Libia: una crisi in stallo apparente
Medio Oriente e Nord Africa

Libia: una crisi in stallo apparente

Di Sara Isabella Leykin
05.12.2023

A più di due mesi dal passaggio del ciclone Daniel che ha devastato la città di Derna , causando la morte di più di 12.000 persone e il dislocamento di quasi 40.000 all’interno del Paese, la situazione in Libia rimane stabile pur nella sua instabilità. Allontanati i riflettori dal disastro umanitario di Derna, l’attenzione – per così dire – degli attori nazionali e internazionali è stata ricalibrata sulla crisi domestica, che è entrata in una nuova fase di normalizzazione, lì dove i principali player coinvolti, continuano a confrontarsi per gestire le rispettive quote di potere nel Paese, senza che si riscontri un chiaro e forte sforzo della comunità internazionale per la risoluzione della questione libica. Ne è un esempio la tragedia di Derna: la ricostruzione della città cirenaica sembra abbandonata alla rissosità degli attori libici , con gli aiuti internazionali promessi ma non ancora giunti a destinazione. La questione libica rimane, quindi, una crisi irrisolta , di difficile soluzione almeno nel momento storico che viviamo e con pochi spunti di trasformazione nella condizione della situazione sul terreno.

Dal punto di vista securitario, la situazione continua ad essere altamente instabile. La persistenza dei combattimenti tra le varie milizie accadono sia nella zona sotto il controllo del Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli, sia in quelle gestite dalla Camera dei Rappresentanti di Tobruk-Bengasi (HoR) e da Khalifa Haftar. Inoltre, la mancanza di un unico apparato e la competizione tra le istituzioni governative hanno portato le fazioni libiche all’ ipossibilità di garantire la sicurezza all’interno dei loro territori . Infatti, questi problemi non permettono a nessun attore di avere un controllo sui confini porosissimi, attraversati senza problemi da traffici di varia natura da e verso il Sahel, che preoccupano anche per la possibile presenza di militanti appartenenti alle fazioni islamiste radicali, come quelle ancora resistenti dello Stato Islamico, oggi in grado di condurre attacchi – seppur sporadici – nel Sud-Est del Paese. L’incapacità di garantire la sicurezza e l’assenza di un uso legittimo della forza da parte delle autorità sono state tra le accuse principali mosse dalla popolazione libica.

Contestualmente, anche il piano politico rimane accidentato e non in grado di favorire reali sviluppi sul terreno. Dal 2020, si cerca di organizzare delle elezioni nazionali e democratiche, che, data la complessità e la pluralità di attori nello scenario libico, ancora oggi faticano a realizzarsi. Negli ultimi mesi del 2023, soprattutto dopo che il 7 ottobre la HoR ha approvato la legge elettorale, i più importanti esponenti libici si sono espressi sulla necessità di arrivare alle urne: ultimo tra questi il portavoce della Camera dei Rappresentanti, Aguila Saleh, il quale ha auspicato la necessità di promuovere una singola autorità in grado di supervisionare l’intero processo elettorale. Proprio questo elemento sembra lo scoglio più grande per le elezioni, dato che nessuna delle parti in gioco è disposta a fare concessioni sugli elementi criticiche persistono sul terreno. Rimane difficile, quindi, al momento che le elezioni si possano verificare, come sostenuto dallo stesso Inviato Speciale ONU in Libia, Abdoulaye Bathily, il quale ha chiesto ai rappresentanti libici un importante sforzo per tentare di risolvere le questioni politiche in sospeso.

Infine, il piano diplomatico vede la Libia rimanere un teatro della competizione tra potenze rivali. In particolar modo, dalla tragedia di Derna, gli Stati Uniti hanno ripreso l’iniziativa aumentando il loro pressing diplomatico sulle istituzioni della Cirenaica nel tentativo di allentare la presa russa, che negli ultimi mesi è aumentata progressivamente. Infatti, dalla fine di quest’estate, Haftar ha incontrato diverse volte funzionari russi – tra cui l’ultima volta domenica 3 dicembre a Bengasi quando ha ricevuto il Viceministro della Difesa Junus-bek Bamatgireevič Yevkurov. Non a caso, tali attività continuano a preoccupare molto Washington e gli alleati europei, i quali le percepiscono come una diretta minaccia alla NATO e alla sicurezza transregionale. Infatti, la Russia mira ad aumentare la propria presenza in Libia (quindi non solo a Brak e Jufrah), al fine di rafforzare le proprie capacità di intervento e influenza nelle questioni africane e mediterranee.

In Libia, quindi, difficilmente si assisterà ad un cambiamento sostanziale nei prossimi mesi. Sebbene i protagonisti della vita politica e militare del Paese si mostrino – nominalmente – pronti a mettere da parte le rispettive ambizioni, nella realtà dei fatti nessuno pare realmente disposto a riconsiderare ruolo e posizioni nella partita libica . In altre parole, dietro l’opacità di vecchi meccanismi di rivalità, il rischio è di trovarsi dinanzi a differenti fasi di instabilità che potrebbero inasprire antiche tensioni, aprendo il fronte a nuove dinamiche di violenza.

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