ATLAS Siria: il caso Makhlouf fa emergere le tensioni tra Damasco e Mosca

ATLAS Siria: il caso Makhlouf fa emergere le tensioni tra Damasco e Mosca

By Ludovica Castelli, Denise Morenghi, Gianmarco Scortecci and Matteo Urbinati
05.07.2020

Etiopia: il rinvio delle elezioni acuisce le tensioni etniche

Il 4 maggio il Fronte popolare di liberazione del Tigrè (TPLF), principale referente dell’etnia tigrina (6% della popolazione), ha dichiarato la volontà di organizzare le elezioni parlamentari e regionali nella regione settentrionale del Tigrè per il prossimo agosto, opponendosi al rinvio sine die stabilito dalla Commissione Elettorale Federale la causa dell’emergenza legata alla pandemia da covid-19.

Il TPLF ha giustificato la propria posizione denunciando presunti vizi di costituzionalità circa il rinvio delle elezioni ed accusando il Premier Abiy Ahmed di volver utilizzare l’emergenza sanitaria per aumentare il proprio potere ed istaurare un regime dittatoriale.

In realtà, il TPFL teme che le prossime elezioni possano segnare un ulteriore ridimensionamento nel ruolo e nell’influenza politica della componente tigrina. Infatti, le consultazioni popolari per eleggere l’Assemblea Nazionale e gli organi regionali  sarebbero state il primo banco di prova per il nuovo Partito della Prosperità, formazione fondata da Abyi Ahmed con lo scopo di sostituire il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF) quale principale partito di potere nazionale e superare il principio dell’etno-federalismo. Questo cambiamento rappresenta l’ultimo tassello del programma politico di Ahmed, incentrato sulla ridefinizione degli equilibri etnici all’interno del Paese attraverso il ridimensionamento della vecchia élite tigrina e l’ascesa della nuova élite Oromo (35% della popolazione e prima etnia nazionale). Il TPLF si è pertanto dissociato dal neonato partito, opponendosi apertamente al Primo Ministro e accentuando nuovamente le tensioni etniche e il separatismo tigrino.

Alla crescita del radicalismo tigrino è corrisposto l’incremento della violenza perpetrata dai movimenti Oromo.  Infatti, questi ultimi hanno incrementato gli attacchi contro i tigrini, soprattutto nel nord del Paese. Ad oggi, il rischio dell’inasprimento delle tensioni istituzionali tra il TPFL e il governo di Ahmed e delle violenze etnico-settarie è in costante aumento e potrebbe alimentare ulteriormente il separatismo tigrino, con la possibilità di accensione di un focolaio di conflitto regionale nel nord del Paese.

Kashmir: ucciso il comandante di Hizbul Mujahideen

Mercoledì 6 maggio, le forze speciali indiane hanno ucciso Riyaz Naikoo, leader del gruppo di insorgenza Hizbul Mujahideen (HM). L’operazione ha avuto luogo presso il villaggio di Awantipora, appartenente al distretto di Pulwand, collocato nel Sud del Kashmir. Naikoo guidava HM dal 2016, in seguito alla morte di Burhan Wani, il carismatico leader kashmiri rimasto ucciso durante uno scontro con le Forze di sicurezza indiane nel luglio di 2016. Fin da subito, Naikoo ha giocato un ruolo fondamentale nel ricompattare le file tra le fazioni del gruppo dopo la morte di Wani, garantendo così ordine e continuità operativa.

Per cercare di evitare lo scoppio di manifestazioni di massa, così come era accaduto in seguito alla morte di Wani, le autorità indiane hanno bloccato l’accesso ad Internet, impedendo così che la notizia dell’uccisione del leader separatista diventasse virale. Tuttavia, scontri tra autorità e la popolazione locale si sono registrati in diverse aree della regione himalayana, durante i quali sono rimaste ferite circa 30 persone.

L’evento si colloca in un periodo estremamente complicato per la regione, che ha conosciuto un nuovo picco di violenze nel corso degli ultimi mesi per via del crescente malcontento della popolazione locale nei confronti delle autorità di New Delhi e di una nuova intensificazione delle attività dell’insorgenza kashmiri. La situazione ha iniziato a precipitare a partire dalla scorsa estate, in seguito all’annuncio da parte del governo indiano di revocare lo Status di amministrazione speciale al Kashmir e di estendere sul territorio la legge federale. Ora, l’uccisione di Naikoo apre nuovi interrogativi sulla futura riorganizzazione dei gruppi armati come Hizbul Mujahideen e della militanza nella regione. Da un lato, la perdita del leader potrebbe dettare una battuta di arresto alle attività dell’insorgenza, che si potrebbe trovare nuovamente senza una guida carismatica in grado di fare da collante interno alle diverse anime della militanza separatista anit-indiana. Dall’altro, la morte del giovane comandante potrebbe fomentare un’ondata di nuovo risentimento che potrebbe alimentare il processo di radicalizzazione di una parte dei giovani locali, aprendo una finestra di opportunità per il rafforzamento della presenza di Daesh nel territorio kashmiri.

