Yemen, tra tentativi di distensione diplomatica e violenze sul campo
Il 12 febbraio, il Segretario di Stato USA, Anthony Blinken, ha dichiarato la revoca ufficiale della milizia zaydita-sciita Houthi dalla lista del “Foreign Terrorist Organization” (FTO) con effetto immediato dal 16 febbraio.
Ancora una volta, quindi, lo Yemen sembra costituire il tassello iniziale per ravvivare i contatti diplomatici tra Iran e Stati Uniti, usando la questione della cancellazione degli Houthi dal FTO come test e messaggio indiretto nei confronti di Teheran al fine di verificarne la disponibilità ad una qualche forma di dialogo ufficioso. Da parte sua, l’Iran ha risposto alla scelta distensiva americana intensificando i colloqui con gli Houthi, come dimostrato dall’incontro del 13 febbraio tra l’Ambasciatore iraniano in Yemen, Hassan Irlou, e il rappresentante diplomatico della milizia, Hisham Sharaf. Durante questo incontro, le parti hanno discusso della possibilità di una risoluzione politica per il conflitto in corso, inserendola nel contesto delle proposte di pace guidate dall’inviato ONU, Martin Griffiths.
Le ultime iniziative in Yemen, inoltre, hanno permesso all’Amministrazione Biden di mostrare un cambio di passo rispetto al recente passato, soprattutto in materia di tentata distensione regionale, dimostrando appunto come tale partita sia cruciale nel testare la buona volontà dei persiani nella prospettiva della riapertura di formali negoziati. D’altro canto, lo stesso Iran si è visto riconoscere, indirettamente, un ruolo importante nella questione yemenita agendo in supporto della milizia Houthi.
Al netto di queste aperture diplomatiche, si riscontrano invece sul campo ancora numerosi scontri. Sharaf ha infatti dichiarato in una conferenza stampa del 9 febbraio che non si fermeranno le violenze e gli attacchi contro le forze della coalizione saudita, fino a quando Riyadh non terminerà la sua offensiva nelle aree controllate dalla milizia lungo il Mar Rosso e il centro-nord del Paese. Una tendenza che trova riscontro anche in virtù degli scontri dei precedenti giorni: l’8 febbraio, ad esempio, è stata lanciata dagli Houthi una doppia offensiva sia per conquistare la citta di Marib, sotto il controllo delle forze governative appoggiate da Riyadh, sia attraverso l’uso di attacchi droni contro le infrastrutture strategiche poste lungo la frontiera yemenita-saudita (è il caso dell’attacco all’aeroporto di Abha, nel sud dell’Arabia Saudita, lo scorso 10 febbraio).
Questa condizione di escalation controllata potrebbe essere usata da parte iraniana come una misura di pressione da esercitare in un ipotetico contesto negoziale con tutte le parti, anche con i sauditi. In ogni caso, la prosecuzione degli scontri indica quanto il raggiungimento di un’intesa in Yemen non sia una situazione scontata, soprattutto alla luce dei possibili cambi di rotta in Iran dopo le elezioni presidenziali del prossimo 18 giugno.