OPEC+: le implicazioni del taglio alla produzione
L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati (OPEC+) si è riunita a Vienna lo scorso 4 giugno per discutere le sue prossime politiche riguardo la produzione di petrolio. In particolare, è stato deciso di mantenere i tagli sulla produzione fino alla fine del 2024, provocando un generale aumento del prezzo del petrolio. La linea intrapresa dall’OPEC+ viene in seguito alla contrazione della domanda e a un generale abbassamento dei prezzi del petrolio. Con questa strategia, i Paesi OPEC puntano quindi a rialzare i prezzi.
L’Organizzazione ha concordato di tagliare la produzione di 3,66 milioni di barili al giorno, cioè il 3,7% della domanda globale, facendo così salire il prezzo a barile. Se si considera che i Paesi dell’OPEC estraggono circa il 40% delle riserve mondiali di petrolio, si percepisce quanto le loro decisioni influiscano sulla produzione e sull’esportazione globale. Ad esempio, si stima che il prezzo del petrolio potrebbe aumentare fino a raggiungere la quota approssimativa di 84 dollari a barile per il 2024, rispetto ai circa 76 dollari del 2023. Nonostante l’aumento del prezzo a barile, la domanda globale di petrolio è in salita rispetto ai mesi precendenti e secondo le stime quest’anno raggiungerà i 2,35 milioni di barili al giorno, corrispondente ad un aumento percentuale del 2.4%.
Ad alcuni Stati, tra cui la Russia, è stato concesso di “addolcire” i tagli sulla produzione in modo da allinearli con le loro attuali prestazioni. Inoltre, il fatto che questi Paesi stiano vendendo a cifre di mercato poco superiori al costo di produzione contribuisce all’aumento delle esportazioni e consente ai Paesi importatori di non percepire l’innalzamento dei prezzi. Tra tutte, la domanda di Pechino è da record e si stima che manterrà questo trend per tutto il 2023. La Russia, dal canto suo, non sembra soffrire particolarmente l’abbattimento della produzione; infatti, a fine aprile si sono registrati gli export più alti dall’inizio dell’invasione. Circa l’80% delle sue esportazioni è diretto a Cina e India, partner che si sono rivelati fondamentali per la Russia date le sanzioni europee che hanno seguito la guerra in Ucraina. Mosca è infatti riuscita a differenziare i suoi acquirenti e, allo stesso tempo, Pechino ha potuto soddisfare la sua domanda di petrolio, sebbene la ripresa economica sia ancora parecchio rallentata dopo l’ultima ondata di Covid-19.
Gli Emirati Arabi Uniti, invece, aumenteranno la loro produzione, in linea con le strategie espansionistiche portate avanti da ADNOC, la principale azienda petrolifera nazionale. Un progetto, questo, piuttosto contraddittorio considerando il ruolo centrale che lo stato emiratino e il CEO di ADNOC ricopriranno il prossimo dicembre alla COP28. Al contrario, l’Arabia Saudita ha ristretto ancora di più le proprie politiche interne abbattendo ulteriormente la produzione di petrolio di 1 milione di barili al giorno entro luglio 2023. Questa scelta sembra non essere casuale e riflette la necessità dell’Arabia Saudita di aumentare le proprie entrate per poter portare avanti gli altri progetti di riforma e differenziazione economica.
In conclusione, quindi, la decisione dell’OPEC+ è in linea con l’andamento del mercato, ed esprime la necessità di rialzare il prezzo del petrolio rispetto ai mesi scorsi. Al netto di questa misura, alcuni Stati hanno ritenuto di adattare i loro livelli di produzione alle singole esigenze nazionali.