Geopolitical Weekly n.221

Geopolitical Weekly n.221

Di Giulia Conci e Luigi Rossiello
31.05.2016

Sommario: Iraq, Libia, Mali

Iraq

A circa una settimana dall’inizio delle operazioni per la liberazione della città di Fallujah (65 km a ovest di Baghdad) dallo Stato Islamico, il 30 maggio le Forze Armate irachene hanno iniziato l’offensiva finale verso il centro cittadino. Il ruolo maggiore delle operazioni è svolto dagli uomini della Counter Terrorism Service, dalle Forze di Polizia e dalle milizie tribali sunnite locali inquadrate e coordinate dalla 1ª Divisione dell’Esercito e dalla Guardia Speciale Repubblicana. Inoltre, tutti questi assetti sono coadiuvati delle Forze di Mobilitazione Nazionale (milizie prevalentemente sciite) e usufruiscono del supporto aereo della coalizione internazionale a guida statunitense “Inherent Resolve”.
Al momento, le operazioni sono concentrate su tre fronti, all’altezza dei sobborghi di Mukhtar, a nord, di Hayakul, a ovest, e di Nuaimiya, a sud. Proprio il settore meridionale sembra essere al momento quello in cui le forze governative hanno trovato maggiori difficoltà a causa della strenua resistenza operata da parte dei miliziani dello Stato Islamico, soprattutto a causa dell’utilizzo massiccio di ordigni esplosivi.
La riconquista della città di Fallujah rappresenta un obiettivo di primaria importanza per il Governo iracheno nell’ottica della lotta a Daesh. Infatti, la presa dell’ultima grande roccaforte di IS nella provincia occidentale dell’Anbar non solo potrebbe essere funzionale nel ridurre la capacità operativa dei miliziani jihadisti (che perderebbero un importantissimo hub dal punto di vista sia strategico che logistico) ma permetterebbe anche di disimpegnare gli assetti dell’Esercito attualmente impiegati a Fallujah sul fronte settentrionale di Mosul. Qui, infatti, da diversi mesi le forze governative compiono delle operazioni preparatorie alla ripresa della capitale irachena dello Stato Islamico, un’azione militare la cui complessità richiede un massiccio impegno di uomini e mezzi delle Forze Armate irachene.

Libia

Nell’ultima settimana, le milizie di Misurata, vicine al Governo di Unità Nazionale (GUN) guidato dal Premier Fayez al-Serraj, hanno avviato una nuova offensiva verso Sirte, principale roccaforte dello Stato Islamico nel Paese.
L’attacco prevede un’azione su due fronti, all’altezza dei sobborghi a ovest e sud di Sirte. Sul fronte occidentale, al momento le forze misuratine sono riuscite ad avanzare fino alla città di Ashrin, posta a circa 20 km dalla roccaforte di Daesh, grazie anche alla copertura aerea garantita da velivoli libici decollati proprio dall’aeroporto di Misurata. Sul fronte meridionale le milizie misuratine sono riuscite a bonificare e mettere in sicurezza il primo tratto dell’autostrada Sirte-Sabha, tagliando una delle vie di approvvigionamento per i miliziani jihadisti asserragliati all’interno della città.
Contemporaneamente, ad ovest di Sirte, anche le milizie delle Guardie delle Infrastrutture Petrolifere (GIP), guidate da Ibrahim Jadhran, alleate del GUN, hanno proseguito la propria avanzata verso la città costiera, dopo aver liberato il centro urbano di Bin Jawad, anch’esso roccaforte dello Stato Islamico.
Nonostante l’intensificazione della pressione militare su Sirte potrebbe tradursi in un forte ridimensionamento della capacità di azione dei miliziani di Daesh, la pacificazione della Libia appare ancora lontana ed incerta. Infatti, al di là della possibilità di neutralizzare la minaccia jihadista, la conflittualità tribale e le difficoltà di dialogo tra il GUN e il Governo dI Tobruk rischiano di ostacolare concretamente gli sforzi di stabilizzazione della Comunità Internazionali.

Mali

Domenica 29 maggio, cinque soldati togolesi del contingente di MINUSMA (Mission multidimensionnelle intégrée des Nations Unies pour la stabilisation au Mali), la missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite avviata nel 2013, sono stati uccisi in un’imboscata avvenuta a circa 30 km a ovest di Sevaré, nella regione centrale di Mopti.
Anche se l’attacco non è stato rivendicato da nessuno dei numerosi gruppi jihadisti attivi nel Paese, l’area in cui è avvenuto consente di avanzare l’ipotesi sulla responsabilità del Fronte di Liberazione di Mecina (FLM). Nato nei primi mesi del 2013 nel contesto della massiccia insurrezione tuareg contro il governo centrale, il FLM è un’organizzazione di orientamento jihadista, composta prevalentemente da miliziani di etnia Fulani presenti nell’area di Mopti, Sevarè e Konna. Il FLM fa parte del network di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) ed è stretto alleato di Ansar al-Din, formazione jihadista espressione del clan tuareg Ifoghas, basato nella regione orientale di Kidal. Il FLM trae il proprio nome dall’Impero Mecina, emirato Fulani del XIII secolo che si estendeva nelle regioni centrali del Mali, nel nord-ovest del Burkina Faso e nel sud-est della Mauritania.
Il gruppo ribelle Fulani non è nuovo ad azioni ostili contro il contingente di MISUMA e le Forze Armate maliane nell’area in questione. Inoltre, pare che alcuni dei suoi miliziani abbiano partecipato all’attacco contro lo Splendid Hotel della capitale burkinabè Ouagadougou il 16 gennaio di quest’anno.
Oltre al FLM, esiste la residuale possibilità che ad aver condotto l’attacco contro i Caschi Blu dell’ONU siano stati gruppi di fuoco di Ansar al-Din, AQMI o di al-Mourabitun (Le Sentinelle), altra formazione jihadista attiva in tutta la regione del Sahel.
In Mali, la massiccia presenza di organizzazioni estremiste islamiche e milizie etnico-tribali continua a rappresentare un concreto ostacolo alla stabilizzazione del Paese. In questo senso, nonostante il livello della violenza sia decisamente calato rispetto agli apici raggiunti nella guerra civile del 2012-2013, la mancanza di un efficace piano di riconciliazione nazionale tra le diverse comunità etniche e la perduranze delle spinte autonomiste ed indipendentiste da parte dei gruppi Tuareg continuano ad alimentare la lotta armata contro il governo centrale ed a minacciare la sicurezza e la pace del Paese.

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