La Minaccia dei Missili Balistici Antinave nel presente delle Operazioni Militari Marittime
Difesa e Sicurezza

La Minaccia dei Missili Balistici Antinave nel presente delle Operazioni Militari Marittime

Di Emmanuele Panero
13.02.2024

Il 27 Novembre 2023, il gruppo armato yemenita Houthi ha condotto un attacco verso un’area dello Stretto di Bab el-Mandeb in cui stazionavano tre navi, il cacciatorpediniere statunitense classe Arleigh Burke USS Mason, la nave cisterna battente bandiera liberiana M/V Central Park ed il cacciatorpediniere giapponese classe Murasame JS Akebono. Nonostante nessuna delle tre imbarcazioni sia stata colpita o danneggiata in alcun modo, l’azione ha segnato di per sé un momento storico nell’ambito della guerra navale, con il primo impiego in un contesto operativo reale di missili balistici antinave (ASBM – Anti-Ship Ballistic Missile). L’episodio è stato seguito nei due mesi successivi da quasi 40 attacchi con il medesimo munizionamento, ed al di là del basso rateo di successo nell’attingere i bersagli, ha dimostrato la minaccia che questi vettori rappresentano per imbarcazioni civili e militari, in particolare se si immagina un loro impiego integrato in sistemi di comando e controllo (C2 – Command and Control), nonché di intelligence, sorveglianza, ricognizione ed acquisizione obiettivi (ISTAR - Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance) decisamente superiori a quelli rudimentali implementati dai miliziani yemeniti.

Gli ASBM non rappresentano di per sé una tecnologia nuova, ma nel corso del tempo la loro efficacia è stata dibattuta sulla base della profonda differenza esistente tra i requisiti inerenti al colpire un obiettivo statico di grandi dimensioni, come nelle tipologie di impiego previste per i missili balistici (BM – Ballistic Missile) per attacco terrestre e quelli concernenti l’attingere un bersaglio puntiforme, potenzialmente in grado di muoversi a velocità considerevoli, come nel caso di un’imbarcazione in navigazione. Dopo decenni di ricerca e sviluppo nel settore, prima da parte dell’Unione Sovietica e poi della Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese è il Paese che ha investito le risorse più significative nella sperimentazione ed acquisizione di ASBM, inquadrandoli come un elemento centrale nel proprio approccio alla negazione all’accesso d’area (A2/AD – Anti Access/Area Denial), con l’intento di ribilanciare a proprio vantaggio i pronostici di uno scontro navale nel Mar Cinese Meridionale contro un avversario con una flotta superiore in termini non solo numerici, ma anche capacitivi. India ed Iran hanno successivamente promosso anch’essi il dispiegamento di ASBM di produzione nazionale, completando un ristretto gruppo di Stati dotati di questi assetti.

Tecnicamente, gli ASBM forniscono un potenziale offensivo antinave complementare a quello degli altri vettori progettati per colpire imbarcazioni in superficie (AShM - Anti-Ship Missile), caratterizzandosi per una profonda differenza in termini di traiettoria, manovrabilità, velocità, portata e carico pagante (payload). In linea generale, gli AShM, inclusi quelli da crociera (ASCM - Anti-Ship Cruise Missile), tendono ad approcciare il bersaglio mantenendo quote di volo prossime alla superficie dell’acqua (sea skimmer), con la finalità di confondere la propria traccia radar con le interferenze causate da questa, seguendo un percorso di avvicinamento dinamico e viaggiando a velocità nella maggior parte dei casi intorno a Mach 1. Gli ASBM seguono invece traiettorie ad U rovesciata, raggiungendo altitudini significative, ed in alcuni casi addirittura extraatmosferiche, prima di discendere verso il bersaglio a velocità superiori a Mach 5. Il raggio d’azione, così come la testata esplosiva trasportata, sono entrambi in linea di massima superiori per gli ASBM rispetto agli AShM, mentre le differenti caratteristiche summenzionate implicano un’elevata complessità nell’integrazione di sistemi di guida terminali per i primi, mentre i secondi includono diffusamente apparati infrarossi, radar ed inerziali.

L’impiego degli ASBM comporta a livello tecnico-tattico l’individuazione di un’area bersaglio, non diversamente da quanto avviene per tutte le versioni di BM, per l’inserimento dei dati attinenti alla traiettoria di volo. Completato il lancio e raggiunto l’apice dell’arco balistico, il vettore inizia la fase di rientro, che comporta criticità significative per colpire un bersaglio in movimento, soprattutto se si considera che il rilevamento del decollo di un qualsiasi tipo di BM è facilitato dalla diffusa sensoristica radar ed infrarossa schierata per contrastare minacce non-convenzionali. Proprio lo sviluppo di sistemi elettro-ottici sempre più accurati, in grado di attivarsi nella fase discendente per manovrare la parte terminale del vettore su un obiettivo puntiforme in movimento nell’area di caduta, è alla base delle crescenti potenzialità offerte dagli ASBM, in particolare osservando come i basilari sistemi di guida montati sui missili impiegati dagli Houthi hanno comunque garantito di intercettare alcune imbarcazioni civili in transito nel Mar Rosso, costringendo in altre occasioni le navi militari ad abbatterli nel timore che gli stessi raggiungessero i propri obiettivi.

