Fumata bianca (con imprevisti) per il nuovo governo libico
Il 5 febbraio a Ginevra, i 75 delegati libici raccolti nel Libyan Dialogue Political Forum hanno eletto i membri del nuovo esecutivo ad interim che dovrà accompagnare il Paese fino alle elezioni del 24 dicembre. Le candidature erano definite tramite una serie di liste che prevedevano al loro interno quattro rappresentanti provenienti da diverse forze politiche e di provenienza geografica mista. Ad essere uscita vincitrice con 39 voti (maggioranza semplice) è la lista 3, costituita da Mohamed al-Menfi, in quota Cirenaica, come Presidente del Consiglio Presidenziale, Abdullah al-Lafi, dalla Tripolitania e Musa al-Koni, in quota Fezzan, come Vice Presidenti, ed infine Abdul Hamid Dbeibeh, imprenditore proveniente da un importante famiglia di Misurata e con legami con il vecchio regime gheddafiano, come Primo Ministro. Ora le parti avranno 21 giorni a disposizione per dare vita ad un nuovo governo e condurre il Paese ad elezioni, come previsto, peraltro, dalla road m__ap dei negoziati di novembre 2020 tenuti in Tunisia.
Se l’apparente riuscita delle elezioni può dare segnali positivi in vista della creazione di un nuovo esecutivo nazionale, di converso nei risultati emersi vanno sottolineate alcune dinamiche che potrebbero compromettere la stabilità del possibile governo e del Paese. La maggiore preoccupazione risiede nel fatto che le personalità elette non rispecchiano pienamente i rapporti di forza sul terreno. Il nuovo Presidente del Consiglio è sì proveniente dalla Cirenaica ma molto distante politicamente dal Generale Khalifa Haftar, tanto che non condannò, quando era Ambasciatore libico in Grecia, l’accordo tra Turchia e Governo di Accordo Nazionale (GNA) sulle Zone Economiche Esclusive (2019). Di fatto, le forze politiche e militari facenti capo ad Aguila Saleh (l’influente Presidente del Parlamento di Tobruk) e Haftar sono state estromesse dalla rappresentanza nell’esecutivo.
Altresì non sembrano emergere dei legami solidi tra le schiere del nuovo Premier e le forze presenti a Tripoli. In questo senso, nuovi problemi nel riconoscimento dell’esecutivo potrebbero giungere anche dal GNA. Il 17 gennaio 2021, Fayez al-Serraj, Primo Ministro della fazione di Tripoli, ha istituito la cosiddetta Autorità di Sostegno alla Stabilità. L’organo è composto dai leader delle più importanti milizie a difesa di Tripoli ed è comandata dalla figura centrale di Abdel Ghani al-Kikli, capo della Abu Salim Central Security Directorate. Tale istituzione è sorta come una sorta di elemento politico utile a bilanciare l’influenza interna al GNA del Ministro degli Interni Fathi Bashagha, sconfitto candidato premier nelle elezioni appena avvenute e uomo molto vicino ad Ankara. Tuttavia, sembra che tale Autorità non abbia riconosciuto l’esito del voto, facendo presagire che la legittimità del nuovo esecutivo possa incorrere in diversi ostacoli in grado di ampliare i frammentati interessi in gioco.
In altre parole, questo esecutivo rischia di non essere realmente rappresentativo di nessuna parte in particolare e di non riuscire a cogliere il suo obiettivo principale consistente nell’unire il Paese in funzione di un reale sviluppo elettorale da definire passo dopo passo entro il prossimo 24 dicembre. Pertanto il meccanismo messo in atto dalle Nazioni Unite in Libia rischia di trovare nuovi e importanti ostacoli sulla sua strada già accidentata.