La visita ufficiale di Yair Lapid negli Emirati Arabi Uniti conferma una prima svolta nello schema degli Accordi di Abramo
Medio Oriente e Nord Africa

La visita ufficiale di Yair Lapid negli Emirati Arabi Uniti conferma una prima svolta nello schema degli Accordi di Abramo

Di Angela Ziccardi
29.06.2021

Martedì 29 giugno il nuovo Ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid si è recato in visita ufficiale negli Emirati Arabi Uniti, diventando il primo rappresentante della storia di Israele a visitare ufficialmente il Paese arabo del Golfo. La visita durata due giorni, nei quali Lapid ha assistito all’inaugurazione formale dell’Ambasciata israeliana ad Abu Dhabi e del Consolato israeliano a Dubai ed è stato ricevuto dall’omologo emiratino, Abdullah bin Zayed al-Nahyan. Oltre all’apertura delle rappresentanze diplomatiche, i due Ministri hanno discusso di importanti questioni bilaterali, tra cui la cooperazione economica, il commercio e la sicurezza. Tutti elementi che permettono di confermare come tale visita vada a rafforzare il processo di normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi e indirettamente l’impianto, un anno dopo la loro formulazione, degli Accordi di Abramo (settembre 2020).

In realtà, il recente cambio di governo israeliano poteva far sorgere alcuni dubbi sulla sopravvivenza dell’intesa firmata con gli EAU (e il Bahrain), in quanto percepita come un successo personale di Benjamin Netanyahu e Donald Trump e dunque incapaci di rimanere in piedi senza la loro leadership. Tuttavia, pur essendo indubbio il ruolo di Netanyahu nella normalizzazione dei rapporti tra Israele e Paesi del Golfo – come sottolineato dallo stesso Lapid ad Abu Dhabi, che lo ha ringraziato per aver lavorato instancabilmente per assicurare la normalizzazione – va ricordato che un processo di distensione dei rapporti era in cantiere già dai primi anni Duemila, in quanto sviluppatosi attraverso un’intensa iniziativa diplomatica condotta per molti anni dietro le quinte. Soprattutto, il carattere autocelebrativo che l’ex Primo Ministro aveva conferito agli accordi – osannati ripetutamente come una conquista personale e utilizzati strategicamente in campagna elettorale per trarne il massimo vantaggio possibile alle urne – non è stato visto di buon occhio dagli emiratini, che hanno pubblicamente criticato tali sforzi di utilizzare la normalizzazione per il proprio tornaconto politico. La personalizzazione del potere da parte di Netanyahu spiega inoltre perché ad oggi nessun esponente del governo di Tel Aviv si fosse recato in visita ufficiale nel Paese del Golfo, lui compreso. Difatti, oltre ai limiti imposti dalle restrizioni dettate dalla pandemia da Covid-19, le visite ufficiali dell’ex Ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi e dell’ex Ministro della Difesa Benny Gantz sono state osteggiate dallo stesso Netanyahu, per paura che questi gli rubassero la scena in vista delle elezioni di marzo 2020. A ciò si aggiunga infine il viaggio programmato dall’ex Premier negli EAU pochi giorni prima del voto del 22 marzo (quarta tornata elettorale in Israele in meno di 24 mesi) e poi cancellato a causa della doppia crisi instaurata con la Giordania – che non gli concesse lo spazio aereo per giungere nel Paese del Golfo – e con Abu Dhabi, che non aveva gradito la strumentalizzazione dell’intesa per fini elettorali. Tutte queste criticità sembrerebbero ora venir meno con il nuovo governo a guida Bennett-Lapid. Entrambi sono concordi nel cercare un rafforzamento delle relazioni con gli EAU per via istituzionale, mettendo da parte interessi politici personali e di partito. Esemplificativa di tale intenzione è proprio la presenza di Lapid all’inaugurazione delle rappresentanze diplomatiche israeliane ad Abu Dhabi e Dubai, le quali già operavano da quattro mesi e mezzo e che di conseguenza costituisce un mero atto simbolico, ma esplicativo del percorso che il nuovo governo israeliano intende intraprendere con il Paese del Golfo.

Al contempo, un rafforzamento delle vie diplomatiche tra i due Paesi potrebbe contribuire positivamente al proseguimento della cooperazione bilaterale in chiave economica, altro dossier che dovrebbe venir discusso durante la visita di Lapid. Dall’inizio del processo di normalizzazione dello scorso settembre, i due Paesi hanno portato avanti ambiziosi progetti di partenariato economico, tra cui sicuramente spicca l’accordo preliminare da circa 1,1 miliardi di dollari tra la compagnia energetica emiratina Mubadala Petroleum e l’israeliana Delek Drilling per una partecipazione non operata del 22% nel giacimento israeliano offshore Tamar nel Mediterraneo Orientale. Inoltre, pochi giorni dopo l’annuncio del cessate il fuoco a Gaza, i due Paesi sono arrivati alla firma di un trattato fiscale teso a facilitare gli investimenti nelle rispettive economie ed eliminare la doppia tassazione. Tuttavia, gran parte dei legami economici auspicati dopo la firma degli Accordi di Abramo deve ancora materializzarsi su diversi settori strategici (hi-tech, intelligenza artificiale, cyber security, commercio, infrastrutture ed energia), soprattutto per quanto riguarda la volontà degli EAU di collaborare con le imprese israeliane nella realizzazione di progetti comuni in settori di interesse condiviso, sulla falsa riga del Memorandum di intesa firmato a marzo dall’Israel Aerospace Industries con l’azienda statale di difesa emiratina Edge per co-produrre sistemi anti-drone. La visita di Lapid di questi giorni e la ricerca di maggior dialogo istituzionale con il partner emiratino potrebbe dare l’impulso definitivo alla messa in opera di questo tipo di progetti, ampliando il range di legami economici già intessuti tra i due Paesi e che avrebbero portato il loro commercio bilaterale a superare i 354 milioni di dollari.

Di conseguenza, l’arrivo di Yair Lapid negli EAU non solo dimostra come la stabilità degli Accordi di Abramo sia fuori discussione, ma piuttosto conferma la volontà dei due Paesi di avanzare nel rafforzamento delle proprie relazioni. L’intento del nuovo governo di Tel Aviv di approcciarsi al partner emiratino attraverso canali istituzionali, contrariamente alla politica personalistica di Netanyahu, lascia spazio a nuove forme di cooperazione più solida, soprattutto in chiave economica. Tutti aspetti che lasciano ipotizzare passi in avanti nel processo di distensione dei rapporti tra i due Paesi, con considerevoli risonanze nella stabilizzazione dell’intero quadro regionale e dei Paesi del Golfo.

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