimi mesi ha condotto uno studio sulle nostre periferie prendendo a riferimento i territori di appartenenza degli espulsi e ha riscontrato tra i soggetti coinvolti o collegati al terrorismo, su 200 persone solo il 21,2% risiede nei luoghi sensibili delle periferie cittadine. Risulta non verificata quindi l’equazione periferia degradata, maggior presenza di terroristi. Questo non conforta, anzi preoccupa perché la minaccia è liquida e sempre più capillare».
“Per l’Europa un Natale a rischio terrorismo”. Il rischio annunciato pubblicamente da Parente era stato segnalato il 23 novembre in un’intervista al Messaggero anche dall’ambasciatore israeliano a Roma, Ofer Sach, che ha commentato il fatto che i cittadini americani sono stati invitati dal Dipartimento di Stato americano a non andare in Europa a Natale: “La logica dice che Natale è un periodo sensibile. Le ultime parole del terrorismo non sono state ancora dette”. E ancora : “Alcuni Foreingn fighers europei sono sicuramente già rientrati in Europa” Scopo del Convegno di oggi , aperto con i saluti del Comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, e con un intervento del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, è stato l’approfondimento del quadro e delle possibili linee evolutive della minaccia fondamentalista e l’analisi degli strumenti di prevenzione e di contrasto di cui oggi si dispone.
I lavori della mattinata, moderati dal Presidente del Centro Sudi Internazionali Andrea Margelletti, sono stati aperti da Alessandro Pansa, direttore del DIS (Dipartimento per le informazioni per la sicurezza), e da Mario Parente e Alberto Manenti, rispettivamente direttori dell’AISI e dell’AISE, e diversi spunti di riflessione sono stati offerti dal Direttore de La Stampa, Maurizio Molinari, con il suo intervento sulla cronaca del terrorismo come opportunità di contro-narrativa jihadista. Ha concluso la prima serie di interventi il Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo Franco Roberti, che ha parlato della continuità tra vecchi e nuovi terrorismi alla luce dell’esperienza giudiziaria italiana.
Il Ros. Rapimento Zanotti non è anomalo. La mancata rivendicazione del sequestro in Siria dell’italiano Sergio Zanotti non costituisce una anomalia in quanto è già accaduto che in casi del genere non ci fosse una rivendicazione, ma i carabinieri, dopo aver ricevuto un indicazione dalla Farnesina, hanno riferito alla Procura di Roma ed è stato aperto un fascicolo con ipotesi di terrorismo. Lo ha detto il comandante dei carabinieri del ROS, Giuseppe Governale, a margine di una conferenza sul terrorismo di matrice confessionale. «Si tratta di un cittadino italiano, presumibilmente in grave difficoltà. Al momento non è però pervenuta alcuna rivendicazione». Alla domanda se tale mancata rivendicazione non rappresentasse una anomalia, Governale ha risposto: «non voglio parlare di anomalia, ma di un fatto che dobbiamo verificare». Il generale ha quindi spiegato che non si può parlare di anomalia «perché anche in altre circostanze non c’è stata una rivendicazione».
“Roma agisca o manderemo un altro video: senza testa”. Nella chat con un responsabile dell’agenzia russa NewsFront precedente alla pubblicazione del filmato, l’uomo che ha postato il video di Zanotti ha detto: «Mi chiamo Abu Jihad, sono il responsabile per gli ostaggi europei». Jihad nello scambio di messaggi che hanno preceduto la pubblicazione del filmato minaccia l’Italia: Roma «agisca o nei prossimi giorni manderò un altro video (dell’italiano, ndr), senza testa».«Come possono contattarvi le autorità italiane, quali sono le vostre richieste», chiede l’interlocutore russo. «Tu pubblica il video, il governo italiano troverà la strada fino a noi. Se farai bene ti darò altri prigionieri e altre informazioni», risponde `Abu Jihad´.
“Abbiamo altri osteggi europei”. «Abbiamo molti europei nelle nostre mani. Li rapiamo perché l’Europa, gli americani e i russi ci combattono e vogliamo mettere fine ai bombardamenti in Siria», afferma ancora `Abu Jihad´. Potrebbe esserci tra loro anche il padre gesuita Paolo Dall’Oglio , rapito nel luglio 2013.
Nello scambio di messaggi, di cui l’ANSA ha preso visione, si fa riferimento anche al «giornalista norvegese» Ole Johan Grimsgaard-Ofstad, messo «in vendita» dall’Isis e poi ucciso nel novembre del 2015. “Un anno fa abbiamo ucciso un giornalista norvegese, il suo governo ha giocato con noi e non ha accettato le nostre richieste». Ofstad, insieme all’ostaggio giapponese Fan Jinghui, venne messo «all’asta» dall’Isis con tanto di foto sulla rivista del gruppo, Dabiq. L’immagine era accompagnata dalla scritta «è stato abbandonato dal suo governo, che non ha fatto del proprio meglio per comprare la sua libertà». I due ostaggi vennero poi uccisi il 18 novembre del 2015. La «Norvegia non paga riscatti», era stata la risposta del governo di Oslo.
Fonte: HuffingtonPost