Geopolitical Weekly n.226
Sommario: Arabia Saudita, Bangladesh, Iraq
Arabia Saudita
Lo scorso 4 luglio, vigilia dell’Eid al-Fitr, giorno in cui si celebra la fine del mese sacro del Ramadan, l’Arabia Saudita è stata colpita da tre attentati suicidi avvenuti a breve distanza l’uno dall’altro in diverse località.
Il primo attacco è occorso nella città di Jeddah, nelle prime ore della giorno, quando un attentatore suicida ha innescato la propria cintura esplosiva nei pressi del consolato americano, ferendo lievemente due agenti di polizia che gli si erano avvicinati poiché insospettiti dal suo atteggiamento. Il secondo attentato è avvenuto intorno nel tardo pomeriggio nei pressi della principale moschea sciita di Qatif, città della regione orientale del Paese in cui è presente una forte minoranza sciita. L’esplosione ha causato unicamente la morte dell’attentatore. L’ultimo attentato ha avuto luogo intorno alla stessa ora nella città di Medina, nei pressi dei controlli di sicurezza siti al punto di accesso al complesso della Moschea del Profeta Maometto (al-Masjd an-Nabawi), luogo la cui sacralità è seconda soltanto alla Moschea della Mecca. L’attentatore ha fatto esplodere la propria cintura esplosiva provocando la morte di quattro agenti di polizia ed il ferimento di altri 5.
Seppure nessuno degli attentati sia stato ufficialmente rivendicato, le modalità e gli obbiettivi degli attacchi lasciano presupporre il coinvolgimento dello Stato Islamico (IS o Daesh) o di al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP).
Infatti, dallo scorso anno Daesh è solito condurre attentati suicidi sia contro moschee sciite, con l’intento di colpire quei fedeli musulmani ritenuti apostati ed esacerbare le tensioni settarie del Paese, sia contro obbiettivi militari, con l’obbiettivo di mettere in difficoltà il governo centrale e minare la legittimità della Monarchia Saudita.
Al contrario, la minaccia di matrice qaedista è di lungo corso. Infatti, già dai primi anni 2000, Riyadh aveva dovuto affrontare la crescita delle attività di al-Qaeda, riuscendo a ridimensionarne sensibilmente le capacità e costringendo le sue strutture a migrare in Yemen, dove hanno fondato, nel 2009, il franchise al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP).
In questo momento, sia la minaccia dello Stato Islamico sia quella di AQAP potrebbero aumentare la propria pericolosità nel prossimo futuro. Infatti, sono circa 700 i foreign fighters sauditi arruolati tra le fila di Daesh in Siria ed Iraq. Si tratta di un numero preoccupante, soprattutto se si considerano i rischi legati al ritorno in patria dei combattenti stranieri e alle possibili attività da essi perpetrabili.
Dall’altro lato, anche AQAP potrebbe pianificare attentati nel Paese come forma di ritorsione per l’intervento saudita in Yemen a supporto delle forze del Presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi.
Bangladesh
Lo scorso 1 luglio intorno alle 21, a Dacca nel quartiere di Gulshan, sede di numerose ambasciate e organizzazioni non-governative, un commando di uomini armati ha preso d’assalto l’Holey Artisan Bakery, un noto caffè frequentato in gran parte da stranieri, e poi tenuto ostaggio per circa dodici ore le persone che si trovavano all’interno. L’attentato ha provocato la morte di 22 persone di cui 9 italiani, 7 giapponesi, una ragazza indiana, un americano di origine bengalesi e 4 bengalesi mentre 13 ostaggi sono stati liberati in seguito al blitz delle Forze speciali bengalesi.
Nonostante l’attentato sia stato rivendicato dallo Stato Islamico (IS) tramite la propria agenzia di stampa online Amaq, il Primo Ministro bengalese Sheikh Hasina Wazed ha negato l’esistenza d’alcun tipo di legame tra IS e gli attentatori, sottolineando il tentativo opportunistico del Califfato di attirare attenzione mediatica globale in un momento d’arretramento sul terreno in Siria, Libia e Iraq. I terroristi sembrano invece essere stati identificati quali giovani nazionali bengalesi affiliati al gruppo locale Jamaat-ul Mujaheddin Bangladesh (JMB), che, sin dalla sua creazione nel 1998, mira ad instaurare uno stato islamico in Bangladesh.
La metodologia, la complessità e l’obiettivo dell’attacco a Dacca lasciano presuppore un importante cambiamento nel modus operandi di JMB. Infatti, il gruppo negli scorsi anni era solito condurre attacchi con armi taglienti, quali il machete, generalmente contro target individuali come attivisti democratici, scrittori, accademici e appartenenti a minoranze religiose, come testimonia l’uccisione del blogger laico Nazimuddin Samad lo scorso aprile. Invece, la scelta di colpire un simbolico luogo d’aggregazione di stranieri e di utilizzare fucili d’assalto Ak-22 e granate, sembrano essere un chiaro segnale di un’evoluzione ispirata alle capacità tecniche dello Stato Islamico. Nonostante in Bangladesh, manchi la presenza di una struttura di IS, quest’ultimo continua a mantenere una forte capacità attrattiva per i gruppi jihadisti locali, quali JMB, che riconosco IS quale principale attore del terrorismo a livello globale, dal quale è possibile ottenere una maggiore legittimazione internazionale e maggiori finanziamenti.
Iraq
La capitale irachena continua a essere interessata da una pericolosa escalation di attentati terroristici. Nella notte del 7 luglio, nei pressi del santuario sciita di Sayyid Muhammad bin Ali al-Hadi a Balad, a nord di Baghdad, tre attentatori suicidi hanno causato la morte di circa trenta persone. L’attentato, rivendicato dallo Stato Islamico, segue di pochi giorni una delle azioni terroristiche più gravi verificatesi nel Paese negli ultimi 13 anni. Infatti, nella notte tra il 2 e il 3 luglio, a Baghdad, un’autobomba ha colpito uno dei maggiori centri commerciali della capitale, nel quartiere a maggioranza sciita di Karrada, in quel momento particolarmente affollato sia per i preparativi della festa dello Eid al-Fitr (che sancisce la fine del mese sacro del Ramadan) sia per la trasmissione delle partite degli europei di calcio. In simili condizioni, l’autobomba ha generato un pesantissimo bilancio di vittime, ad oggi quantificate in circa 290.
Alcune ore dopo l’attentato al centro commerciale, un’altra autobomba è esplosa nel mercato di Shalal, altro quartiere a maggioranza sciita situato nel nord della capitale, provocando la morte di altre cinque persone.
Gli attentati, prontamente rivendicati dallo Stato Islamico (IS), rappresentano l’episodio terroristico più grave avvenuto nel Paese dal 2003 (anno dell’inizio dell’operazione statunitense Iraqi Freedom che portò alla caduta del regime di Saddam Hussein) e pongono l’accento sulle criticità che continuano a caratterizzare il contesto di sicurezza iracheno.
Sebbene nell’ultimo anno l’Esercito iracheno abbia riconquistato numerosi territori precedentemente controllati delle milizie di al-Baghdadi, Daesh continua a mantenere elevate capacità militari asimmetriche e a eludere le misure di sicurezza poste in essere dal governo.
Il perpetrarsi di questa situazione rischia di esacerbare ancor di più le proteste popolari contro l’attuale leadership di Haider al- Abadi, accusata di corruzione e nepotismo. Il profilarsi di una nuova grave crisi politica e istituzionale potrebbe così mettere in discussione i risultati raggiunti nel campo nella lotta allo Stato Islamico, consentendo al gruppo jihadista di recuperare terreno e proseliti.