Corea del Nord: nuovo test missilistico multiplo
Il 5 giugno scorso la Corea del Nord ha compiuto il suo diciottesimo test missilistico dall’inizio dell’anno, lanciando otto missili balistici a corto raggio nelle acque a est della penisola coreana.
I vettori sono stati lanciati da quattro diversi siti di lancio nel Paese, hanno viaggiato ad altitudini tra i 25 e i 90 chilometri e hanno raggiunto una velocità massima pari a Mach 6, ovvero sei volte la velocità del suono. Il lancio ravvicinato di molteplici missili balistici in un arco di tempo relativamente ridotto è particolarmente rilevante per lo sviluppo di “capacità di saturazione” da parte della Corea del Nord. Con “capacità di saturazione” si intende la capacità di lanciare molteplici vettori missilistici contemporaneamente, con il risultato di andare appunto a saturare le difese antimissilistiche dell’avversario, impedendo dunque l’intercettazione di tutti i vettori e rendendo di fatto il Paese attaccato più vulnerabile. Dalla capacità di effettuare un lancio multiplo deriva infatti una situazione di dilemma per l’avversario, che deve valutare come adoperare i propri sistemi antimissilistici, compiendo scelte che possono rivelarsi decisive nel determinare l’esito dell’attacco.
Il test ha avuto luogo il giorno seguente alla conclusione di un’esercitazione congiunta di tre giorni tra la Marina Militare americana e quella sudcoreana al largo di Okinawa. Se tale evento non può che impensierire attori regionali come Corea del Sud e Giappone, le implicazioni sono di particolare rilevanza anche per gli Stati Uniti. L’impiego di missili balistici a corto raggio da parte della Corea del Nord, oltre a minacciare gli alleati americani quali appunto Seul e Tokyo, rappresenta un rischio anche per gli stessi militari USA presenti in diverse basi nei due Paesi.
In tale contesto, il 6 giugno la Corea del Sud, congiuntamente con gli Stati Uniti, ha replicato al test di Pyongyang con il lancio di otto missili balistici tattici terra-terra nel Mare del Giappone. La risposta muscolare si inserisce nella linea più dura e intransigente del nuovo Presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. In tale ottica va inquadrata anche la recente approvazione di un piano di spesa da 600 milioni di dollari per l’acquisto da parte sudcoreana di missili americani Patriot (PAC-3) per aumentare le capacità difensive contro la minaccia balistica nordcoreana.
Da parte americana, la partecipazione di Washington al test dei missili, che si era registrata già in altri lanci ed esercitazioni precedenti in risposta a test nordcoreani, è volta a rassicurare gli alleati regionali, Corea del Sud in primis, circa il supporto americano. A tal fine è stato concepito il primo viaggio di Biden in Asia, conclusosi a fine maggio. Gli Stati Uniti, se da un lato vogliono rassicurare gli alleati sulla solidità e l’impegno del supporto americano nel contrastare la minaccia missilistica nordcoreana, dall’altro hanno necessità, tramite tali rassicurazioni, di rafforzare la partnership con questi Paesi: agli occhi di Washington, Tokyo e Seul svolgono infatti un ruolo fondamentale nel contenimento di Pechino, priorità strategica per gli americani.
Nicolò Murgia è stagista al Desk Difesa e Sicurezza.