Israele e Turchia verso un possibile miglioramento nelle relazioni bilaterali?
Mercoledì 14 luglio Ömer Çelik, il portavoce del principale partito politico turco, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), ha riferito che Turchia e Israele avrebbero concordato di lavorare per migliorare le proprie relazioni bilaterali. Tale intento sarebbe emerso dopo una telefonata che il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha rivolto al nuovo Capo dello Stato israeliano Isaac Herzog (12 luglio). Oltre a congratularsi con il leader per il suo insediamento, Erdoğan avrebbe sottolineato la “grande importanza” dei legami turco-israeliani per la sicurezza e la stabilità in Medio Oriente, affermando che, nonostante le varie differenze di opinione, sia necessario far proseguire il dialogo tra i due Paesi visto il forte potenziale di cooperazione in settori come l’energia, il turismo e la tecnologia. Affermazioni sicuramente importanti e positive, che potrebbero spingere i due Paesi a fare progressi decisivi nelle loro relazioni, raffreddatesi nel corso degli ultimi 10 anni.
Difatti, nonostante la Turchia sia stata il primo Paese a maggioranza musulmana a riconoscere lo Stato di Israele nel 1949 e vi abbia detenuto buoni rapporti dall’inizio, le relazioni tra i due Paesi hanno cominciato a deteriorarsi alla fine del 2008, con lo scoppio della guerra nella Striscia di Gaza, dove Ankara aveva lanciato un piano d’azione economico-sociale per la Palestina, supportando la soluzione dei due Stati. In seguito, nel 2010 i legami si sono totalmente rotti dopo che 10 attivisti turchi sono stati uccisi da un raid israeliano lanciato sulla Mavi Marmara, una nave di proprietà turca parte di una flottiglia umanitaria che cercava di portare aiuti e violare il blocco marittimo di Israele su Gaza. Nonostante vi sia stato un tentativo di riconciliazione nel 2016, le relazioni si sono nuovamente inasprite nel 2018 quando, con il riconoscimento da parte dell’Amministrazione Trump di Gerusalemme come capitale d’Israele, la Turchia ha richiamato il suo Ambasciatore da Tel Aviv ed espulso il rappresentante diplomatico israeliano per l’uccisione di decine di palestinesi che protestavano contro la mossa. Infine, l’ultima operazione israeliana contro Gaza dello scorso maggio non ha che ulteriormente bloccato i timidi sforzi di riconciliazione tra i due Paesi iniziati alla fine del 2020, portando il Presidente turco Erdoğan ad usare torni duri contro l’ex Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e a definire Israele uno “Stato del terrore”.
Tuttavia, se si esclude la causa palestinese, i due Paesi condividono molti interessi comuni su diversi fronti, che li hanno portati a mantenere aperto un canale di dialogo nell’ultimo decennio nonostante le diverse tensioni emerse. A cominciare dalle relazioni economiche, che non hanno risentito delle dispute regionali ma piuttosto si sono rafforzate durante la pandemia da Covid-19, visto che la prossimità geografica tra i due Paesi ha permesso loro di rafforzare i propri commerci in termini di import-export, superando almeno parzialmente le difficoltà che la pandemia ha causato in termini di traffico di merci su scala globale. Di conseguenza, una ripresa del processo di riconciliazione tra i due Paesi potrebbe incrementare ancor più i già solidi partenariati commerciali e dare soprattutto una mano all’economia turca, al momento costretta a fare i conti con gravi problemi di inflazione.
Al contempo, eventuali avanzamenti nelle relazioni turco-israeliane potrebbero permettere ad ambo gli attori un più efficiente utilizzo dei bacini energetici nel Mediterraneo Orientale. Infatti, nonostante il coordinamento israeliano con Grecia, Cipro e Egitto per lo sfruttamento dei giacimenti gasiferi – a cui recentemente si sono aggiunti gli Emirati Arabi Uniti sottoforma di interesse industriale per l’uso dei pozzi offshore – Tel Aviv non può non tener conto del posizionamento turco nell’area, soprattutto per quanto riguarda la commercializzazione del gas verso l’Europa. A tal proposito, il recente rinnovo del Memorandum di Intesa (MoU) tra Turchia e Libia per la delimitazione delle loro Zone Economiche Esclusive (ZEE) a largo delle coste libiche potrebbe ostacolare ulteriormente lo sviluppo di progetti di pipeline sottomarine tra Tel Aviv, Atene e Nicosia per collegare le riserve offshore di Israele e Cipro all’Europa continentale. Oltre a difficoltà logistiche e strutturali, tali progetti dovrebbero passare attraverso la ZEE rivendicata dalla Turchia, aspetto che ne impedirebbe la costruzione. Di conseguenza, un rilassamento dei rapporti tra Tel Aviv e Ankara potrebbe apportare anche risvolti positivi in tal senso, permettendo alle parti di cercare più facilmente un eventuale compromesso. Senza dimenticare che Turchia e Israele potrebbero approfittare di un eventuale disgelo per ridare slancio anche alle esportazioni strettamente bilaterali di gas, potenziando i propri commerci binari.
Infine, una ricucitura dei rapporti turco-israeliani potrebbe anche consentire ai due Paesi di lavorare di concerto per contenere l’Iran, considerato da entrambi come un attore pericoloso per la stabilità regionale. Senza omettere che tale riavvicinamento potrebbe aiutare la Turchia a rilassare le ultime frizioni emerse con gli Stati Uniti, alleati storici di Israele e sicuramente pronti ad accogliere favorevolmente tale intento di dialogo.
Di conseguenza, nonostante le divergenze di vedute sulla questione palestinese abbiano contribuito a un congelamento dei rapporti diplomatico-istituzionali, Israele e Turchia condividono un ampio range di interessi comuni, che partono dall’ambito strettamente economico per allargarsi a visioni comuni a livello regionale e nel quadrante geopolitico del Mediterraneo Orientale. Per questo, l’intento di Tel Aviv e Ankara di cercare di migliorare le proprie relazioni bilaterali potrebbe permettere ad ambo le parti di ricavare vantaggi tanto a livello domestico quanto estero, con possibili risvolti positivi nell’assestamento delle dinamiche regionali.