Opposizione siriana: nessun futuro con Assad al potere. Gabriele Iacovino ai microfoni di Radio Vaticana

Opposizione siriana: nessun futuro con Assad al potere. Gabriele Iacovino ai microfoni di Radio Vaticana

30.03.2017

“L’opposizione siriana ha ribadito per non ci sarà alcun futuro con il presidente Assad”. La dichiarazione giunge dopo che gli Usa, alle Nazioni Unite, hanno ribadito che la transizione di Bashar Assad non è più una loro priorità. Intanto sul terreno, nelle ultime 24 ore, si registrano 25 violazioni della tregua. Massimiliano Menichetti ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro Studi Internazionali:

R. – Sicuramente è un cambio importante di posizione rispetto agli ultimi anni, anche in riferimento alla posizione dell’amministrazione Obama che aveva puntato, insieme con le diplomazie occidentali e dell’Unione Europea, su un cambio di rotta del governo siriano. È una posizione che inevitabilmente risente anche della situazione sul campo, perché adesso è quella di un regime, quello di Assad, che nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha ripreso il controllo di parti importanti, se vogliamo decisive, del territorio siriano, e che di fatto in questo momento si presenta ai tavoli negoziali portati avanti dalle Nazioni Unite - per quanto questi ultimi abbiano pochi risultati – con una posizione di forza rispetto a tutte le opposizioni.

D. – Alcuni osservatori internazionali ribadiscono che questa decisione degli Stati Uniti potrebbe addirittura accelerare il processo di pace, però un processo di pace basato sulle armi e non su negoziati: come a dire che l’opposizione adesso subirà una maggiore pressione militare…

R. – È possibile, anche perché in questo modo Assad trova la sua posizione più rafforzata anche dal punto di vista diplomatico. In questo caso, rispetto a un’opposizione siriana frammentata e anche sconfitta dal punto di vista militare, le opzioni diventano sempre più deboli e sempre meno numerose. Quindi parlare ancora di un tavolo negoziale per quanto riguarda la Siria è qualcosa di ondivago.

D. – Questa decisione degli Stati Uniti cambia anche lo scenario delle alleanze, dove fino adesso Putin ha sempre giocato un ruolo centrale come sostenitore di Assad…

R. – Il cambio di posizione statunitense apre anche degli scenari all’interno dell’Alleanza atlantica, dove lo stesso presidente turco Erdogan non è che veda così di buon occhio Assad e soprattutto una permanenza di Assad tout court al potere in Siria. Quindi la Siria continua ad essere un gioco di pesi e contrappesi, non solo per quanto riguarda la stabilizzazione interna, ma anche per quanto riguarda gli equilibri di tutta l’area. Anche perché inevitabilmente, cambiando linea e prevedendo anche una possibile permanenza di Assad, l’amministrazione americana si avvicina alle posizioni iraniane per quanto riguarda la Siria. Non è infatti un segreto che Teheran propenda per un mantenimento dello status quo a Damasco, e quindi per un mantenimento di Assad al potere.

D. – In questo scenario, come leggere l’incremento delle truppe militari statunitensi, soprattutto per quanto riguarda l’offensiva di Raqqa contro lo Stato Islamico?

R. – È un’operazione esclusivamente nei confronti del Califfato – dello Stato Islamico – e dei territori da esso controllati. Il Pentagono americano sta portando avanti una strategia che vede il supporto, da una parte, alle truppe irachene per la ripresa di Mosul; e dall’altra, in Siria, un impegno diretto, anche perché ci sono scarsissimi alleati sul campo se non le truppe curde, per combattere lo Stato Islamico, quindi soprattutto nei confronti dell’avanzata di Raqqa. È una linea nuova anche da questo punto di vista quella americana, sviluppata soprattutto dal Pentagono, che cercherà nel corso dei prossimi mesi, soprattutto in vista dell’estate, di portare un ulteriore colpo al cuore dello Stato Islamico.

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