Bashagha nuovo Premier: prospettive fosche per il doppio Governo libico
Il 1° marzo 2022, la Camera dei Rappresentanti libica (HoR) ha votato la fiducia al nuovo Governo guidato da Fathi Bashagha, con il voto favorevole di 92 parlamentari sui 101 presenti in aula – numeri molto lontani dai 132 ottenuti un anno fa da Abdulhamid al-Dbeibah. Questa votazione – che ha attirato diverse proteste in merito agli aspetti legali e formali delle procedure utilizzate per il raggiungimento di un quorum contestato da più parti – avviene all’interno di un quadro politico libico fortemente polarizzato. Da un lato la HoR, che ora ha espresso il nuovo Governo di Stabilità Nazionale (GNS) guidato da Bashagha, dall’altro l’esecutivo sostenuto dalle Nazioni Unite e guidato da Dbeibah, che ha più volte disconosciuto il risultato statuito dal Parlamento di Tobruk e si è detto disposto a farsi da parte solo dopo libere elezioni nazionali. Sebbene sia emersa una maggiore trasversalità di sostegni verso il GNS (a Ovest e nel fronte misuratino) è altresì vero che questo riconoscimento non si manifesta necessariamente in una diffusa legittimità popolare. Inoltre, la composizione dell’attuale esecutivo vede numerose zone grigie, con soggetti vicini al Generale Khalifa Haftar e allo Speaker della HoR Aguila Saleh, in parte, invisi a buona parte del fronte tripolino. Una condizione, questa, che non farebbe altro che acuire i dissidi già esistenti e amplificare le lotte personalistiche per il potere nel Governo e nel Paese, in particolare per il controllo dei suoi asset principali (Banca Centrale Libica e Compagnia Nazionale Petrolifera). L’attuale processo di transizione politica, altresì, rischia di conoscere un definitivo collasso proprio sotto la spinta dei personalismi di due attori locali che rivendicano una medesima autorità. Le mancate elezioni (presidenziali e parlamentari) in programma per il 24 dicembre 2021, infatti, potrebbero aver anticipato una fase nuova del conflitto libico in cui il malcontento diffuso e serpeggiante, che ora ha trovato la sua acme nel ritorno ad uno scenario politico simile a quello del 2014, rappresenta senz’altro un passo indietro deciso nella storia recente del Paese.
Già durante il periodo che va dal 2014 al 2020, infatti, sono coesistiti due diversi Governi – supportati dalle proprie milizie armate e da diversi attori esterni – localizzati in Tripolitania e in Cirenaica e la cui presenza ha contribuito notevolmente a fratturare l’unità politica e l’identità del Paese tra Est ed Ovest. Altresì, la scelta delle Nazioni Unite di nominare un Governo di Unità Nazionale ha risposto all’esigenza di individuare un’unica autorità in grado di esercitare l’esclusivo monopolio della forza su tutto il suolo libico nel tentativo sia di porre fine alle ostilità militari sia per dare inizio ad un percorso politico condiviso nel quale le elezioni sarebbero dovute essere il culmine di questo processo. Una situazione che tuttavia non ha considerato quei passaggi necessari (come ad esempio, la redazione di una Costituzione) in grado di fornire un terreno utile per la creazione di una identità comune libica.
Pertanto, le implicazioni della presenza di un doppio Governo sono molteplici. In primo luogo, il livello dello scontro interno potrebbe inasprirsi in maniera significativa rallentando il disperato bisogno di stabilità economico-politica della società civile. In secondo luogo, la governance nazionale potrebbe essere paralizzata e oggetto di battaglie intestine, attraverso un uso disinvolto e politico sia della magistratura, per delegittimare l’avversario di turno, sia del comparto petrolifero, obiettivo ultimo delle fazioni in lotta attente a occupare i posti di potere nel Paese. Sotto questa prospettiva, non è possibile escludere un ritorno – seppur controllato – alla violenza basata su linee di frattura personalistiche e non più ideologiche come nel precedente passato. Sarà molto interessante, quindi, monitorare l’orientamento eterogeneo tenuto dalle diverse milizie armate operanti nel Paese divise tra pro- e contro- Dbeibah e Bashagha, che potrebbero giocare un ruolo rilevante nel fornire ulteriore instabilità e insicurezza in Libia.
A garantire nuove tensioni potrebbe contribuire, infine, l’attuale contesto internazionale fortemente condizionato dalla crisi in Ucraina e in grado di generare una significativa evoluzione nella situazione politica libica. La Russia, ad esempio, che ha supportato direttamente le attività del Generale Haftar, ha salutato con grande entusiasmo l’insediamento di Bashagha, sottolineando la volontà del Cremlino di essere pronto a cooperare con il GNS nel trovare una soluzione politica globale in Libia. Proprio il Paese rappresenta un importante elemento nella strategia russa verso il Mediterraneo e l’Africa, dato che lo Stato nordafricano garantisce prossimità e profondità strategica verso Nord e Sud. Di converso, la comunità internazionale (e anche quella mediorientale) si è radunata attorno allo GNU e a Dbeibah, riconoscendone la legittimità. Tuttavia, la presenza di due Primi Ministri pone le parti nella difficile condizione di doversi assumere la paternità di una scelta e, quindi, di uscire dall’ambiguità che ancora oggi regna in questa oscillazione costante verso la decisione della HoR o il sostegno inalterato verso il Governo ad interim di Tripoli sostenuto dalle Nazioni Unite. Tutto questo, infatti, potrebbe portare ad un non sorprendente rimescolamento delle carte e degli appoggi diplomatici.
In conclusione, lo stallo in Libia ha sì svolto un ruolo significativo nell’allentare le tensioni regionali, ma ha implicitamente favorito una ripresa delle lotte politiche intestine tra le differenti fazioni libiche e i loro sostenitori esterni, aggiungendo nuove condizioni di incertezza in un quadrante sempre più fluido e convulso.