Il governo del Kuwait si dimette, la crisi politica continua
Nella giornata di martedì 5 aprile, il governo kuwaitiano guidato dal Premier Sheikh Sabah al-Khaled al-Hamad al-Sabah ha presentato le dimissioni al Principe Ereditario Sheikh Meshal al-Ahmad al-Jaber Al-Sabah anticipando così il voto di sfiducia che si sarebbe dovuto tenere in Parlamento questa settimana. Per la terza volta nell’ultimo anno e mezzo, infatti, il governo – in tutti e tre i casi guidato da Sheikh al-Sabah – ha dato le proprie dimissioni, certificando così l’attuale crisi politica in corso manifestatasi principalmente nei continui scontri tra potere esecutivo e legislativo. A poco sembra essere servito l’ultimo tentativo di nominare in alcuni Ministeri delle figure in parte gradite all’opposizione, cercando così un approccio più distensivo nei loro confronti.
La fine dell’esecutivo è stata anticipata da almeno due eventi significativi. All’inizio dell’anno, infatti, i Ministri dell’Interno e della Difesa avevano dato le proprie dimissioni denunciando che l’impossibilità di attutare le riforme (soprattutto quelle fiscali) era dovuta all’atteggiamento intransigente delle opposizioni. La scorsa settimana, invece, è stata effettuata un’interrogazione contro lo stesso Sheikh al-Sabah per via di una serie di presunte attività di corruzione e di cattiva gestione delle finanze pubbliche; un’interrogazione, questa, che fungeva de facto da preludio all’imminente crisi di governo.
Questa situazione certifica la complessità del momento vissuto dal Kuwait, ovvero un Paese che ha dovuto affrontare notevoli difficoltà economiche negli ultimi anni per via dell’abbassamento dei prezzi del petrolio e delle chiusure legate alla diffusione del coronavirus, soprattutto tra il 2020 e il 2021. Entrambi questi fattori hanno contribuito a far alzare il deficit nazionale al 16,6% senza che i policymakers locali fossero in grado di rispondere in maniera efficace. Il fatto che l’ampiamente dibattuto disegno di legge sul debito pubblico abbia trovato forte ostruzione (e che successivamente sia stato bloccato) non ha permesso al governo di poter accedere a nuovo debito. L’esecutivo è stato quindi costretto ad utilizzare una serie di strumenti di breve periodo al fine di mitigare gli effetti avversi della pandemia. Gli investitori internazionali e le agenzie di rating hanno però reagito con una certa preoccupazione. È il caso, ad esempio, dell’agenzia Fitch che ha abbassato il rating del Kuwait da “AA” ad “AA-”.
Alla luce di questi eventi è importante notare come il Parlamento del Kuwait si sia dimostrato un organo in grado di esercitare una forte opposizione sull’esecutivo a differenza di quanto avviene negli altri Paesi arabi del Golfo in cui la dimensione parlamentare è fortemente delegittimata. Ciò trova riscontro nella molteplicità di strumenti in suo possesso, come il blocco dell’iter legislativo, l’interrogazione dei Ministri e l’organizzazione di voti di sfiducia contro i principali rappresentanti del governo. Resta da capire, però, come questa crisi politica ed economica – in parte legata anche agli scontri interni alla famiglia regnante – possa trovare risoluzione nell’imminente futuro, anche alla luce dei recenti sconvolgimenti apportati dalla crisi ucraina in Medio Oriente.