La criminalità organizzata al servizio della guerra ibrida russa
Russia e Caucaso

La criminalità organizzata al servizio della guerra ibrida russa

Di Giulia Lillo
18.09.2018

Il concetto di “guerra ibrida” russa si riferisce all’uso, da parte di Mosca, di un’ampia gamma di strumenti sia militari che non militari per tutelare i propri interessi nazionali attraverso azioni ostili che escludono situazioni di conflitto aperto. L’uso di strategie ibride da parte della Russia è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, costituendo il tratto distintivo dell’atteggiamento antagonistico del Cremlino verso l’Occidente. Nel contesto della guerra ibrida, la Russia ha usato molteplici strumenti di proiezione, propaganda e influenza, con un’enfasi dedicata ai mezzi non militari, quali la pressione economica, la diplomazia, l’utilizzo strategico dei media tradizionali e sociali. Lo scopo di Mosca è dividere e indebolire la NATO, rendere instabili i governi pro-occidentali, creare malcontento nelle società europee, garantire condizioni politiche favorevoli alla propria azione di politica estera. Tale strategia è applicabile grazie alla stessa conformazione del potere russo, fortemente verticistico e accentrato e in grado di controllare tutti gli assetti strategici sia pubblici che privati, in settori che includono anche economia e comunicazione.

Uno degli strumenti adoperati dal Cremlino per mettere in atto la propria strategia d’azione nel contesto della guerra ibrida è quello del canale della criminalità organizzata. Il crimine organizzato russo contemporaneo trae le proprie origini dal periodo sovietico, quando alcuni “apparatchik" (burocrati governativi) della “nomenklatura” instaurarono relazioni personali, reciprocamente vantaggiose, con il cosiddetto vorovskoi mir  (Lett. il “mondo dei ladri”). Il vertice della piramide del crimine organizzato durante l’epoca sovietica era costituito da membri del Partito Comunista e da funzionari statali che abusavano delle loro posizioni di potere e autorità. L’apparato statale non solo consentiva l’attività criminale, ma la supportava, la facilitava e la proteggeva, poiché l’apparato stesso beneficiava del crimine. Lo stesso Segretario Generale del Partito e Presidente dell’URSS Leonid Breznev possedeva una ricca collezione di automobili straniere, gioielli e opere d’arte procurategli dal famoso criminale Boris “Lo Zingaro”, amante di sua figlia.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, i mafiosi appartenenti alla vecchia scuola del vorovskoi mir e i loro voro v zakone (Lett. “ladri nella legge”, vale a dire criminali che seguivano un codice di comportamento) furono seguiti da una nuova generazione di avtoritety (“autorità”), ossia gangster che, nelle vesti di uomini d’affari, sono stati in grado di approfittare delle fragilità dello Stato durante l’era di Yeltsin. Grazie alla stagione della privatizzazione selvaggia degli assetti statali iniziata in Russia nel 1992, gli avtoritety ampliarono e rafforzarono la propria influenza e ricchezza, saldando ulteriormente i rapporti con le autorità statali. Infatti, costoro erano gli unici che disponevano del capitale necessario per finanziare le scalate degli oligarchi, proteggere le loro acquisizioni e controllare il proficuo mercato nero che proliferava nella Russia yeltsiniana. In sintesi,  grazie alle sue connessioni con la burocrazia e con l’economia sommersa, la criminalità organizzata ha preso parte a quello che è diventato lo schema estremamente redditizio della privatizzazione.

Partendo da questi presupposti, il crimine organizzato in Russia si è evoluto fino alla sua attuale e ambigua posizione, che vede ancora una diretta collaborazione con lo Stato. Tuttavia, mentre nella Guerra Fredda l’apparato di potere statale sosteneva soltanto i gruppi criminali ideologicamente vicini al Cremlino, con la fine dell’URSS e il consolidamento di un approccio pragmatico, le istituzioni russe hanno cominciato a sfruttare movimenti di diverso orientamento politico, con l’obiettivo di abbattere le divisioni e creare una solida base di supporto.

Il crimine organizzato, quindi, non è mai stato un fattore esterno al sistema politico ed economico russo, bensì c’è sempre stata sovrapposizione e connessione tra il governo e le reti criminali, il cui ruolo è stato determinante sin dalle prime fasi del processo di ricostruzione di una “nuova” Russia a seguito del crollo dell’URSS. Lo Stato russo è altamente criminalizzato e la compenetrazione dell’ underworld criminale all’interno dell’upperworld politico ha portato il regime a sfruttare i criminali come strumenti della sua azione. Ciò che rende il RBOC (Russian-based organized crime) una realtà particolarmente complessa è la crescente evidenza della connessione che esiste tra questi network criminali e l’apparato di sicurezza del Cremlino, riscontrabile nelle relazioni con il Foreign Intelligence Service (SVR), l’intelligence militare (GRU), e il Federal Security Service (FSB).

