Isis, Margelletti: «La vera minaccia non sono i barconi»

Isis, Margelletti: «La vera minaccia non sono i barconi»

02.27.2015

Per gli 007 siamo nel mirino dei jihadisti. «La nostra protezione però è efficace», dice il presidente del CeSi Margelletti. Il Califfato fa propaganda in italiano.

Questa volta non c’erano immagini del Colosseo con la bandiera nera dell’Isis e di jihadisti che scrutano il Mediterraneo postate su Twitter.
L’allarme terrorismo è arrivato dai nostri servizi. «L’Italia è un potenziale obiettivo di attacchi anche per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità», è scritto nero su bianco nella relazione del Dis (dipartimento delle informazioni per la sicurezza) al parlamento.

Nella quale però viene ribadito che al momento non sono emerse «attività o pianificazioni» di attacchi nel nostro Paese.

SONO DONNE, GIOVANI E 2.0. L’identikit dei nuovi aspiranti miliziani diffuso dagli 007 è abbastanza preciso.
Molte più donne, molto giovani, «spesso con scarse conoscenze sul piano dottrinale, ma ben informati sulla pubblicistica d’area e con ottime competenze informatiche».
Nuove leve che si affiancano alla vecchia guardia: «Imam estremisti stanziali o itineranti, latori di messaggi istigatori, se non veri reclutatori».

PERICOLO FOREIGN FIGHTER. Non solo. L’Italia potrebbe essere una zona di «ripiegamento» per i foreign fighter che dall’Europa sono andati a combattere in Siria.
Secondo gli ultimi dati sarebbero 3 mila quelli partiti dalla sola Europa, di cui oltre 500 provenienti dai Balcani e 59 dall’Italia.
Sono loro a rappresentare uno dei rischi più concreti, come conferma Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali.
«Invece di mandare in Italia un terrorista su un barcone», spiega a Lettera43.it, «è più sicuro per loro fare rientrare i foreign fighter. Ci sono così tanti europei che combattono nelle fila del terrorismo. E per di più con passaporto Schengen».
Il rischio insomma è che da foreign fighter in Siria e Iraq diventino «internal fighter in Europa».

DOMANDA. Esclude il pericolo di infiltrazioni tra i migranti che arrivano sui barconi dalla Libia?
RISPOSTA. Sia chiara una cosa: chi parla di terroristi sui barconi o è disinformato o parla in malafede. Qualunque livello istituzionale ha sempre smentito che tra i migranti ci siano jihadisti. Poi domani magari potrà anche succedere, ma al momento non c’è un’informativa né uno straccio di prova a riguardo.

D. Eppure i servizi hanno parlato di «rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare» come «ipotesi plausibile».
R. I terroristi sfruttano e gestiscono molte delle filiere della migrazione. E vorrei tanto che le loro organizzazioni fossero gestite da fessi…

D. Invece?
R. Invece purtroppo no. Che senso ha addestrare un terrorista, che per questo è un valore pregiato, e poi metterlo su un barcone? E non solo per il rischio che muoia in un naufragio.

D. Non pare una strategia efficace.
R. Già. Perché verrebbe subito identificato, con impornte digitali e dati biometrici. Poi inviato in qualche centro di accoglienza. Mettiamo anche che questo individuo riesca a fuggire in maglietta e mutande. Cosa riuscirebbe a fare nelle campagne vercellesi, per dirne una?

D. Da dove viene allora la vera minaccia?
R. Per una organizzazione terroristica è molto più sicuro inviare uomini nel nostro Paese con un visto turistico, per esempio.

D. Gli 007 sottolineano il rischio del rientro dei foreign fighter da Siria e Iraq.
R. Esatto. Ci sono così tanti europei che combattono nelle file del terrorismo. Perché non farne rientrare qualcuno con il passaporto Schengen e farlo agire all’interno dell’Unione europea?

D. Infine ci sono i cosiddetti cani sciolti. Quanto è concreto il rischio che anche in Italia avvengano attacchi come quello compiuto alla redazione di Charlie Hebdo?
R. I cani sciolti rappresentano un rischio vero e concreto. Nella maggior parte dei casi si tratta di immigrati che, provanndo disagio nel Paese dove vivono, decidono di compiere atti di violenza, più che di terrorismo vero e proprio.

D. Il movente quindi è il disagio sociale?
R. Il fil rouge che li unisce è proprio questo: un profondo disagio. Questi individui poi sono doppiamente pericolosi.

D. Perché?
R. Facciamo un esempio: se una mattina in un ufficio un dipendente si alza e prende a sganassoni un collega, nessuno se lo spiega. Ecco i cani sciolti vivono un loro delirio personale che li può portare a uscire di casa con un coltello o lanciarsi contro un edificio con la macchina, usandola come un missile.

D. Azioni che non si possono prevedere.
R. Se non sono attivi in chat o non parlano con qualcuno, è impossibile fare un’attività di prevenzione.

D. Con il superamento di al Qaeda da parte dell’Isis sono diventati più pericolosi?
R. Sì. Mentre al Qaeda forniva solo un ombrello ideologico, l’Isis propone un modello di Stato, e cioè qualcosa in cui fisicamente e geograficamente ci si riconosce. È per questo che è così attraente.

D. Anche nella comunicazione.
R. La loro comunicazione colpisce allo stomaco e, di conseguenza, la componente meno razionale di noi.

D. A parte il Vaticano per ovvie ragioni, quali sono i nostri obiettivi sensibili più a rischio?
R. Non sono mai stato particolarmente convinto che la Santa Sede lo sia. Detto questo, la casistica dimostra come i terroristi colpiscono dove possono usufruire dell’effetto sorpresa. Per loro è impossibile andare allo scontro in luoghi presidiati da 20 soldati in tenuta da combattimento o da poliziotti.

D. Come piazza San Pietro…
R. Esatto. Solitamente gli attentati sono organizzati da due o tre persone. Non ha senso prendere di mira una piazza che è zeppa di poliziotti.

D. Poco tempo fa una giornalista ha indossato un burqa ed è entrata in Duomo a Milano senza particolari controlli.
R. E secondo lei, un terrorista per fare un attentato si veste da terrorista? Basta vedere che aspetto avevano gli attentatori di Parigi. E poi non è che non si informano e non leggono i giornali eh…

D. Il livello di protezione italiano è sufficiente?
R. In Italia non ci sono stati attentati come in Francia, Olanda, Belgio. Evidentemente fino a ora le nostre modalità sono state più efficaci di quelle degli altri Paesi.

D. L’allarme è reale?
R. Veramente non ci sono novità. L’allarme c’è da anni. Ora ci è stato solo ricordato che il rischio che viviamo in questo periodo è superiore a quelli del passato. Il che è ovvio, visto che è cambiata la situazione internazionale.

Fonte: Lettera43