Le prospettive dell'autonomia energetica indiana
Geoeconomia

Le prospettive dell'autonomia energetica indiana

Di Davide Maiello
11.10.2024

Con un tasso di crescita del PIL pari al 7,8%, l’India è stata l’economia principale in più rapida crescita al mondo nel 2023, con un’ulteriore crescita annua del 7% prevista almeno fino al 2025. Dal momento che la domanda interna di energia sembra destinata a raddoppiare entro il 2050, Dehli ha iniziato a prepararsi già da qualche anno per un futuro energetico che mira a favorire un più facile accesso all’energia per la popolazione, garantendo al contempo forniture provenienti da un mix energetico diversificato. A tal proposito, il sistema energetico indiano potrebbe finire sotto pressione nel prossimo futuro, dal momento che si basa quasi esclusivamente su combustibili fossili importati, in particolare petrolio greggio e gas naturale a prezzo ridotto dalla Russia (gli sconti sono stati altamente variabili, dai 3 ai 35 dollari in meno per barile rispetto al prezzo del Brent). A seguito delle sanzioni occidentali verso Mosca che ne hanno ridotto le capacità di vendere sui mercati globali, l’India ha sfruttato l’opportunità di approvvigionamento a prezzi più bassi, riuscendo a risparmiare quasi 8 miliardi di dollari solo nel 2024. Nello specifico, sin dallo scoppio del conflitto in Ucraina due anni fa, Mosca e Dehli hanno intensificato enormemente gli scambi bilaterali nel settore delle forniture energetiche, con un aumento delle importazioni indiane di petrolio dalla Russia del 9% già nei primi mesi del 2023. Al contempo, ciò ha aggravato il problema indiano riguardo lo squilibrio commerciale a favore della parte russa, pari a circa 57 miliardi di dollari. L’obiettivo prefissato sarebbe, pertanto, quello di costruire una maggiore autonomia energetica, contrastando allo stesso tempo le eccessive emissioni, attraverso un efficientamento degli impianti e l’utilizzo di rinnovabili.

A tal proposito, già nel maggio 2020 il Governo Modi aveva lanciato il programma Atmanirbhar Bharat (letteralmente “India autosufficiente”) per promuovere l’autonomia economica del Paese. Nell’ambito di questo programma, il Governo ha quindi implementato politiche per incentivare l’uso del solare e dell’eolico, e l’adozione di tecnologie emergenti come l’idrogeno verde. I fondi richiesti per implementare la transizione sono però tali che il solo finanziamento del settore pubblico non dovrebbe essere sufficiente a raggiungere i traguardi imposti, soprattutto la produzione di oltre 500 GW di capacità energetica da fonti non fossili entro il 2030 e il raggiungimento delle zero emissioni nette entro il 2070. Modi ha pertanto iniziato a stimolare il finanziamento privato riducendo i rischi per gli acquirenti, potenziando l’integrazione delle energie rinnovabili nella rete e stimolando la domanda interna delle stesse. Il tutto grazie anche alla collaborazione con istituzioni internazionali quali la Banca Mondiale, la quale ha approvato, nel 2023, fondi pari a 1,5 miliardi di dollari per accelerare lo sviluppo dell’energia a basse emissioni di carbonio nel Paese.

Non è un caso che varie aziende indiane sfruttino il contesto per aumentare le proprie capacità di produzione di energia rinnovabile. Ad esempio, Hero Future Energies, sostenuto da investitori globali come KKR e la International Finance Corporation (IFC), ha dichiarato di voler investire oltre 20 miliardi di dollari nei prossimi 6 anni nella produzione sia di energia eolica che solare, nonché nella produzione di tecnologie di accumulo di batterie. Impegni simili sono arrivati anche da Reliance Industries, Adani Green Energy e Tata Power, attraverso annunci di investimenti per oltre 10 miliardi di dollari. Anche la REC Limited, una delle maggiori società di finanziamento in India e di proprietà del Ministero dell’Energia, lo scorso settembre ha dichiarato di aver firmato accordi per un valore di circa 1,12 trilioni di rupie (circa 13 miliardi di dollari) con sviluppatori di energie rinnovabili. Nonostante non abbia specificato con quali aziende siano stati siglati tali accordi, si tratta di un’ulteriore dimostrazione di come il settore in India sia particolarmente vivo e in espansione, in linea con le ambizioni di Dehli di accelerare la transizione. A tale scopo, l’India ha anche rafforzato i partenariati con gli attori del Golfo, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita su tutti, con il duplice scopo di consolidare il canale di approvvigionamento energetico alternativo alla Russia e garantirsi una linee di finanziamento utili a favorire la transizione verso le rinnovabili.

