Il futuro del commercio mondiale passa (anche) per l'Artico
Quando parliamo di arterie commerciali globali, pensiamo immediatamente alle rotte che passano per il Canale di Suez, Singapore o Panama. Eppure, nel futuro, il nostro atlante logistico potrebbe essere sconvolto da nuovi, importanti protagonisti, tra cui il Polo Nord e la Rotta Artica.
Per rotta artica si intende la rotta commerciale, principalmente marittima, che va dalla Norvegia ad Ovest, sino a Vladivostok e il Giappone a Est, navigando per tutta la lunghezza dell’artico russo.
Questa rotta, benché percorsa già da lungo tempo nel corso della storia, diventa sempre più importante grazie ad una serie di fattori, tra cui l’accrescere del ruolo dell’Asia nel commercio mondiale, gli avanzamenti tecnologici nel settore della navigazione e, non da ultimo, il riscaldamento climatico che la rende percorribile per periodi sempre più lunghi durante l’anno. La rotta artica, se resa praticabile con continuità, potrebbe avere il potenziale di rivoluzionare il commercio mondiale diminuendo sensibilmente il tempo di percorrenza via nave tra Oriente e Occidente dal 30% al 50%, riducendo in maniera importante anche i costi e permettendo di evitare i tradizionali chocke points, come il Canale di Suez, lo stretto di Ormuz o quello di Malacca, aree geo-politicamente molto sensibili.
Una prospettiva di questo tipo è ovviamente di fondamentale importante per diversi Paesi. La Russia, innanzitutto: la rivoluzione per questo Paese sarebbe di scala epocale, in quanto si troverebbe a controllare, per quasi la sua interezza, una delle rotte commerciali più importanti al mondo e, potenzialmente, anche le risorse che si trovano sul suo fondale. Lo US Geological Survey (USGL) stima che, all’interno della sola Zona Economica Esclusiva russa compresa nella rotta si trovi il 30% di tutto il petrolio sfruttabile dell’Artico e il 66% del gas totale. Le sanzioni americane e il calo del calo del prezzo del petrolio sono state sinora una barriera importante allo sfruttamento, ma un incremento dello scioglimento dei ghiacci potrebbe cambiare le carte in tavola.
La Cina, invece, parallelamente alla Via della Seta, avrebbe un importantissima occasione di differenziare le rotte del proprio commercio, sottraendole alla minaccia dei competitor regionali ed aumentandone così la sicurezza politica e commerciale. Ad Oriente, oltre la Cina, la rivoluzione coinvolgerebbe anche la Corea, attraverso il porto di Busan, o il Giappone, che vede come una delle principali minacce alla sicurezza nazionale il fatto che la quasi totalità del proprio fabbisogno energetico transiti attraverso lo stretto di Malacca e il Mar Cinese del Sud.
Questa rivoluzione però tocca anche Paesi Europei come Olanda, Norvegia, e Danimarca, che nutre un forte interesse per le possibilità generate dalla sua compagnia di bandiera Maersk, oppure la Germania che, attraverso il porto di Bremerhaven, punta a conquistarsi un posto significativo sulla rotta.
Peraltro, anche il Canada e gli Stati Uniti hanno forti interessi nell’area, attraverso le proprie basi nell’estremo Nord, in Alaska e sul cosiddetto Giuk Gap, ovvero il tratto di Oceano compreso tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito, che, dopo una perdita di importanza seguita alla fine della Guerra Fredda, ha riacquistato gradualmente la sua preminenza nelle strategie americane.
La Federazione Russa però, rimane il principale attore e la rilevanza strategica di questo progetto è tale che, a porvi le basi, è stato chiamato un personaggio di primo rilievo come Dmitrj Rogozin, ora Presidente dell’Agenzia Spaziale Russa, ma già Vice Primo Ministro della Difesa e Ambasciatore russo alla Nato. La società incaricata di controllare lo sviluppo delle infrastrutture invece è Rosatom, gigante dell’energia atomica che, attraverso Atomflot, costruisce anche i nuovi rompighiaccio classe “Artika” necessari a tenere la rotta aperta 365 giorni l’anno penetrando attraverso strati di ghiaccio spessi oltre 3 metri.
Gli snodi fondamentali della rotta sono quattro. Ad Ovest troviamo due centri portuali: San Pietroburgo, la seconda metropoli della Russia e importante città cantieristica, e, più a Nord, al confine con la Norvegia, la città di Murmansk. Già un hub per il commercio di carbone, pesce e metalli, Murmansk è diventata il sito del più grande progetto infrastrutturale della Russia: comprende strade, ferrovie, porti che la trasformeranno nella porta occidentale per la Rotta Marittima Settentrionale verso l’Asia. La porta Orientale invece, è costituita dalla città di Vladivostok, incastonata tra Cina, Corea e Giappone. Oltre alle infrastrutture commerciali e portuali già esistenti, vede lo sviluppo di un modernissimo centro di costruzione navale per bilanciare i cantieri di San Pietroburgo ad Ovest.