I criminali provenienti dalla Russia sono attivi in ​​tutta Europa come lupi solitari, membri di gruppi  sia omogeneamente russi sia multi-etnici (russo-georgiani, russo-azeri, russo-ceceni). L’elemento dell’appartenenza etnica è fondamentale, tanto da spingere le organizzazioni del RBOC ad operare  nei luoghi in cui è presente una vasta diaspora russa, caucasica o centrasiatica, come i Balcani Occidentali, la Costa del Sol spagnola, Cipro e Riga. La presenza di cellule RBOC si verifica spesso lungo le rotte utilizzate per i traffici illeciti, specialmente nei nodi strategici come i porti o le grandi città, dove le merci sono suddivise in carichi più piccoli per la rivendita. Infatti, RBOC è emerso come un fornitore all’ingrosso di una varietà di beni per l’Europa. Basti pensare che circa un terzo dell’eroina afgana raggiunge ora il continente europeo attraverso la cosiddetta “rotta settentrionale” che attraversa la Russia. Oltre al flusso di stupefacenti, le organizzazioni criminali russe sono attive nel contrabbando di merci contraffatte, flussi di migranti, sfruttamento della prostituzione. Oltre a ciò, il RBOC ricicla il denaro sporco guadagnato nei mercati europei in Russia, sfruttando un sistema finanziario noto per la sua scarsa probità.

Le connessioni con lo Stato russo e gli apparati di intelligence e sicurezza governativi e la presenza sul territorio europeo rendono il RBOC uno strumento flessibile ed efficace per le azioni del Cremlino nell’ambito della guerra ibrida. Nello specifico, diverse sono le attività che Mosca può commissionare agli esponenti del crimine organizzato. Innanzitutto, i criminali possono essere assoldati per eseguire omicidi di personalità rilevanti quali ex spie, giornalisti anti-governativi, oppositori politici e imprenditori o oligarchi invisi alla cerchia di potere statale. In secondo luogo, gli elementi del RBOC, qualora dispongano di spiccate capacità informatiche, possono essere utilizzati per la conduzione di operazioni di cyber-warfare, incluse violazioni di archivi e banche dati, sottrazione di informazioni preziose o attacchi a reti e infrastrutture critiche. Come se non bastasse, l’abilità di muoversi attraverso i canali finanziari legali ed illegali permette alla criminalità di movimentare ingenti quantità di denaro e aggirare gli ostacoli e le limitazioni poste in essere dal regime sanzionatorio imposto al Cremlino dopo l’annessione della Crimea. Infine, grazie al controllo del territorio e alle reti di contatti con le criminalità locali dei singoli Paesi europei, le organizzazioni russe possono partecipare ad attività che rientrano sotto l’ombrello delle cosiddette “misure attive” (aktivnyye meropriyatiya), ossia le operazioni illegali all’estero di FSB, GRU e SVR. Tra queste, possono essere menzionate l’esfiltrazione di individui di alto valore politico o militare, l’influenza e il controllo sulle comunità russe all’estero, il monitoraggio e la sorveglianza di soggetti posti sotto osservazione.

La Russia utilizza il RBOC per minimizzare i costi delle operazioni e i rischi politici derivanti dall’assunzione di responsabilità diretta di determinate azioni illegali. Questo porta a risultati efficienti in qualsiasi questione di stampo politico ed economico a livello internazionale e fornisce consistenti benefici agli obbiettivi di penetrazione del Cremlino.

Lo sfruttamento da parte di Mosca dei gruppi di criminalità organizzata come strumento di attività di intelligence e influenza politica è un problema che potrebbe acuirsi nel caso in cui continuasse la campagna russa volta a minare la stabilità dei Paesi occidentali. I membri del Unione Europea e della NATO nel suo insieme dovrebbero sviluppare risposte più efficaci e olistiche alla minaccia, considerando RBOC una criticità alla sicurezza internazionale e adottando misure per combatterlo, concentrandosi sull’indebolimento dei punti cardine del potere criminale, ossia il contrabbando e il riciclaggio di denaro, sulla condivisione delle informazioni tra agenzie di sicurezza e forze dell’ordine e accettando la necessità di destinare maggiore capitale politico ed economico alle attività di contrasto.

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