L’intesa tra Libia e Turchia sull’energia: nuove tensioni nel Mediterraneo
Il 3 ottobre, Libia e Turchia hanno firmato un memorandum d’intesa per l’esplorazione di idrocarburi nelle acque territoriali libiche e sul suolo libico. In base all’accordo, accompagnato da notevoli aspettative, tali esplorazioni saranno svolte da operazioni congiunte di compagnie turco-libiche.
In una prospettiva più ampia, l’intesa si colloca nel contesto del controverso accordo, firmato il 27 novembre 2019 dal Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e dall’ex Premier libico Fayez al-Sarraj, sulla delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive; una mossa con la quale Ankara cercava (anche) di contrastare l’attivismo unilaterale di Cipro nel Mediterraneo Orientale, che aveva già delimitato la propria zona economica esclusiva con diversi Paesi, tra cui Egitto nel 2003 ed Israele nel 2010. Così come allora, l’accordo ha rinvigorito la forte opposizione di taluni attori regionali, in primis Egitto e Grecia, che hanno da subito messo in discussione la legittimità del testo.
Seppur sia destinato a generare subbuglio politico soprattutto nei Paesi del bacino orientale del Mediterraneo, l’accordo è stato definito win-win per entrambi gli attori coinvolti. Senza dubbio, lo è per la Turchia. Il memorandum ha infatti una valenza più strategica che tattica per il Paese anatolico poiché sarà uno strumento che gli consentirà di affermare i suoi diritti su alcune (nonché piuttosto vaste) zone del Mediterraneo centro-orientale. Certamente l’accordo giunge in un momento, quello della guerra in Ucraina, che ha gravemente peggiorato l’instabilità del mercato energetico mondiale già vulnerabile a causa della pandemia da Covid-19 e delle sue conseguenze. Se da un lato il conflitto russo-ucraino ha evidenziato la dipendenza di alcuni Paesi della regione del Medio Oriente e Nord Africa da Mosca e Kiev soprattutto in riferimento all’approvvigionamento delle materie prime, dall’altro ha reso più urgente la necessità di valide alternative energetiche e dunque di nuove fonti di gas e petrolio. Di fatti, il memorandum potrebbe mitigare la carenza di gas nel medio-lungo periodo e, inoltre, potrebbe generare diversi introiti per i due Paesi.
Nonostante ciò, a preoccupare sarebbe la situazione politica interna alla Libia. L’intesa potrebbe infatti compromettere gli equilibri già precari di un Paese che sta vivendo una nuova fase del conflitto civile in corso da più di dieci anni e caratterizzato da un massiccio coinvolgimento di attori internazionali e regionali, Turchia compresa. Considerando illegale il memorandum, il governo di Tobruk presieduto dal Primo Ministro Fathi Bashagha, ha inviato un ulteriore e chiaro segnale di profonda frizione con il governo di Tripoli. Potenzialmente, il memorandum d’intesa potrebbe condurre ad una ripresa (violenta) degli scontri armati tra le due “Libie” e quindi complicare un futuro – ad oggi non molto probabile – processo di transizione “pacifica”. Nonostante la situazione sul campo sia estremamente dinamica e variabile, la securizzazione del suolo libico e delle acque che saranno interessate dalle esplorazioni è dunque necessaria e finalizzata ad evitare che si ripetano le interruzioni petrolifere della scorsa estate, causate dalle milizie vicine al Generale Khalifa Haftar.