Elezioni anticipate in Egitto: un voto con tante incognite
Medio Oriente e Nord Africa

Elezioni anticipate in Egitto: un voto con tante incognite

Di Giuseppe Dentice
26.09.2023

Dopo alcuni rumors emersi la scorsa settimana, il 25 settembre, l’Autorità Elettorale Nazionale egiziana (NEA) ha annunciato che le votazioni in Egitto si svolgeranno il 10-12 dicembre 2023, mentre per i residenti all’estero il voto sarà obbligatorio nelle date 1-3 dicembre. Intervenendo alla conferenza stampa, Walid Hamza, a capo della NEA, ha spiegato che coloro che desiderano candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024 potranno presentare domanda dal 5 al 14 ottobre 2023.

Pertanto dopo la notizia fatta trapelare da Bloomberg, il Presidente Abdel Fattah al-Sisi e il suo entourage hanno rotto gli indugi e hanno deciso di portare il Paese al voto anticipato entro la fine del 2023. Una scelta comunque accelerata di pochi mesi rispetto al termine costituzionale già fissato nella primavera del 2024.

A definire questo anticipo avrebbe influito la scelta della leadership nazionale di impedire qualsiasi contraccolpo di natura politica derivante dalla congiuntura economica estremamente delicata – e in deciso peggioramento, segnata da un’inflazione record (pari al 40% del PIL) e da una svalutazione di oltre la metà del valore della moneta nazionale rispetto al dollaro. Una situazione grave che si protrae in questi termini sin dal marzo 2022, ossia in concomitanza con lo scoppio del conflitto russo-ucraino.

Benché la riconferma fino al 2030 di al-Sisi non sia in dubbio a causa di una rinnovata azione di repressione politica e dall’assenza di candidati forti – l’unica personalità finora espressa dalle opposizioni è stata quella di Ahmed Tantawi , il quale ha da settimane denunciato il rischio di brogli e irregolarità nell’esecuzione del voto –, ad oggi le motivazioni che hanno portato a questo cambio di scenario è legata, presumibilmente, alla volontà del regime e delle autorità di velocizzare questo iter – ritenuto una semplice formalità – al fine di non ridurre l’indice di popolarità del Presidente. Un’azione, quindi, volta a impedirne delegittimazioni causate essenzialmente dalla grave condizione socio-economica che affronta il Paese.

Una scelta, questa, rafforzata sia dallo stallo sorto in questi mesi intorno alla mancanza di avanzamenti nelle riforme economiche richieste dal Fondo Monetario Internazionale dopo il rilascio di un prestito condizionato da 3 miliardi di dollari per 46 mesi, sia dalla volontà delle autorità centrali di non esporre governo e istituzioni a critiche pubbliche proprio per l’adozione di dolorose riforme economiche, da adottare eventualmente invece nel periodo post-elettorale.

Allo stesso tempo, questa iniziativa servirebbe anche a serrare le fila dentro alle diverse componenti lo spettro politico-istituzionale egiziano . Infatti, la crisi economica, le trattative con il FMI e le numerose pressioni esterne (da parte USA e delle monarchie alleate del Golfo) per affrontare le riforme hanno mostrato alcune increspature anche sul spiano domestico, specie nella peculiare dialettica tutta interna tra Presidenza della Repubblica e Forze Armate, le quali hanno palesato, in alcuni casi, opinioni differenti su come intervenire nella crisi e impedire impatti nefasti sulla stabilità e la sicurezza del Paese nordafricano.

Una debolezza complessiva che si è inevitabilmente riservata anche sul piano esterno, in quanto irrimediabilmente legato a doppio filo con il fronte politico interno ed economico. Infatti, una palese fragilità domestica potrebbe avere impatti pesanti sulla capacità di azione regionale e internazionale dell’Egitto nei teatri di crisi cardine quali Libia, Sudan, Nilo e Striscia di Gaza.

Pertanto, il prossimo voto in Egitto pur presentandosi come un appuntamento scontato nel suo esito elettorale, potrebbe presentare un conto molto variegato sugli impatti politici potenziali alla stabilità dello Stato.

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