«Le minacce dei libici non sono concrete» L'intervista a Lorenzo Marinone, Analista del Ce.S.I. sul Giornale di Sicilia
«Non mi risulta che Haftar abbia detto di voler bombardare le navi italiane. Questa è la versione diffusa da un media saudita. Lui ha usato un’espressione più ambigua, più lasca, affermando che dovrà “occuparsi” di quelle navi. Ad ogni modo, non rappresenta un rischio effettivo. Non ha i mezzi per concretizzare le sue minacce». Lorenzo Marinone, analista mediorientale del Cesi, il Centro studi internazionali diretto da Andrea Margelletti, invita a dare il giusto peso a parole e «promesse» del generale Khalifa Haftar, uomo forte nel Paese del Caos. La Libia.
Quali sono realmente le risorse belliche a disposizione di Haftar?
«Può contare soltanto su alcuni Mig russi con un’anzianità di servizio molto elevata. Quanto siano in grado di volare, è ancora tutto da vedere. Va, poi, considerato che questi aerei hanno una limitata autonomia. Non è detto, quindi, che riescano a compiere un’azione nella zona di Tripoli dove opererà principalmente il dispositivo italiano».
Unica certezza: il generale e il Parlamento di Tobruk non gradiscono la missione italiana «antiscafisti». Niente rischi, davvero?
«Il dispositivo italiano non è sprovvisto di difese. Le regole d’ingaggio, peraltro, prevedono che in caso di attacco i nostri militari possano rispondere. Per adesso, inoltre, sono stati inviati due mezzi navali in Libia ma il decreto del Governo contempla che in caso di necessità possano essere inviate altre unità. Il vero problema, comunque, è un altro».
Quale?
«Noi andiamo a dare supporto alla Guardia costiera libica. Lì, però, non esiste una sola Guardia costiera. Ma quella di Tripoli che è svincolata da Zuara, che è svincolata da Sabrata… E tutte hanno, spesso, un certo grado di collusione con le reti di trafficanti».
Il nostro intervento è stato deciso dopo un’intesa con il solo Fayez al-Sarraj, fragile premier di quella che fu la Libia. Il governo Gentiloni ha commesso un errore?
«Abbiamo ricevuto una lettera da una persona, al-Sarraj, che è a capo dell’unico esecutivo libico riconosciuto dall’Onu. Vero è che al-Sarraj controlla solo alcuni quartieri di Tripoli, però rappresenta l’esito di un processo negoziato multinazionale con una pluralità di attori».
Parigi, il presidente Macron, sono tra gli sponsor di Haftar. Dietro le sue minacce, un nuovo derby Italia-Francia per il controllo dei pozzi petroliferi in Libia?
«Ciascun Paese cerca di difendere alcuni interessi. Quelli italiani sono concentrati perlopiù in Tripolitania, i francesi in Cirenaica. Equilibri e strategie, comunque, non dipendono esclusivamente da questo fattore. Sarebbe sbagliato pensarlo in una realtà tanto frammentata come la Libia di oggi». (*gem*)
Fonte: Giornale di Sicilia