L'atteggiamento israeliano nei confronti della crisi siriana
Nelle scorse ore è apparso sempre più chiaro che le prove sull’utilizzo delle armi chimiche da parte del regime di Assad sono state fornite agli Stati Uniti dall’intelligence israeliana. Si tratterebbe di alcune registrazioni audio in cui si possono ascoltare ufficiali siriani che danno l’ordine di sparare gli agenti chimici su determinati quartieri della capitale Damasco. A raccogliere tali intercettazioni sarebbe stato il servizio di intelligence militare di Tel Aviv.
Qualora verificata, la notizia andrebbe ulteriormente a sottolineare come, in questi ultimi mesi, si sia modificato l’atteggiamento israeliano nei confronti della crisi siriana. Il governo di Tel Aviv, fin dallo scoppio della guerra, aveva assunto delle posizioni di attesa senza mai fare esternazioni che andassero ad attaccare apertamente Assad o che definissero il regime siriano come finito. Questa posizione è stata dettata dal fatto che per la sicurezza israeliana un nemico “conosciuto” come il Presidente Assad era, comunque, da preferire ad una Siria post regime dove quella stessa componente jihadista profondamente presente tra le fila delle milizie ribelli potesse prendere il sopravvento nel momento della transizione.