CeSI e CeSPI: pacificare la Libia per stabilizzare il Sahel
Stabilizzare la regione Saheliana attraverso la pacificazione della Libia e il maggiore interesse della politica europea alla fascia di territorio che va dal Gambia al Ciad. E’ quanto emerge da uno studio sulla fragilità del Sahel, realizzato dal Cesi e dal Cespi e presentato questa mattina presso il Ministero degli esteri italiano. Il servizio di Elvira Ragosta:
E’ una delle regioni più fragili del pianeta: i bassi indici di sviluppo umano, le criticità climatiche e il crescente processo di desertificazione si aggiungono a un’alta instabilità politica e di sicurezza. Intere zone dell’area sahelo-sahariana sono diventate fucina di un network di ispirazione jihadista e Mali e Niger risultano gli Stati più esposti. Marco di Liddo, analista del Cesi:
“I gruppi più pericolosi sono sicuramente al-Qaeda nel Maghreb islamico, la brigata al-Murabitun – le sentinelle del famoso Mokhtar Belmokhta – e scendendo più a sud, i gruppi Tuareg che hanno sposato un’agenda jihadista, fino a spingersi fino a Boko Haram, attore influente anche nel Sahel. Ciò che è avvenuto in Libia nel 2011, e quello che sta avvenendo ancora oggi, è frutto di una dinamica continua di scambio con il Sahel”.
Da qui, le proposte per un’azione mirata nella regione, attraverso la cooperazione internazionale e politica tra Europa e istituzioni locali e regionali. Marco Zupi, presidente del Cespi:
“Tradizionalmente, da una parte c’è la questione della sicurezza – il terrorismo che conosciamo in questi ultimi mesi, in questi ultimi anni – e dall’altra parte l’emergenza umanitaria, la fame nella regione del Sahel. L’obiettivo dello studio era proprio quello di indagare quanto queste dimensioni siano tra loro intrecciate e come dimensioni sociali, economiche, ambientali siano elementi strutturali a cui bisogna far riferimento per cercare delle risposte durature a problemi che sono reali, ma che trattati separatamente rischiano di riprodursi nel tempo. Serve un approccio integrato, quella che si chiama la coerenza delle politiche. Il Sahel sembra apparentemente lontano, ma il tema per esempio dei negoziati commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti hanno effetto sulle prospettive di sviluppo economico di quelle regioni”.
Le criticità della zona sono alte anche nell’ambito dei diritti e delle libertà delle popolazioni, come ricorda Gianni Ruffini, direttore di Amnesty International Italia:
“La situazione nella maggior parte dei Paesi della fascia saheliana negli ultimi anni è gravemente peggiorata dal punto di vista dei diritti umani. C’è di tutto: ovviamente l’uso della pena di morte, della discriminazione a carattere etnico, della discriminazione verso gli omosessuali, l’uso della tortura sistematico, dell’uccisione di civili da parte delle forze dell’ordine, di eserciti e di gruppi armati, dello stupro usato come arma di guerra e come semplice atto di prevaricazione sulla popolazione. C’è ll’uccisione di ogni opposizione, di ogni libertà di pensiero, di ogni libertà di espressione in quasi tutti i Paesi della zona. E’ una situazione che sta degradando gravemente, anche sulla spinta naturalmente del terrorismo e dei problemi di sicurezza. Dobbiamo affrontarla con molta serietà. E dispiace che l’Europa abbia perso in questi ultimi anni il ruolo che pure fino agli anni Novanta aveva saputo giocare nella regione, imponendo un’agenda di diritti umani. Oggi quell’agenda non c’è più”.
Fonte: Radio Vaticana