Nel dettaglio, gli attacchi provenienti dallo Yemen appaiono aver impiegato un arsenale di sei diverse tipologie di ASBM, con origine e caratteristiche differenti. L’Asef, una versione antinave del missile balistico a corto raggio (SRBM - Short-Range Ballistic Missile) iraniano Fateh-313, ed il Tankil, una variante di un altro SRBM di Teheran con un raggio di 500 chilometri, lo Zohayr, rappresentano i due vettori più pesanti, con una testata da 300 chilogrammi. Il Faleq, il Mayun ed il Bahr al-Ahmar sono invece ASBM di dimensioni più ridotte, senza una chiara derivazione progettuale e con un raggio d’azione massimo stimato in 140 chilometri. Infine, gli Houthi hanno riadattato missili contraerei sovietici S-75 come vettori antinave, dotandoli di sistemi di guida di produzione iraniana. In termini comparativi, le Forze Missilistiche dell’Esercito Popolare di Liberazione Cinese (PLARF - People’s Liberation Army Rocket Force) dispongono di ASBM, quali il Dong Feng-21 (DF-21), in grado di dispiegare una testata convenzionale da 600 chilogrammi, fino a 1.500 chilometri di distanza, viaggiando nella fase discendente ad una velocità prossima a Mach 10. Il vettore più avanzato attualmente a disposizione del PLARF è tuttavia il Dong Feng-26 (DF-26), con una portata di quasi 4.000 chilometri e la capacità di integrare un carico esplosivo nucleare o convenzionale superiore ad una tonnellata. La Repubblica Popolare Cinese, così come la Federazione Russa, ha inoltre avviato programmi di sviluppo e sperimentazione per ASBM aviolanciati, un’ulteriore evoluzione che priverebbe i sistemi di difesa di qualsiasi possibile preavviso e consentirebbe ai missili in oggetto di coprire distanze significativamente superiori.

La rilevante portata degli ASBM, combinata con la ripidità dell’angolo di discesa sul bersaglio e con l’elevatissima velocità di avvicinamento, rendono pertanto questi assetti una minaccia considerevole nel contesto delle operazioni militari marittime, comportando adeguamenti capacitivi soprattutto in termini di difese aeree antibalistiche. In quest’ottica, l’elevato numero di intercetti realizzati dai cacciatorpediniere classe Arleigh Burke statunitensi sembrerebbero confermare l’efficacia combinata dell’Aegis Combat System con missili antibalistici (ABM – Anti-Ballistic Missile) ad elevata velocità ed in grado di raggiungere quote significative, quali i RIM-161 Standard Missile 3 (SM-3), i RIM-174 Standard Missile 6 (SM-6) ed i RIM-66 Standard Missile 2 Extended Range (SM-2ER) Block IV. Le lessons learned provenienti dal Mar Rosso potrebbero tuttavia essere influenzate sia dalla geografia del teatro, caratterizzato da distanze ridotte a poche decine di chilometri, sia dalla minore velocità di punta dei vettori impiegati dagli Houthi, ma anche dal limitato volume di fuoco dispiegato dal gruppo. In uno scenario ipotetico coinvolgente un peer competitor, infatti, salve di numerosi ASBM verrebbero plausibilmente lanciate da direzioni diverse e con cicli di targeting significativamente accelerati, con l’intento di sorprendere, saturare e sopraffare le difese della nave obiettivo. Il ricorso ad una pluralità di vettori sarebbe poi finalizzato non solo ad incrementare la probabilità di garantire ad almeno un colpo di andare a segno, ma soprattutto di attingere l’imbarcazione con un numero sufficiente di missili tali da danneggiarla funzionalmente e renderla inservibile alla manovra del resto della flotta.

La minaccia soverchiante delineata da un simile scenario sottolinea una pluralità di nuovi requisiti per le navi militari destinate ad operare in acque contestate. In primis, l’aggiornamento dei sistemi integrati di combattimento, con la triplice finalità di incrementare il raggio d’azione degli apparati di rilevamento, consentire la gestione contemporanea di diverse tipologie di bersaglio (velivoli senza pilota a bassa velocità, missili balistici e da crociera, assetti ad ala fissa e rotante) e rafforzare la capacità, sia sulla piattaforma stessa che attraverso la sinergia con altri sistemi multi-dominio, di tracciare vettori balistici. Nel caso della US Navy, questi obiettivi sono attivamente perseguiti nella nuova generazione di cacciatorpediniere classe Arleigh Burke Flight III. Secondariamente, lo sviluppo, l’acquisizione e l’imbarco di volumi sufficienti di ABM appaiono centrali per incrementare la sopravvivenza di una flotta, distribuendo capacità antibalistiche su più navi e fornendo una massa sufficiente di intercettori da opporre ad eventuali attacchi saturanti. In ultimo, la natura crescentemente composita della minaccia aerea, impone un diffuso rafforzamento delle capacità antiaeree ed antimissile, attraverso una combinazione di scalabilità dei sistemi di difesa, anche con apparati ad energia diretta, e di incremento nel numero di celle di lancio, ovvero di missili per cella. Queste due valutazioni sono ragionevolmente alla base dei programmi di armamento della Royal Navy, implicanti sia un aggiornamento del Sea Viper Air Defense System, sia l’aggiunta di 24 celle per l’apparato Common Anti-Air Modular Missile (CAMM) Sea Ceptor a bordo dei cacciatorpediniere Type 45.

Se l’impiego di ASBM da parte degli Houthi non ha generato nell’immediato effetti cinetici rilevanti, al contrario di quelli geoeconomici, lo stesso delinea la crescente attualità della minaccia posta da questi vettori. Adeguamenti capacitivi appaiono dunque opportuni per quelle flotte che intendano sopravvivere, combattere e vincere nel presente delle operazioni militari marittime.