Geopolitical Weekly n. 305
Afghanistan
Il 13 ottobre l’Inviato speciale degli Stati Uniti in Afghanistan Zalmay Khalilzad ha incontrato il Presidente della Repubblica afgana Ashraf Ghani e il Direttore esecutivo Abdullah Abdullah dopo aver partecipato ad una serie di incontri di alto livello aventi come tema la soluzione del quasi ventennale conflitto afgano. L’incontro, infatti, è seguito ad una settimana di visite compiute da Khalilzdad in Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar. Proprio in quest’ultimo Paese l’ex Ambasciatore avrebbe incontrato rappresentanti di spicco dei talebani, per cercare di trovare una possibilità di dialogo che ponga termine a diciassette anni di insorgenza.
Benchè non sia ancora stato ufficializzato da parte statunitense, l’incontro con esponenti della leadership politica talebana sarebbe stato funzionale a valutare eventuali punti di convergenza per un percorso di stabilizzazione dei rapporti tra le istituzioni della Repubblica islamica, supportata dall’ONU e dagli Stati Uniti, e il gruppo di insorti, al fine di condurre questi ultimi a deporre le armi e a riconoscere le autorità centrali, in cambio dell’inclusione da parte di Kabul di rappresentanti dei talebani nel proprio Governo.
Il processo di riconciliazione nazionale sembra ancora alquanto difficile, soprattutto a causa delle profonde divisioni ad oggi esistenti all’interno del fronte talebano e all’opposizione alla soluzione negoziale da parte di alcune fazioni del gruppo, comprese le più intransigenti come la rete Haqqani, potente formazione che subordina qualsiasi forma di dialogo al ritiro completo delle truppe statunitensi in Afghanistan.
I talebani continuano ad essere la principale fonte di destabilizzazione interna al Paese. Tuttavia, negli ultimi anni, il gruppo ha concentrato la propria attività nei confronti delle Forze straniere, le istituzioni e l’esercito locale, cercando nel frattempo di evitare di colpire la popolazione, proprio in prospettiva di un loro riconoscimento politico. Ciò è stato confermato anche dagli attacchi condotti dall’insorgenza nei giorni scorsi in occasione della preparazione delle elezioni parlamentari, che si svolgeranno il 20 ottobre, nonché le perduranti operazioni contro le Forze di sicurezza nazionali e internazionali. Nell’ultimo di questi attacchi, compiuto giovedì 18 ottobre a Kandahar, sono rimasti uccisi il Capo della polizia della Provincia, Abdul Raziq, e il Capo dell’ufficio locale del National Directorate of Security.
Tunisia
Il 15 ottobre, l’Unione patriottica libera (UPL) ha annunciato la fusione con il partito di stampo laico Nidaa Tounes (NT). Quest’ultimo, arrivando a 62 deputati (i 16 dell’UPL sommati ai 46 di cui poteva già disporre), dovrebbe tornare a essere la seconda forza politica nel Parlamento unicamerale tunisino, ristabilendo l’equilibrio delle rappresentanze parlamentari con l’altro partner di governo, Ennahda, che attualmente può contare su 68 deputati.
Il sostegno dell’UPL a Nidaa si è concretizzato in un frangente estremamente delicato per la tenuta politica del partito guidato da Hafedh Essebsi, figlio del Presidente della Repubblica Beji Caid. Infatti, l’ascesa di Hafedh ai vertici di Nidaa aveva causato consistenti scissioni interne (la maggiore aveva portato alla nascita di una nuova formazione, Machrou Tounes) e una costante emorragia di deputati contrari alla sua gestione del partito, giudicata eccessivamente verticistica e accentratrice. In più, lo scorso settembre Machrou Tounes e altri gruppi minori si erano coalizzati in Parlamento nella formazione Coalizione Nazionale, che con 51 deputati aveva superato Nidaa.
Tutti questi profondi cambiamenti nella geografia parlamentare vanno letti sullo sfondo delle prossime elezioni parlamentari e presidenziali, previste per il 2019. Infatti, dopo 5 anni di governo di coalizione con Ennahda, la leadership di Nidaa teme un progressivo sfarinamento del partito. Mentre Hafedh guida la fazione oltranzista, decisa a rompere con Ennahda anche a costo di uno stallo nell’azione di governo, una parte consistente dei quadri di Nidaa continua a dare priorità alla stabilità politica del Paese, anche a costo di una coabitazione forzata con il partito guidato da Rachid Gannouchi.
In questo senso, il nuovo asse tra l’UPL e Hafedh può tradursi in un ulteriore indebolimento dell’esecutivo, o addirittura in una crisi di governo conclamata. D’altro canto, da mesi Hafedh sta moltiplicando gli attacchi al Premier Chahed (esponente della fazione di Nidaa meno avversa a Ennahda), arrivando perfino ad espellerlo dal partito lo scorso 14 settembre.