Taiwan: quali scenari dopo le elezioni
Asia e Pacifico

Taiwan: quali scenari dopo le elezioni

Di Vanni Filoramo
16.01.2024

Lo scorso 13 gennaio, circa venti milioni di taiwanesi si sono recati alle urne per eleggere il nuovo Presidente e il Parlamento unicamerale del Paese (Yuan legislativo). Il candidato selezionato, eletto con il 40.1% dei voti, è stato Lai ching-te, detto William Lai, esponente di spicco del Partito Democratico Progressista (DPP) e già vicepresidente al fianco di Tsai Ing-wen. Il candidato nazionalista Hou Yu-ih, esponente del Kuomintang (KMT), partito considerato vicino a Pechino, si è attestato al posto secondo posto con il 33.5% delle preferenze. Al terzo posto, come predetto dai sondaggi, si è piazzato il candidato del Partito Popolare Taiwanese (TPP) Ko Wen-je, con il 26.5% dei voti. Complessivamente, l’affluenza si registra in lieve calo rispetto al 2020, con un turnout pari a circa il 70%.

Nel quadro dell’elezione dei 113 membri dello Yuan Legislativo, l’elemento maggiormente significativo riguarda la perdita della maggioranza da parte del DPP, sceso a 51 seggi rispetto ai 61 del 2020. Dal canto suo, il KMT ha ottenuto 52 seggi e rappresenta ora la maggioranza relativa allo Yuan. Questo dato, favorito dal sistema elettorale misto taiwanese, dimostra che il Partito nazionalista può ancora contare sul supporto di una notevole fetta della popolazione attenta al mantenimento dello status quo (indipendenza de facto , ma non de iure ) e al rilancio delle relazioni politiche ed economiche con la Cina attraverso lo stretto. Al TPP, in lieve crescita rispetto alle scorse elezioni, sono andati invece otto seggi (cinque nel 2020), utili a rendere il partito decisivo nel processo legislativo. In particolare, sarà essenziale per il nuovo Governo trovare un equilibrio sul budget per la Difesa, con il TPP a fare da ago della bilancia. Guardando alla distribuzione del voto, si può notare come lungo la costa occidentale dell’isola, dirimpetto alla Provincia cinese del Fujian, la preferenza sia andata nettamente verso il DPP, mentre il KMT si è imposto nelle aree interne e orientali, storici bastioni nazionalisti. Sempre il KMT è anche riuscito a ottenere risultati discreti nella capitale e nelle propaggini periferiche di Nuova Taipei.

Nel corso della campagna elettorale, il focus dei media nazionali e internazionali è stato sulle relazioni tra l’isola e Pechino. Tuttavia, non è mancato il dibattito su questioni interne che ha coinvolto soprattutto i settori più giovani della popolazione, apparsi meno interessati alle dinamiche geopolitiche. L’aumento della disoccupazione (in particolar modo quella giovanile), oltre all’aumento dei prezzi delle abitazioni, in crescita nonostante la complessiva stagnazione dei salari, hanno dunque influito sulle scelte dei settori più giovani della popolazione, che hanno preferito la proposta del TPP rispetto ai due partiti tradizionali. Proprio il TPP, infatti, ha presentato un programma elettorale meno imperniato sulla questione delle relazioni bilaterali con Pechino e maggiormente attento a tematiche interne di politica economica. Ko Wen-je, in particolare, ha affermato che il suo Partito proverà ad approfittare dei prossimi quattro anni per crescere ulteriormente e competere per la presidenza.

Il voto taiwanese è stato seguito con particolare attenzione anche dalla Cina continentale. Nei giorni precedenti alle elezioni, il Presidente cinese Xi Jinping ha ribadito come il tema della ri-unificazione resti sostanzialmente inevitabile. Il Presidente intende prendere l’isola, considerata una Provincia distaccata, entro la data del centenario della Repubblica Popolare, nel 2049, e, possibilmente, prima del termine del proprio mandato personale. Allo stesso modo, il Ministro degli Esteri Wang Yi, in occasione di un recente incontro con l’omologo egiziano Sameh Shoukry, ha invece tenuto a ricordare come l’esito delle elezioni non cambi assolutamente la posizione di Pechino, ossia il cosiddetto “One-China Principle”. Lo stesso Ministro ha anche invitato una volta di più gli attori internazionali a evitare interferenze negli affari interni della Nazione relativamente a Taiwan. Successivamente al voto, lo Stato insulare di Nauru, una delle sole 13 entità statuali a coltivare relazioni bilaterali con Taipei, ha annunciato l’interruzione dei rapporti diplomatici con la Repubblica di Cina (Taiwan) per garantire invece il proprio riconoscimento alla Cina Popolare. A Taipei la notizia è stata accolta come una mossa ispirata da Pechino, presumibilmente indispettita dal verdetto delle urne e preoccupata dal presunto indipendentismo del neoeletto William Lai. Le elezioni a Taiwan, tuttavia, restano un argomento di altissima risonanza anche in altre regioni del globo.

Alla luce di ciò, i possibili scenari attesi nei prossimi giorni sono essenzialmente due. Il primo riproporrebbe la consueta dimostrazione di forza che Pechino è solita mettere in atto in seguito alla percezione di provocazioni esterne, similmente a quanto accaduto nell’agosto del 2022 in seguito alla visita dell’allora portavoce della Camera Nancy Pelosi. Possibile, in un simile scenario, attendersi la mobilitazione del naviglio della Marina nelle acque dello stretto, con conseguenti reiterate violazioni dello spazio aereo taiwanese da parte dell’aviazione dell’Esercito di Liberazione Popolare (PLA). Il secondo scenario, vedrebbe Pechino dimostrare apparente disinteresse per il risultato elettorale nel tentativo di delegittimarne il valore. Intanto, nel corso del discorso della vittoria, il neopresidente taiwanese ha tenuto a smorzare i toni tranquillizzando sul futuro delle relazioni con la Cina, proprio al fine di evitare reazioni eccessive. Le parole di Lai lasciano intendere che la priorità per l’isola al momento sia quella di trovare un equilibrio fra deterrenza e promozione di un dialogo costruttivo, salvaguardando la propria sovranità.