Geopolitical Weekly n.311

Geopolitical Weekly n.311

Di Andrea Posa, Antonio Scaramella e Luca Tarantino
29.11.2018

Nigeria

Il 25 novembre, il villaggio di Kangarwa, nello Stato nord-orientale del Borno, è stato assalito da miliziani dello Stato Islamico in Africa Occidentale (SIAO), meglio conosciuto come Boko Haram (“L’Educazione Occidentale è peccato”). I membri dell’organizzazione jihadista hanno preso il controllo del luogo e vi hanno organizzato una parata commemorativa delle recenti vittorie contro le Forze Armate di Abuja.

Infatti tra il 18 e il 22 novembre, le milizie di Boko Haram hanno effettuato diversi attacchi contro l’Esercito nigeriano. Il più grave di questi è avvenuto proprio il 18 novembre contro la base di Metele ed ha causato la morte di oltre 100 soldati del “157 Task Force Battalion” e la razzia di numerosi veicoli, armi e munizioni. Si tratta del più grave attentato subito dalle Forze Armate nigeriane dal 2009, anno di inizio della campagna terroristica di Boko Haram.

L’evento ha suscitato feroci critiche nei confronti del governo di Abuja, provenienti sia dal People’s Democratic Party (PDP), formazione d’opposizione guidata dal candidato presidente Atiku Abubakar, sia da buona parte della società civile. In primis, ad essere sotto accusa sono il Presidente Muhammadu Buhari (All Progressive Congress, APC) ed il Governo per il ritardo di 6 giorni con cui hanno commentato l’accaduto e per l’assenza di una adeguata strategia di contrasto alle attività di Boko Haram.

Il diffondersi delle violenze nella parte nord-orientale del Paese, in particolare in tutta la Regione del Lago Chad, è anche il risultato di prove di forza e sfide interne ai ranghi del jihadismo africano. Lo SIAO / Boko Haram, infatti, è percorso dalla faida tra la fazione di Abu Musab al-Barnawi, figlio del fondatore Mohammed Yussuf e favorevole all’alleanza con Daesh, e Abubakar Shekau, sostenitore dell’alleanza con al-Qaeda.

Pakistan

Venerdì 23 novembre tre uomini appartenenti al Balochistan Liberation Army (BLA) hanno attaccato il consolato cinese di Karachi, uccidendo due uomini del servizio di sicurezza pachistano ma non riuscendo a colpire nessuno dei dipendenti del consolato. L’attacco, fermamente condannato sia dal governo di Islamabad che da quello di Pechino, potrebbe essere stato un gesto di protesta contro il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), massiccio progetto infrastrutturale parte integrante della Belt and Road Initiative (BRI), che attraversa la provincia balocha e collega lo Xinjiang cinese con il porto di Gwadar.

Il BLA è un gruppo separatista basato nel Balochistan, la regione più grande e meno densamente popolata del Pakistan, ma ricca di risorse energetiche e minerarie. Le storiche istanze indipendentiste sono state acuite, negli ultimi anni, dal risentimento nei confronti della presenza cinese e del CPEC, considerato uno strumento di sfruttamento delle risorse economiche locali a vantaggio del governo centrale e del  vicino Punjab, già l’area più ricca e sviluppata del Paese.

La percezione di esclusione da parte della popolazione locale rispetto ai dividendi del CPEC ha permesso al BLA di trovare largo supporto all’interno della provincia, ma raramente è riuscito a colpire efficacemente fuori dal suo territorio. L’attacco al consolato di cinese, dunque, rappresenta un elemento di novità rispetto  alla tradizionale attività della militanza balocha. Karachi, la città più popolosa dal Paese, è da sempre crogiolo di militanza talebana, banditismo, squadrismo cellule ambienti legati al jihadismo internazionale. Si potrebbe dunque supporre una convergenza di interessi fra l’indipendentismo del BLA e altre forze interne al Paese più interessate a colpire il governo centrale, mettendolo in difficoltà di fronte al partner cinese, che ha posto la questione della sicurezza dei propri investimenti in cima alle priorità del CPEC.

Ucraina

Domenica 25 ottobre unità navali del Servizio Federale di Frontiera, dipartimento del Servizio di Sicurezza Federale (FSB) della Federazione Russa, hanno sequestrato tre navi militari ucraine che tentavano di passare attraverso lo Stretto di Kerch in Crimea, unica via di accesso tra il Mare di Azov e il Mar Nero. Le navi catturate, le due cannoniere Berdyansk e Nikopol e il rimorchiatore Yani Kapu, si trovano ancora sotto sequestro nel porto di Kerch.

Mentre le autorità russe hanno dichiarato che le navi ucraine non avessero notificato adeguatamente il loro passaggio attraverso lo stretto, quelle ucraine hanno risposto che il passaggio delle proprie navi militari debba essere libero in ogni momento in base ad accordi bilaterali del 2003. Infatti, lo Stretto di Kerch è un fondamentale punto di transito sia per navi civili che militari di entrambi i Paesi e l’accordo del 2003 garantiva la libertà di transito e la sovranità congiunta sulle acque del Mare di Azov. La situazione è diventata più complessa con l’annessione russa della Crimea e delle acque ad essa prospicenti (2014), elemento che reso più aggressiva la postura russa nei confronti delle navi civili e militari battenti bandiera ucraina.

Lo stretto è di particolare importanza per l’Ucraina, in quanto permette l’accesso al porto commerciale di Mariupol ed una sua eventuale chiusura causerebbe grandi problemi per l’economia della regione e del Paese. La crescita della tensione nell’area è sotto osservazione da parte sia del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sia della NATO. L’Alleanza Atlantica ha dato il suo pieno supporto all’Ucraina per il mantenimento delle sue acque territoriali e dell’accesso al mare di Azov.

L’incidente potrebbe però avere anche delle conseguenze per la politica interna dell’Ucraina. Il parlamento, la Verkhovna Rada, su proposta del Presidente, ha votato l’applicazione della legge marziale per i prossimi 30 giorni in 5 regioni di confine, giustificando l’azione come una risposta necessaria sia agli eventi di Kerch che ad una presunta, imminente, invasione russa. Una decisione che potrebbe avere serie ripercussioni sull’imminente processo elettorale. Infatti, il Paese si recherà alle urne il prossimo marzo per eleggere il Capo dello Stato, in un clima molto teso a causa del conflitto del Donbas e della crisi economica. Poroshenko, in base ai sondaggi più recenti, avrebbe difficoltà a farsi rieleggere e, secondo le opposizioni, l’incidente di Kerch potrebbe essere utilizzato per mobilitare l’elettorato ed essere utilizzato come strumento propagandistico per attirare le simpatie dei conservatori e dei nazionalisti, al momento vicini alla rediviva Yulia Timoshenko.

Tuttavia, l’incidente potrebbe essere utilizzato allo stesso modo anche in Russia, dove il Presidente Putin ha dovuto affrontare un significativo calo nei consensi dovuto all’innalzamento dell’età pensionabile e alla contrazione della spesa pubblica.

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