Un ulteriore fattore di spinta in questa direzione è rappresentato dalla posizione rischiosa di dipendenza dell’India dal combustibile russo. Sebbene al momento i prezzi offerti da Mosca siano estremamente vantaggiosi per Delhi, esiste il rischio di perdere questo status privilegiato a favore della Cina. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente rottura delle relazioni economiche e politiche tra Mosca e l’Europa, i legami tra Russia e Cina si sono infatti notevolmente rafforzati. Questo riavvicinamento potrebbe aver influenzato la visione strategica dell’India, che non avrebbe alcun interesse a entrare in competizione per le risorse energetiche russe. Una tale situazione, che destabilizzerebbe prezzi e forniture, potrebbe innescare conseguenze gravi che Delhi, al momento, non appare pronta a gestire adeguatamente.

Di contro, una totale inversione di tendenza a favore dell’energia rinnovabile, in particolare quella solare, solleva molti dubbi riguardo le forniture delle apparecchiature per la produzione di tale tipo di energia. Il maggior fornitore indiano per quanto concerne componenti elettronici e moduli solari è proprio la Cina, Paese con cui esistono attriti non trascurabili. In questi termini, Pechino domina il settore a livello globale, con ben 8 aziende nella top 10 dei principali produttori di pannelli fotovoltaici (FV) al mondo. Tale dominio è strettamente legato soprattutto alla produzione di silicio, semimetallo che ha assunto un ruolo essenziale data la sua applicazione nei microchip e negli impianti FV. La Repubblica Popolare si trova, inoltre, saldamente in testa anche nella classifica dei maggiori produttori di silicio, con una produzione annua stimata, al 2023, intorno alle 6 milioni di tonnellate. Un valore impressionante, soprattutto se paragonato a quello della Federazione russa che, con una produzione stimata attorno alle 620 mila tonnellate, occupa la seconda posizione in questa particolare classifica.

L’India si trova, pertanto, in una posizione complicata, stretta tra la competizione con la Cina per le risorse energetiche russe e la sua dipendenza da Pechino per le apparecchiature di energia rinnovabile. Le difficoltà di Dehli nel trovare alternative che non siano controllate da altri attori la pone in una situazione di forte vulnerabilità, dal momento che la espone a potenziali ricatti economici o interruzioni delle forniture in caso di escalation delle tensioni con la Cina.

Riconosciute tali criticità, è probabile che l’India decida di sviluppare le proprie risorse energetiche interne, sfruttando le riserve nazionali di gas naturale, ad esempio tramite il bacino di Krishna-Godavari, espandendo le proprie raffinerie per ridurre la dipendenza dai prodotti petroliferi lavorati all’estero, e promuovendo la produzione di energia nucleare attraverso la costruzione di nuove centrali. A tal proposito, il Presidente della Commissione per l’Energia Atomica (AEC) Ajit Kumar Mohanty ha annunciato l’intenzione di triplicarne la produzione in tempi definiti “brevi”, attraverso l’istallazione di dieci reattori ad acqua pesante pressurizzata. Inoltre, è lecito aspettarsi che il Governo Modi continui a puntare fortemente sul programma Production Linked Incentives, avviato nel 2020 per sovvenzionare la produzione nazionale di moduli solari, batterie e altre apparecchiature per l’energia rinnovabile. In quest’ottica, non va poi dimenticato come l’India sia uno dei membri fondatori dell’International Solar Alliance (ISA), un’iniziativa multilaterale volta a promuovere la cooperazione nel settore del solare e attraverso cui Dehli può accedere a tecnologie avanzate e forniture diversificate. Sfruttando, inoltre, partnership strategiche con Paesi avversi a Pechino, quali Stati Uniti e Giappone, l’India potrebbe quindi avere a disposizione diverse alternative alla dipendenza cinese, soprattutto per quanto riguarda il nucleare e lo stoccaggio di energia.

In conclusione, l’India si trova ad un punto critico nel suo percorso verso l’autonomia energetica. Di conseguenza, attraverso una strategia ben definita e grazie ad una visione di lungo termine, Dehli potrebbe essere in grado di ridurre la propria vulnerabilità alle fluttuazioni globali e alle tensioni (trans-)regionali. Pertanto, il Governo Modi sembrerebbe aver delineato la rotta per i prossimi anni, in linea con l’ambizioso obiettivo di garantire una maggiore sicurezza energetica e, allo stesso tempo, di giocare un ruolo da protagonista nella transizione globale verso una politica di maggiore indipendenza energetica che garantisca anche un alto grade di sostenibilità ambientale ed economica.

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