Indonesia: posticipate le elezioni regionali

Lo scorso 4 maggio, il Presidente Indonesiano Joko Widodo ha deciso di posticipare le elezioni regionali, firmando un regolamento governativo con forza di legge (Perppu). L’appuntamento elettorale, dapprima previsto per il prossimo 23 settembre, è dunque rimandato a dicembre e passibile di ulteriori slittamenti, laddove non sussistessero condizioni di sicurezza sanitarie minime nell’attuale lotta all’emergenza Covid. Nei prossimi mesi, spetterà alla Commissione Elettorale valutare se l’imponente election day (con un totale di oltre 105 milioni di votanti chiamati ad eleggere 9 governatori, 37 sindaci e 224 incaricati distrettuali) possa essere svolto o meno sul finire del 2020.

La decisione è giunta dopo che il Paese del Sudest asiatico aveva superato i 12000 casi accertati di Coronavirus, nonostante capacità di campionamento piuttosto limitate. Il contagio avrebbe riguardato persino alcuni membri della citata Commissione. Così, il rallentamento dell’organizzazione burocratica si è sommato ai già presenti timori che il voto potesse costituire un veicolo di contagio. Del resto, la posticipazione delle elezioni si inserisce in una serie di provvedimenti restrittivi stabiliti dal governo indonesiano e dalla Task Force per la mitigazione del virus. Tra questi, il più significativo era stato il blocco delle migrazioni interne per i festeggiamenti di fine Ramadan (Eid al-Fitr).

La posticipazione delle elezioni si allinea, dunque, alla scia di misure che tentano di limitare il rientro dei cittadini nei villaggi delle zone rurali, per scongiurare un’amplificazione dei contagi. Tale scelta, tuttavia, potrebbe rappresentare un fattore di criticità per l’esecutivo di Widodo, che si trova a dover fronteggiare due pressanti crisi “gemelle”, sanitaria l’una ed economica l’altra. In Indonesia, infatti, inelle aree rurali l villaggio può fungere da sorta di ammortizzatore sociale informale, in quanto è il centro di un’economia informale a cui gli abitanti fanno riferimento in assenza di alternative o di difficoltà di accesso al più ufficiale mercato del lavoro regolamentato dallo Stato. Pertanto, in un momento in cui la pandemia ha fortmente messo in crisi la l’economia nazionale, l’impossibilità di molti lavoratori, soprattutto di quelli “alla girornata” che non possono accedere ai fondi assistenziali pubblici, potrebbero alimentare il malcontento nei confronti delle istituzioni di Giacarta. La prossima sfida per il governo sarà dunque quella di sostenere la popolazione per evitare che l’insoddisfazione per la gestione dell’emergenza sanitaria possa sommarsi alle critiche rivolte da larga parte della popoalazione all’operato dell’esecutivo nel corso degli ultimi sei mesi, ridimensionando ulteriormente i consensi per il Presidente Widodo nel secondo mandato di governo.

Siria: il caso Makhlouf fa emergere le tensioni tra Damasco e Mosca

Sabato 2 maggio, Rami Makhlouf, tra i più influenti uomini d’affari siriani, nonché cugino carnale del Presidente siriano Bashar al-Assad, è tornato al centro della cronaca internazionale. A catalizzare l’attenzione mediatica sono stati due video pubblicati da Makhlouf sul suo profilo Facebook, nei quali denuncia la campagna di arresti contro i suoi dipendenti e la violenta ingerenza dell’apparato governativo nei suoi affari.

L’accusa pubblica sembra confermare alcune indiscrezioni che vedevano Makhlouf agli arresti domiciliari già dall’anno scorso e, più in generale, fa emergere l’esistenza di forti tensioni all’interno della leadership di Damasco e nel rapporto tra Assad e i suoi alleati. Infatti, appare verosimile che i dissidi tra Makhlouf e Assad siano generati dalle insistenti pressioni di Mosca. Già dal 2017, il Cremlino, principale alleato di Damasco, aveva provato insistentemente a entrare in determinati settori dell’economia siriana, trovando una forte resistenza interna. Lo scopo di tale mossa è guidare la partita della ricostruzione del Paese, raccogliendo così finalmente i dividendi economici e politici dell’intervento militare.

I rapporti tra i due alleati si sono incrinati ulteriormente quando la Russia, di fronte alle resistenze di Assad, avrebbe richiesto una ricompensa di 3 miliardi di dollari per il sostegno militare concesso. Non potendo attingere alle casse siriane, Assad si è quindi visto costretto ad attingere alle risorse di Makhlouf, che controlla in vario modo circa il 60% dell’economia nazionale.

La vicenda fa emergere quanto le priorità di Assad e del Cremlino, una volta assicurata la salvezza del regime di Damasco, tendano a diventare sempre più divergenti, e quanto la partita della ricostruzione possa incidere sui futuri equilibri di potere siriani.