Dall’Iran alla Turchia: come la Cina si muove in Medio Oriente
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Dall’Iran alla Turchia: come la Cina si muove in Medio Oriente

Di Giuseppe Palazzo
30.03.2021

Dal 24 al 30 marzo, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha compiuto un tour diplomatico toccando vari Paesi del Medio Oriente. Negli incontri in Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Oman, Bahrain, il rappresentante cinese ha firmato diversi memoranda e accordi di cooperazione bilaterale a carattere strategico.

L’intesa che ha fatto più notizia tra tutte è stata sicuramente quella firmata con la Repubblica Islamica d’Iran. L’accordo tra Teheran e Pechino delinea una roadmap venticinquennale in cui i due Paesi s’impegneranno a collaborare in diversi settori strategici: dal settore nucleare all’energetico, dalla cooperazione commerciale a quella sulla Difesa. Con un investimento stimato pari a circa 400 miliardi di dollari, la Cina sarà in prima linea nello sviluppo delle infrastrutture energetiche iraniane così come nel settore delle telecomunicazioni e delle infrastrutture logistiche (in primis i porti). L’accordo, procrastinato per diversi mesi, rappresenta il consolidamento di un’intesa pragmatica, sulla quale Teheran e Pechino sembrano aver puntato per contrastare la politica degli Stati Uniti nei rispettivi confronti. Se da parte iraniana la sponda con la Cina risponde al tentativo di aggirare e in un certo senso superare il contesto di “massima pressione” lasciato in eredità dall’Amministrazione Trump al suo successore Biden, per Pechino l’accordo vuole essere un modo non solo per rilanciare l’intesa con la Repubblica Islamica, ma anche per attestare il proprio ruolo in un quadrante tanto strategico come quello mediorientale. La partnership sino-iraniana in questo senso, s’inserisce in un contesto estremamente delicato nel quale gli equilibri regionali rendono complicato per gli attori esterni il compito di instaurare relazioni positive con attori tra loro rivali.

Dopo l’Iran, Wang Yi ha proseguito il suo viaggio tra Penisola arabica e Turchia. In Arabia Saudita, il Ministro degli Esteri cinese ha stretto una nuova intesa con Riyadh in ambito petrolifero, tanto da far affermare al Ceo di Saudi Aramco, Amin H. Nasser, che la sicurezza energetica di Pechino è una “priorità per i prossimi 50 anni ed oltre” per il regno saudita; in Oman, altresì, è stata firmata una partnership riguardante la cooperazione energetica ed economica nel contesto della Belt and Road Initiative e della Oman’s 2040 Vision; infine, con gli Eau è stato definito non solo il rafforzamento della presenza di Huawei, ma è stata trovata un’intesa per la produzione del vaccino cinese Sinopharm, rendendo Abu Dhabi il centro regionale della cooperazione sanitaria sino-araba. La natura e l’espansione degli interessi economici ed energetici cinesi è un tema cruciale per la regione mediorientale.

In primo luogo, la Cina persegue soprattutto obiettivi di natura economico-energetica, lasciando ai margini temi che possono mettere in pericolo l’equilibrismo cinese tra le rivalità regionali, come la cooperazione strategica e le alleanze militare. Tuttavia, la crescente cooperazione militare con l’Iran può costituire motivo di preoccupazione per il blocco israelo-sunnita. Infatti, Tel Aviv, che vanta importanti relazioni commerciali e portuali con la Cina, nonché il Presidente statunitense Joe Biden, hanno fatto trasparire la loro preoccupazione nei confronti dell’accordo sino-iraniano.

In ogni caso, la solidità dell’intesa tra Pechino e Teheran non va esaltata oltre misura: il preminente obiettivo cinese in Iran e nel Golfo non è quello di ergersi a mediatore di crisi, ma di assicurarsi i rifornimenti petroliferi e gasiferi da cui dipende sia da Riyad (per 1/5 del suo import) sia dall’Iran (le cui importazioni sono di più difficile calcolo poiché avvengono tramite Paesi terzi). Inoltre, come già affermato sopra, le relazioni tra Cina e Iran sono storicamente strumentali rispetto al confronto con gli Stati Uniti, in quanto mirano soprattutto ad aumentare la profondità negoziale che questi Paesi possono porre sul tavolo nei confronti di Washington.

Infine e non meno rilevante vi è un aspetto strategico da considerare. Il viaggio di Wang Yi, avvenuto a poche settimane di distanza dalle visite USA in Giappone e Corea del Sud da parte del Segretario di Stato Antony Blinken e del Segretario alla Difesa Lloyd Austin, segnala anche un importante tentativo cinese di cambiar rotta alla propria tradizionale impostazione nella gestione degli affari esteri. Se da almeno un decennio Washington agisce in Asia in un’ottica di contenimento delle aspirazioni cinesi proponendo al contempo ai Paesi partner una prospettiva alternativa alle politiche di Pechino, la Cina guarda a Occidente e nella fattispecie all’area MENA per ampliare la sua profondità strategica andando direttamente a rintuzzare gli interessi statunitensi nelle aree storicamente appannaggio del suo leverage geopolitico.

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