Immigrazione, nasce la Guardia costiera europea; “È finita la politica delle porte aperte”
Ma potrebbe essere solo un’operazione “cosmetica”
Pubblicato il 12 ottobre 2016 in Difesa e Sicurezza Nazionale/Internazionale/Relazioni Internazionali da Enrico Lupino
“Ending of wave-trough approach” che sta a significare fine della politica delle porte aperte. È quanto campeggia in un paragrafo del documento programmatico della Guardia Costiera di marca Ue, nata la scorsa settimana. Il 6 ottobre a Kapitan Andreevo, in Bulgaria al confine con la Turchia, è nata la Guardia Costiera Europea. Basata sulle strutture esistenti di Frontex, nelle intenzioni della Ue, l’organismo è stato istituito per rispondere alle sfide con cui deve confrontarsi l’Europa, in materia sia di gestione della migrazione che di sicurezza interna.
La creazione di questa struttura è stata approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo in nove mesi. A differenza di Frontex l’operazione prevede l’utilizzo di collaboratori fissi, risorsa spesso non disponibile nella precedente operazione in quanto il piano datato 2005 si avvaleva dell’apporto delle singole nazioni.
Saranno infatti 1500 gli agenti permanenti che daranno la loro competenza per salvare vite che fuggono dai teatri di guerra e povertà. Anche il budget, secondo quanto afferma Politico, prevede l’aggiunta di qualche zero. L’attivazione del progetto prenderà piede nei prossimi mesi: solo a gennaio la Guardia Costiera Ue avrà modo di effettuare le prime analisi di vulnerabilità dei confini europei.
Il commissario europeo per la migrazione, il greco Dimitris Avramopulos, ha salutato positivamente questo accordo. Per il commissario la creazione della Guardia Costiera Ue rappresenta “un giorno storico nella gestione delle frontiere. Da ora in poi la frontiera esterna di un Paese membro è la frontiera di tutti, legalmente e operativamente”.
Ma si tratta davvero dell’accordo che muoverà alla responsabilità comuni tanto richieste in primis dal nostro Paese? Andrea Margelletti, direttore del Centro Studi Internazionali, non la pensa esattamente come Avramopulos. “Non c’è una politica europea sulla migrazione, si tratta di operazioni essenzialmente cosmetiche”. “Il problema – aggiunge – non è la creazione di una struttura tecnica ma la posizione comune dell’Europa” in altre parole “non è innaffiandosi di profumo che ci si lava”. Manca un saper affrontare i problemi “in maniera comune”.
E l’esempio che Margelletti porta alla luce per spiegare le sue affermazioni è lampante. Per sottolineare l’impossibilità di una forza armata sovranazionale il direttore del Cesi riporta un dato parecchio indicativo. “L’utilizzo dei battle group europei – su cui il direttore del Cesi ha riferito in Parlamento recentemente – ad oggi è stato pari a zero”. Ecco sorgere i primi dubbi sull’effettiva utilità dell’operazione, visto anche il recente passato. L’esperienza accumulata dagli oltre dieci anni di Frontex, criticata per i risultati non eccezionali, vede ad oggi un numero di trafficanti di uomini aumentato notevolmente.
I dati dell’Europol sul fenomeno sono impietosi: soltanto i turchi condannati o imputati per traffico di esseri umani sono passati da 127 a 423 nell’ultimo anno. E il valore del giro d’affariderivante da questo mercato dell’orrore oscilla fra i 5 e i 6 miliardi di euro. Dato interessante se si pensa che la cifra stanziata dall’Ue perché la Turchia faccia da tappo è grossomodo la stessa.
E sul piano umanitario le cose potrebbero mettersi meglio? Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia ha i suoi dubbi. “Il fenomeno della migrazione resterà per sua natura incontrollato” ha detto Noury secondo il quale “più che fare fronte comune la Ue dovrebbe fare accoglienza comune”. Infatti le parole di Avramopulos cozzano con quello che i 28 dell’Unione dovrebbero fare sulla revisione del Trattato di Dublino sul diritto di asilo. Noury ha citato un dato in merito: “Oltre il 90% delle persone che sono oggetto del programma Ue si trovano nel paese di arrivo”. Tutto questo insomma “diventa un gioco dell’oca in cui si viene riportati alla casella di partenza”. E per lo smistamento dei richiedenti asilo si generano “imbuti come a Como e Ventimiglia”.
Il problema insomma sembra lontano dal risolversi in un gioco che vede l’orizzonte di una politica comune molto lontano. Le acque che attendono la Guardia Costiera Europea sono già tempestose.