Le elezioni generali in Palestina sono a rischio rinvio: la chiave passa da Gerusalemme Est?
Middle East & North Africa

Le elezioni generali in Palestina sono a rischio rinvio: la chiave passa da Gerusalemme Est?

By Angela Ziccardi
04.22.2021

Durante l’ultima riunione del Comitato Centrale di Fatah, tenutasi lo scorso 20 aprile 2021, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Mahmoud Abbas, ha ribadito il suo impegno nel far svolgere le prossime elezioni generali in tutti i Territori Palestinesi, compresa Gerusalemme Est. Lo scorso gennaio 2021, lo stesso Abbas aveva infatti annunciato che nuove elezioni legislative e presidenziali si sarebbero tenute rispettivamente il 22 maggio e il 31 luglio in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, dopo ben quindici anni dall’ultima chiamata alle urne. Tuttavia, il leader di Fatah ha posto come condizione dirimente il rispetto da parte di Israele dell’accordo, siglato nel 1995, riguardo al processo elettorale a Gerusalemme Est, aspetto fondamentale sul quale il governo israeliano continua ad astenersi e che, potenzialmente, potrebbe compromettere la regolarità e lo svolgimento delle elezioni il prossimo maggio.

L’accordo provvisorio israelo-palestinese è stato firmato a Washington il 28 settembre 1995 e comprende un allegato speciale relativo alle elezioni in Palestina, che garantisce il diritto al popolo palestinese di votare nella parte orientale di Gerusalemme, considerata da questi come la capitale dei Territori Palestinesi. Tuttavia, il riconoscimento da parte dell’ex Amministrazione Trump della città come capitale di Israele, avvenuto nel 2017, ha minato lo status palestinese di Gerusalemme Est e potrebbe autorizzare implicitamente Tel Aviv a venir meno al rispetto di quanto pattuito nel 1995. Difatti, ad oggi, l’ANP continua a chiedere con insistenza conferma alla controparte israeliana sul rispetto dell’accordo, senza aver ancora ricevuto risposta. Motivo che ha spinto la stessa Autorità palestinese a rivolgersi a Stati Uniti, Russia, Cina ed Unione Europea per chiedere di esercitare pressioni sul governo Netanyahu, affinché questi garantisca il diritto di voto ai cittadini arabi nella parte orientale della città, considerando anche il rinvio delle elezioni stesse in caso contrario.

La volontà di svolgere il processo elettorale in loco a Gerusalemme Est non è tuttavia legata soltanto al peso simbolico che il luogo ricopre per la comunità palestinese. Al contrario, sono anche motivazioni di natura politica che spingono Abbas – e più in generale Fatah – a fare pressione per garantire il corretto svolgimento delle elezioni nella zona. Difatti, i 340.000 abitanti dell’area est della città sono storicamente riconosciuti come una fucina di voti per Fatah, e l’impossibilità di garantirne il diritto alle urne potrebbe compromettere i risultati elettorali per il partito. Inoltre, secondo le ultime stime condotte dal Palestinian Center for Policy and Survey Research, ad oggi Fatah risulterebbe in vantaggio alle legislative di ben 13 punti percentuali rispetto ad Hamas, condizione che motiva ulteriormente l’attenzione del partito di Abbas sulla questione Gerusalemme Est.

D’altra parte, in questa situazione di incertezza gongola Hamas, che potrebbe attrarre maggiori vantaggi da un rinvio delle elezioni. Infatti, nonostante i due gruppi politici si siano incontrati lo scorso febbraio 2021 al Cairo per elaborare un piano di partenariato nazionale in vista delle elezioni di maggio, restano sempre molti i punti di collisione tra i due partiti, a partire dalle visioni contrastanti sulle posizioni politiche e giuridiche a Gaza e Ramallah, nonché sugli apparati di sicurezza tra Cisgiordania e Striscia di Gaza.

L’insistenza di Fatah sul diritto alle urne in presenza a Gerusalemme Est ricopre dunque un peso in primis politico per il partito, che ha bisogno dei voti dell’area per aspirare alla vittoria alle elezioni. Tuttavia, va detto che, anche in caso di voto diretto, varie problematiche logistiche nella città potrebbero compromettere la situazione, fermo restando che bisogna attendere il “responso” di Israele sulle elezioni. La leadership palestinese dovrebbe prendere una decisione finale entro una settimana, ma la non-risposta israeliana e il respingimento delle varie proposte arrivate dai mediatori internazionali per far fronte al problema – tra cui anche la possibilità di apertura delle loro rappresentanze diplomatiche a Gerusalemme per ospitare le urne elettorali, immediatamente respinta dall’ANP – non permettono di escludere un possibile posticipo delle elezioni di maggio, lasciando inalterato il triste trend di immobilismo elettorale in atto dal 2006.

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