Possibile rimpasto di governo in Tunisia: è l’occasione giusta per superare la paralisi politica?
Secondo una fuga di notizie proveniente da alcuni partiti di opposizione, l’ex Primo Ministro Youssef Chahed, leader del partito politico Tayha Tounes, potrebbe sostituire l’attuale Premier Hichem Mechichi, dando vita ad un importante rimpasto di governo. Il cambio ai vertici dell’esecutivo sarebbe funzionale per permettere alla Tunisia di uscire dalla paralisi politica in atto da oltre 4 mesi, che sta seriamente compromettendo la stabilità di un Paese già indebolito dalla crisi economica, destabilizzato da problemi di disuguaglianze sociali e che fatica a dare seguito con riforme strutturali al processo di transizione democratica iniziato all’indomani delle Primavere Arabe del 2011.
La nomina di Chahed potrebbe essere un passo obbligato per uscire dall’impasse perché la sua figura incontra il sostegno del Presidente Kais Saied, nonché l’approvazione del Presidente del Parlamento Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista Ennahda. Una convergenza di posizioni non casuale, dato che alle origini dello stallo politico-istituzionale tunisino vi sono gli scontri e le tensioni frequenti tra i vertici istituzionali che hanno portato ad un vera e propria paralisi della governance nazionale.
Difatti, oggi il sistema politico tunisino è vittima dei personalismi confliggenti tra le principali cariche istituzionali (Presidente della Repubblica, Primo Ministro e Speaker del Parlamento). Appartenendo a fazioni partitiche avverse, tali figure sono portatrici di visioni politiche incongruenti che rischiano di causare immobilismo nel processo decisionale qualora vi sia assenza di dialogo e cooperazione. È esattamente quanto si è verificato dallo scorso 16 gennaio 2021, quando il Primo Ministro Mechichi, figura politica indipendente, ha proposto un rimpasto di gabinetto senza consultare preventivamente il Presidente Saied e incontrando la sua opposizione. Nonostante ciò, Mechichi ha attuato il rimpasto, licenziando 5 Ministri e affidando temporaneamente le loro mansioni ad altri organi di governo, senza che questi ricevessero l’investitura ufficiale del Presidente e dando dunque inizio alla paralisi politica.
Al contempo, Ennahda ha colto la palla al balzo per scagliarsi contro Saied, accusandolo di venir meno ai propri doveri costituzionali dopo che questi ha ripetutamente rifiutato di dialogare con gli altri partiti, nel tentativo di superare lo stallo politico. Difatti, il partito islamista ha supportato Mechichi nel rimpasto di governo, scelta che rientra nella sua volontà di ridurre il peso del Presidente tunisino tramite una modifica della Costituzione e della legge elettorale, così da rendere il Paese una repubblica a trazione parlamentare piuttosto che presidenziale. Di conseguenza, nonostante si proponga di svolgere un ruolo di mediazione, Ennahda sta de facto aggravando l’impatto della crisi, sperando di tirarne vantaggio per raggiungere i propri interessi, anche in una possibile prospettiva elettorale di medio periodo.
Parallelamente alla crisi politica è cresciuta la rabbia popolare, esplosa in nuove proteste. La pandemia da Covid-19 ha catalizzato e moltiplicato le criticità già presenti in Tunisia, rendendo insostenibile la crisi economica e portando il deficit nazionale all’11,3% del PIL. Tali fattori hanno spinto la popolazione a riscendere in strada, causando rivolte (in alcuni casi) violente e brutalmente sedate dalla polizia. Per far fronte al nefasto quadro economico, il governo ha già ottenuto un prestito di 300 milioni di dollari alla Banca Mondiale ed è nuovamente in trattativa con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per l’implementazione di un nuovo pacchetto di riforme di aggiustamento strutturale. Tuttavia, come già largamente successo in passato, le direttive internazionali del FMI promuovono misure di liberalizzazione economica, che comportano tagli della spesa pubblica per far fronte alla riduzione del debito. Prerogative che potrebbero acuire la crisi sociale e il risentimento popolare, soprattutto in assenza di un governo funzionante.
Di conseguenza, l’accondiscendenza di quasi tutte le parti politiche nei confronti della nomina di Chahed a sostituire l’attuale Premier Mechichi potrebbe permettere di trovare una qualche forma di stabilizzazione, offrendo al contempo uno spiraglio per uscire dall’immobilismo politico. Infatti, il Presidente Saied ha posto come precondizione la rimozione di Mechichi per riprendere un dialogo con i partiti e Ennahda sembra essere favorevole alla nuova nomina, nonostante l’atteggiamento ambiguo detenuto nell’ultimo periodo. Condizioni che permettono di far sperare a un ritorno del processo decisionale, necessario alla Tunisia ora più che mai per affrontare i suoi problemi economico-sociali, sempre più dilaganti.