Alaska LNG Project: opportunità e strategie energetiche per l’Asia Orientale e il Sud-Est asiatico
Dal 19 al 30 marzo, il Governatore dell’Alaska Mike Dunleavy si è recato in Asia accompagnato da rappresentanti dell’Alaska Gasline Development Corporation (AGDC) e di Glenfarne Group per far visita a Taiwan, Thailandia, Corea del Sud e Giappone, tutti attori potenzialmente coinvolti nello sviluppo dell’Alaska LNG Project, iniziativa americana mirata ad aumentare le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) nella regione. Nel dettaglio, il progetto prevede la costruzione di un gasdotto lungo circa 1.300 km, che si snoderà dalla North Slope dell’Alaska per raggiungere la costa meridionale dello Stato federato. Qui il gas verrà liquefatto per poi essere esportato principalmente verso i mercati asiatici. Il progetto comporta un investimento di circa 44 miliardi di dollari, cifra significativa che ha spinto gli sviluppatori a cercare un supporto economico da parte degli attori asiatici, ancora relativamente scettici. In questo quadro, mentre Taiwan sembra aver dato pieno appoggio al progetto, gli altri Paesi coinvolti percepiscono lo sviluppo dello stesso come potenziale leva negoziale per mitigare gli effetti della politica commerciale protezionistica degli Stati Uniti.
Nel corso del viaggio la delegazione statunitense si è fermata a Taipei, dove è stata firmata una lettera di intenti con cui la CPC Corporation taiwanese ha confermato il suo interesse per il progetto, considerandolo vantaggioso per la stabilità delle risorse energetiche e per la riduzione di rischi e tempi di trasporto. Dunleavy, successivamente, si è recato in Thailandia e poi a Seoul, dove ha incassato il supporto del Ministro dell’Industria, Ahn Duk-geun, al progetto. Colloqui positivi sembrerebbero essere avvenuti anche in Giappone, dove la delegazione ha incontrato il Ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yoji Muto. L’iniziativa statunitense punta a produrre circa 99.1 metri cubi di gas al giorno, con l’avvio delle esportazioni di GNL previsto per il 2030. L’AGDC stima che ogni anno si possano esportare 20mtpa, in particolare verso i mercati asiatici. Per questo, Dunleavy ha voluto presentare l’Alaska LNG Project come un’alternativa alle consolidate partnership nel mercato del GNL. Nel 2024, il Giappone ha importato circa 65,8 mtpa di GNL. mentre Taiwan ha totalizzato circa 21,6 mtpa, entrambi con l’Australia come principale fornitore. La Corea del Sud ha importato 47,2 mtpa, in gran parte dalla Malesia, mentre la Thailandia ha registrato un quantitativo di 11 mtpa, con il Qatar come principale esportatore.
Nel complesso, il progetto americano risponde alla necessità di diversificazione delle fonti da parte degli attori asiatici, impegnati anche a ridurre la dipendenza dalla Russia. In particolare, il Giappone ha già ridotto le importazioni di GNL russo: nel 2024 ha acquistato 5,47 mtpa, il 7,29% in meno rispetto ai 5,90 mtpa del 2023. Anche la Corea del Sud segue questa tendenza ed entrambi i Paesi prevedono ulteriori tagli nei prossimi anni. In questo contesto, l’Alaska LNG Project potrebbe soddisfare interamente la domanda della Thailandia e quasi interamente quella di Taiwan, che ha già firmato la lettera di intenti per ottenere circa 6 milioni di tonnellate all’anno. Taipei, che dipende fortemente dal gas per la produzione elettrica, punta a contratti di lungo termine per compensare la chiusura di due reattori nucleari nel 2025, investendo in infrastrutture di rigassificazione e di stoccaggio di GNL. La vicinanza dell’Alaska rende il progetto particolarmente vantaggioso e rappresenta anche un’opportunità politica: rafforzare i legami con Washington per garantirsi il sostegno militare contro la Cina. Infatti, nello stesso periodo della firma della lettera di intenti, il Ministero della Difesa taiwanese ha pubblicato un rapporto che evidenzia la volontà di intensificare la cooperazione militare con gli Stati Uniti attraverso esercitazioni congiunte e scambi tra le rispettive intelligence.
La volontà di incrementare le importazioni statunitensi di gas è il risultato anche di altre valutazioni, tra cui la maggiore flessibilità dei contratti statunitensi che consentono agli acquirenti di rivendere il bene. Intanto, il Giappone è attivo anche in progetti alternativi, come il Mozambique LNG Project, a cui ha contribuito con un prestito da 3 miliardi di dollari nel 2020 per sviluppare il giacimento Golfinho-Atum, al largo della costa settentrionale. Questo progetto potrebbe coprire il 5% della domanda giapponese, ma ha subito ritardi a causa degli attacchi jihadisti di Al-Shabaab nella provincia di Cabo Delgado, rendendo il suo futuro incerto.
L’Alaska LNG Project offrirebbe dunque una potenziale soluzione per diversificare l’approvvigionamento di GNL nei mercati asiatici, con benefici possibili per i partner americani regionali come Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia. Tuttavia, è ancora prematuro valutare la redditività del progetto e stimarne i benefici concreti, considerando che la sua operatività non è attesa prima di cinque anni.