La crisi ucraina e il Medio Oriente: un difficile bilanciamento
Medio Oriente e Nord Africa

La crisi ucraina e il Medio Oriente: un difficile bilanciamento

Di Elia Preto Martini
07.03.2022

Mercoledì 2 marzo 2022, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato una Risoluzione di condanna contro l’invasione russa dell’Ucraina. La Risoluzione è stata approvata da più di novanta Paesi e ha ricevuto il voto favorevole da parte di una solida maggioranza formata da 141 Stati. Al di là delle specificità dei singoli voti, questo fatto è utile per riflettere sul posizionamento dell’area MENA nei confronti della crisi ucraina. La reazione di alcuni Paesi è infatti apparsa molto più sfumata rispetto a quanto avvenuto nel contesto politico euro-occidentale, che si è dimostrato sin da subito compatto nella condanna delle attività militari russe in territorio ucraino.

Seppur con tutte le differenze del caso, i Paesi mediorientali hanno tendenzialmente mantenuto un atteggiamento più cauto nei confronti di Mosca. Tale approccio trova fondamento nel mutato contesto politico, economico e militare della regione, caratterizzato, da un lato, da un graduale disengagement statunitense percepito dagli storici alleati di Washington con preoccupazioni sempre maggiori e, dall’altro lato, dall’emergere di alcune nuove potenze (Cina, Russia ed India) in grado di promettere, o garantire, la tutela dei cosiddetti common goods (come la sicurezza militare, alimentare ed energetica) che sono cruciali per la stabilità dell’area.

Quasi ogni Paese dell’area MENA condivide con Mosca almeno un interesse strategico che impone una certa cautela nel condannare l’invasione dell’Ucraina. Israele, per esempio, ha intensificato la propria cooperazione militare con la Russia in Siria, teatro nel quale è stato concesso alla Israeli Defense Forces (IDF) di colpire, più o meno liberamente, obiettivi iraniani o le sue milizie proxy. Non è un caso, infatti, che in questi giorni di forcing militare in Ucraina il Premier Naftali Bennett sia volato a Mosca per incontrare Vladimir Putin nel tentativo di trovare le giuste condizioni per imbastire una mediazione tra i belligeranti. Un discorso simile può essere esteso all’Arabia Saudita e alla sua partnership con Mosca all’interno dell’alleanza OPEC+ per regolare la quantità di petrolio immessa nel mercato e, conseguentemente, il suo prezzo. Infine, in anni recenti l’Iran ha fatto affidamento sulla Russia per costituire un asse anti-americano nella regione. Questi tre casi rappresentano in maniera emblematica la varietà e la complessità di interessi – militari, economici, politici, energetici, ecc – esercitati dalla Russia in Medio Oriente.

Questa nuova situazione strategica è stata riassunta in maniera molto efficace da uno dei più rinomati scienziati politici del mondo arabo, ovvero Abdulkhaleq Abdulla, il quale ha recentemente dichiarato che “The UAE [shouldn’t] be projected as a puppet of the United States anymore”. Al di là della forma molto provocatoria, il messaggio sottostante a queste parole è che i principali attori del Medio Oriente vogliono oggi perseguire una propria politica estera che risponda primariamente alle esigenze del loro interesse nazionale, il quale, a seconda dei vari contesti, può essere più allineato agli obiettivi statunitensi o anche di altri attori internazionali (tipo russi, cinesi o indiani).

Sotto questa prospettiva, la crisi ucraina, più che impattare direttamente sulla regione portando alla nascita di nuove fratture, ha rivelato alcune dinamiche latenti che continueranno a caratterizzare lo scenario regionale nel prossimo futuro a meno che non si verifichino particolari scosse esogene – un fatto da non escludere tout court considerando le pesantissime sanzioni inflitte all’economia russa da parte della comunità internazionale. In questa situazione, anche gli Stati Uniti, dovranno essere cauti nel riconsiderare le proprie priorità tra la cosiddetta strategia Pivot to Asia (o per meglio dire di rebalancing verso l’Indo-Pacifico) e l’interesse a mantenere un certo controllo strategico – anche indiretto – sulla regione mediorientale, anche in una possibile ottica di un cambio di gioco da parte degli attori mediorientali verso una dimensione transregionale che guarda sempre più a Est.

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