Inoltre la Federazione è in procinto di completare (anche con tecnologia italiana) il nuovo porto a Sabetta, nella Penisola di Yamal, nell’estremo nord siberiano, sede della più grande riserva di gas naturale della Russia: 55 trilioni di metri cubi, più del doppio di quelle del Qatar. Qui incontriamo Novatek, il più grande imprenditore privato di gas in Russia: Il porto di Sabetta è difatti anche sede del nuovo Yamal LNG Terminal, partecipato dalla francese Total e dalla China Development Bank, che, oltre all’export di idrocarburi, gestirà 30 milioni di tonnellate di merci all’anno, rendendo Sabetta l’attracco più grande del mondo a nord del Circolo Polare Artico.
Questa rotta è già funzionate, al punto che ad agosto scorso la metaniera rompighiaccio Christophe de Margerie, realizzata grazie ad una collaborazione tra Total e Novatek, ha consegnato gas norvegese da Hammerfest (Norvegia) a Boryeong (Corea del Sud) in 19 giorni. Il 30% del tempo in meno rispetto alla tradizionale rotta del Canale di Suez, e attraversando campi di ghiaccio spessi tra 1 e 2 metri. Inoltre la coreana Hyundai Merchant Marine prevede di testate la navigazione delle navi portacontainer lungo la Rotta Marittima Settentrionale nel 2020 con navi da 2.500/3.000 unità equivalenti a venti piedi.
Anche senza il gas, peraltro, il traffico interno tra porti russi vanta una crescita del 10%, annua e questo ci fa capire che l’investimento della Russia in ambito marittimo è solido e diversificato.
Un progetto di scala globale però deve, per forza di cose, avere partner globali: la Russia, anche al netto delle sanzioni occidentali, non avrebbe sufficienti fondi e soprattutto tecnologia per realizzarlo da sola. Qui potrebbero emergere delle importanti opportunità per il nostro Paese, sia in nicchie di mercato in cui siamo leader, sia di tipo strategico. Settore interessante è sicuramente la fornitura di know how e tecnologia per la costruzione di nuove infrastrutture e l’ammodernamento di quelle preesistenti (l’Italia è già presente in Russia con compagnie come Atlantia e FS), a cui si devono poi aggiungere le opportunità generate dai nuovi mercati che si aprono a settori come quello della pesca e del turismo, ma anche quello agricolo.
L’agroalimentare russo difatti non solo ha beneficiato del protezionismo garantito dal regime sanzionatorio, ma è in fortissima crescita, trasformando il Paese in uno dei maggiori produttori cerealicoli mondiali e sfruttando i nuovi porti al nord per inviare le merci in Asia. L’Italia qui ha un importantissimo ruolo da giocare sia nel campo della produzione, con il settore dei macchinari agricoli e delle serre, ma anche nel campo dei sistemi stoccaggio, conservazione e trasporto. C’è poi il turismo interno, in cui si è inserita Costa Crociere, o anche la pesca. Pesca che vale complessivamente 2,2 milioni di tonnellate di risorse acquatiche.
La cifra è in declino sul 2016 a causa della diminuzione del numero di navi da pesca e dell’obsolescenza di quelle esistenti. L’Agenzia Federale della Pesca, avendo ben presente queste vulnerabilità, ha avviato un importante progetto di modernizzazione, che il nostro settore cantieristico sta seguendo con interesse in campi come strumenti di navigazione, tracciabilità, e software per la gestione delle attività concernenti la pesca.
La prospettiva strategica, invece, è legata alla postura geo-strategica italiana. In uno scenario mondiale sempre più incerto, caratterizzato da guerre economiche e tensioni regionali, la possibilità di poter beneficiare di una rotta commerciale alternativa a quella di Suez, a cui collegare il cuore produttivo italiano e i suoi porti anche attraverso possibili progetti già in corso d’opera, come il corridoio Baltico-Adriatico, permetterebbe di diversificare non solo le rotte di approvvigionamento energetico, ma anche quelle dell’export, vero traino e linfa vitale della nostra economia, aumentando sia la sicurezza energetica che la nostra sicurezza economica e strategica e rendendo la rotta artica un progetto da monitorare sicuramente con occhio critico ma anche con grande spirito di opportunità per il nostro Paese.