Arabia Saudita-Israele-Stati Uniti: interessi convergenti tra geopolitica e nuova strategia mediorientale
Da diverse settimane, fonti statunitensi, hanno sottolineato una chiara disponibilità saudita nel voler acquistare sistemi d’arma avanzati prodotti da Israele. Nella fattispecie le parti starebbero discutendo, in maniera clandestina, dell’opportunità di dotare Riyadh del sistema anti-missile Iron Dome. La scelta saudita potrebbe essere dettata da una serie di considerazioni legate alla scelta statunitense di rimuovere i propri sistemi d’arma dispiegati nella regione, nonché dalla stessa volontà delle diverse Amministrazioni USA di disimpegnarsi politicamente e militarmente dal Golfo Persico e dal Medio Oriente per ricalibrare le proprie attenzioni verso l’area indo-pacifica.
Sebbene la decisione di Washington di rimuovere le batterie THAAD e Patriot presenti nella base aerea di Prince Sultan, nei pressi di Riyadh, non sia stata colta in maniera inattesa dai sauditi, essa indirettamente ha favorito un’accelerazione dei canali di dialogo tra Arabia Saudita e Israele, ma al contempo ha costretto il Regno a ricercare nuove opzioni strategiche anche nei confronti dei più prossimi competitor internazionali USA, come per l’appunto Russia e Cina. Questo scenario si inserisce infatti in un contesto più ampio di considerazioni che vanno oltre il solo comparto militare e che vede coinvolti in prima linea gli Stati Uniti, storico partner di Arabia Saudita e Israele, e le dinamiche di ricomposizione del quadro mediorientale all’indomani degli Accordi di Abramo del settembre 2020.
A differenza soprattutto dell’asse israeliano-emiratino, che guarda alla costruzione di una partnership strategica in ambito bilaterale e volta a contrastare (sebbene rimangano profonde divergenze di impostazione) le ambizioni regionali di Turchia e Iran, la scelta saudita di poter avvicinarsi sempre più a Tel Aviv potrebbe essere dettata da almeno tre motivazioni. In primo luogo, vi è una necessità reputazionale saudita di ristabilire relazioni stabili dopo la problematica gestione del caso Khashoggi e le declassificazioni dell’intelligence USA, effettuate anche su spinta dell’Amministrazione Biden; in secondo luogo, l’obbligo di ritrovare un supporto militare e politico forte lì dove, come ad esempio in Yemen, il Regno degli al-Saud si trova in profonda difficoltà e non riesce a uscire dalle sabbie mobili di un conflitto logorante. Infine, vi è un interesse diretto di Riyadh a sfruttare il canale israeliano per arrivare agli USA e, quindi, fortificare nuovamente la relazione con Washington, ma anche nel non rischiare un isolamento regionale e/o una pericolosa perdita di rilevanza e influenza rispetto al nascente asse Tel Aviv-Abu Dhabi. Un aiuto in favore dell’Arabia Saudita potrebbe giungere dalla scelta del Dipartimento di Stato USA di approvare un accordo che copre fino a 500 milioni di dollari in servizi di supporto militare. Il pacchetto, tra gli altri, fornirebbe servizi di supporto alla manutenzione per un’ampia gamma di elicotteri, inclusa una futura flotta di elicotteri CH-47D Chinook.
Ovviamente questo passaggio a prima vista favorevole nasconde alcuni potenziali contraccolpi sul piano domestico e diplomatico di Riyadh, che passano inevitabilmente anche dalla possibilità saudita di dover normalizzare, presto o tardi, le relazioni bilaterali con Israele. Una scelta non facile e limitata dalla necessità saudita di dover giustificare il suo ruolo di Paese leader del mondo arabo e musulmano, nonché di sostenitore della causa palestinese – elemento, quest’ultimo, di grande importanza soprattutto sul piano civile e sociale saudita.
In questa prospettiva, il bisogno di Riyadh, per lo più in termini di sicurezza, di dover riallacciare i ponti con gli USA e di non rimanere estromesso da un potenziale e nuovo “grande gioco” mediorientale si scontra con gli insidiosi riflessi che la normalizzazione dei rapporti con Israele possa condurre sul piano domestico e diplomatico di Riyadh. Ecco perché dietro a queste manovre sotterranee tra Arabia Saudita, Israele e Stati Uniti si cela un’attenzione spasmodica saudita nel voler dosare oculatamente le dichiarazioni pubbliche e diplomatiche in supporto di battaglie storiche e identitarie a livello regionale, con i nessi e le valutazioni strategiche più impellenti in favore di un cambio di passo con Israele e il possibile nuovo Medio Oriente.