Terrorismo, l'esperto: Fondamentale controllare web ma è molto dura - La Presse

Terrorismo, l'esperto: Fondamentale controllare web ma è molto dura - La Presse

08.17.2017

Intervista a Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali dopo gli attacchi in Catalogna

La Via del Corso di Roma come le Ramblas a Barcellona? Difficile non pensarci, all’indomani dell’attentato che ha sconvolto, assieme alla Catalogna, l’intera Europa. Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali (Cesi), spiega che per l’Italia la minaccia rimane anche se la nostra intelligence lavora in maniera efficace. Fortunamente poi siamo meno esposti al rischio, per una questione di numeri.

Dottor Iacovino, gli attentatori di Barcellona, pur tra informazioni frammentarie e non confermate, sembrano venire dal Marocco. E’ la pista giusta?

Sì. Il jihadismo spagnolo è sempre stato molto legato a quello che succede nel Nord Africa, e soprattuto in Marocco. Già nell’attentato di Atocha nel 2004 il gruppo terroristico faceva capo ad una formazione marocchina. Poi, vedendo gli schedati degli ultimi 4-5 anni in Spagna, e nell’area di Barcellona in particolare, il 50% delle attività jihadiste è legato a marocchini, nati cioé in Marocco oppure con radici in quel Paese.

Cambrils, la cittadina spagnola del secondo attentato dopo Barcellona, avrebbe ospitato un incontro tra esponenti di Al Qaeda che preparavano l’attacco alle Torri Gemelle di New York, oltre 15 anni fa.

La costa mediterranea della Spagna, e l’area di Barcellona in particolare, è sempre stata ricettacolo di esponenti islamisti.

Questa volta, però, c’è lo Stato islamico dietro Barcellona?

Assolutamente sì. Il legame è però soprattuto ideologico. Lo Stato islamico, rispetto ad Al Qaeda, ha destrutturato totalmente il gruppo, e ha fatto sì che l’ideologia prendesse il sopravvento. Chiunque può ascoltare la propaganda dello Stato islamico per poi passare alla pratica. Negli attentati degli ultimi 2-3 anni in Europa ci sono stati degli attentati più legati alla leadership centrale dell’Isis e altri no. Il recente attentatore di Manchester, secondo le indagini, aveva questi legami. Per Barcellona, è ancora un po’ troppo presto per dirlo.

Quanto è importante la Siria? I combattenti che da lì tornano in Europa sono un pericolo?

Sì, certo, però non c’è più bisogno di un legame fisico. E’ vero che con l’indebolimento dello Stato islamico possono rifluire da noi diverse persone. Ma la vera minaccia in Europa non è legata ai foreign fighters, i quali comunque sono attenzionati 24 ore su 24. Possono fungere da snodo di radicalizzazione, possono portare expertise raccolta sul campo di battaglia. Ma l’attentatore di Manchester aveva dei legami con un imam che era in Siria, attraverso le chat, o messaggistica telefonica.

Quindi i controlli devono concentrarsi su web e telefoni?

Sì, anche se purtroppo non si possono controllare un numero così alto di soggetti 24 ore su 24. Magari uscirà che la persona che ha compiuto l’attentato era attenzionato, ma questo non vuol dire che era monitorato continuamente. Se lo dovessimo fare per tutti quelli che hanno comportamenti minacciosi, non ci sarebbero comunque le risorse necessarie. Per controllare una persona 24 ore su 24 ci vogliono almeno 5 persone.

Domanda d’obbligo: l’Italia corre rischi?

In Italia finora si è agito sempre bene e nel momento giusto, però da un punto di vista numerico la minaccia è minore rispetto ad altri Paesi europei.

Dopo le Ramblas di Barcellona, si può temere per i luoghi più importanti delle città italiane?

Sì, e per la stessa via del Corso a Roma certe misure precauzionali sono state prese, e c’è stata la chiusura di via della Conciliazione. Ovviamente c’è forse la necessità, come ha ribadito lo stesso ministro Minniti, di ripensare la sicurezza di luoghi sensibili, ad esempio i concerti e le vie principali delle città.

Fonte: La Presse