Le fallite elezioni presidenziali emblema dello stallo politico in Iraq
Lunedì 7 febbraio, il Parlamento iracheno ha posposto a data da definirsi l’elezione del Presidente della Repubblica. I più importanti schieramenti politici del Paese, infatti, hanno boicottato la sessione di voto che non ha quindi raggiunto il quorum necessario per essere convalidata. All’interno di un quadro istituzionale già particolarmente complesso, questa carica – perlopiù cerimoniale – è riservata ad una personalità appartenente alla comunità curda e viene dunque espressa dai partiti politici che rappresentano questa minoranza nel Parlamento nazionale.
Questo fatto mette in luce due fratture politiche emerse nel sistema iracheno dopo le elezioni di ottobre 2021. In primo luogo, le divisioni tra lo schieramento curdo, che ha visto crescere al suo interno una divisione tra l’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), favorevole ad un secondo mandato dell’attuale Presidente Barham Saleh, e il Partito Democratico del Kurdistan (KDP), che si è espresso a favore della nomina dell’ex Ministro delle Finanze e degli Esteri, Hoshyar Zebari. Gli scontri crescenti tra i due partiti – emersi sin dalla morte dell’allora Capo di Stato Jalal Talabani nel 2018 – ha fatto venir meno quell’accordo informale che lasciava al PUK la scelta del Presidente della Repubblica e al KDP quella della Presidenza della Regione Autonoma del Kurdistan (KRG). Un processo che ha vissuto comunque toni molto aspri a causa delle accuse di corruzione mosse dalla Corte Suprema irachena nei confronti di Zebari e da lui rigettate come infondate e semmai avanzate per screditarlo politicamente.
Anche la seconda frattura emersa nello scenario politico iracheno – ovvero quella tra i partiti sciiti – ha impattato in maniera significativa su questa divisione interna allo schieramento curdo. A seguito delle elezioni dello scorso ottobre, infatti, è nata un’insolita alleanza tra il Movimento Sadrista (di ispirazione sciita), l’Alleanza per il Progresso (di matrice sunnita ed espressione del Presidente del Parlamento Mohammed al-Halbousi) e, infine, il KDP. Questi tre partiti politici potrebbero avere i numeri per eleggere come Presidente Hoshyar Zebari, il candidato sostenuto dal KDP, ma la sua nomina è ostacolata dal timore diffuso, soprattutto in ambiente sciita, che derogare la consuetudine che lascia al PUK la nomina del Presidente della Repubblica potrebbe mettere in discussione l’intero sistema di nomine e spartizioni politiche che caratterizza il sistema istituzionale iracheno.
La nascita di un blocco così eterogeneo, inoltre, ha avuto delle implicazioni sull’incapacità di formare un nuovo Governo non avendo i numeri sufficienti ad eleggere il nuovo Capo dello Stato, che per Costituzione deve incaricare il gruppo parlamentare maggioritario per formare il nuovo esecutivo. Il blocco formato da Sadristi, Alleanza per il Progresso e KDP possiede infatti 162 seggi su 219 necessari per ottenere la maggioranza qualificata di due terzi dei membri del Parlamento (329 totali). Una soglia che potrebbe aumentare sottraendo buona parte dei 45 parlamentati indipendenti, ma rimanendo comunque lontani dal quorum necessario. Tale situazione potrebbe invece condurre ad un ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, costringendo quindi le diverse parti ad assumersi l’onere di una scelta. Una situazione di questo tipo, però, potrebbe ridurre gli spazi di azione dei partiti sciiti vicini alle influenze dell’Iran nelle scelte del Governo e generando una situazione inedita all’interno del Paese. La stessa Repubblica Islamica, tramite alcuni suoi delegati, ha espresso dei timori riguardo questa possibilità chiedendo a Massoud Barzani, Presidente del KDP, di allearsi con i Sadristi solo a condizione di includere gli altri partiti sciiti presenti in Parlamento.
Tuttavia, il Movimento Sadrista potrebbe non essere realmente intenzionato a formare un Governo ristretto solamente ai sunniti di al-Halbousi e al KDP. Questi mesi di stallo, infatti, potrebbero essere interpretati come una strategia per permettere al Movimento di imporsi come leader del framework di coordinamento sciita, con il chiaro intento di escludere da esso la Coalizione dello Stato di Diritto dell’ex Primo Ministro Nuri al-Maliki. Anche sunniti e curdi, dato l’attuale contesto, sembrerebbero favorevoli ad accogliere almeno una parte di questo schieramento all’interno della coalizione di Governo. Per questo motivo, la sfida più grande per il Movimento Sadrista nel breve periodo sarà di diventare il leader del blocco politico sciita e di salvaguardare la stabilità del sistema istituzionale iracheno nel suo complesso. Contestualmente, il gruppo lavorerà per riservarsi uno spazio politico favorevole nella partita per la nomina del Primo Ministro.