riesplodono le proteste in Tunisia
Nel decimo anniversario delle Primavere arabe, la Tunisia è di nuovo attraversata da proteste sociali che hanno toccato la capitale Tunisi e altri importanti centri come Sousse, Nabeul e soprattutto Siliana, dove il 15 gennaio si sono registrati violenti scontri tra forze dell’ordine e manifestanti, dopo che un video diffuso sul web mostrava un pastore oggetto di spintoni da parte della polizia perché il suo gregge era entrato in un edificio pubblico di Siliana.
Ancora una volta, la protesta si ricollega ai temi più cronici alla base del disagio tunisino: da un lato, una sfiducia generalizzata nei confronti della classe dirigente; dall’altro il malessere socio-economico dovuto alla crescente povertà, alla corruzione ancora forte, alla sperequazione interna e all’assenza di riforme strutturali. Debolezze croniche del tessuto sociale tunisino che sono state soltanto parzialmente intaccate nel decennio appena trascorso e che invece sono state acuite sia dalle crisi di governo degli ultimi anni, sia dalle misure di lockdown dovute alla pandemia da Covid-19. Questo combinato di criticità ha quindi contribuito ad alimentare un forte e diffuso senso di frustrazione sociale, portando nuovamente i tunisini a scendere nelle piazze per lamentare la condizione di indigenza a cui sono sottoposti. Inoltre, le nuove restrizioni, introdotte a partire dal 14 gennaio, decimo anniversario dello scoppio delle Primavere arabe, sono state duramente contestate dai manifestanti, i quali hanno visto imporsi un divieto di manifestazione per motivazioni sanitari fino al prossimo 24 gennaio. A ciò si aggiunge, infine, la rabbia popolare nei confronti delle forze dell’ordine, pilastro del regime benalista, e ritenute un simbolo di impunità, specie dopo l’episodio di prepotenza di Siliana. Non a caso, nel 2015 fu redatta una legge – non promulgata – che criminalizzava qualsiasi critica al loro operato.
Il portavoce delle Internal Security Forces, Walid Hkima, ha annunciato che gli arrestati sono oltre 600, molti dei quali giovani. Questa sensazione di immutabilità, nutrita dalle perduranti difficoltà socio-economiche, ha contribuito ad a fomentare un generalizzato senso di sfiducia popolare verso le istituzioni nazionali, che, ancora oggi, rappresentano uno degli elementi di mancato cambiamento avvenuto in vari settori della politica tunisina dopo la rivoluzione del 2011.