L'accordo tra il governo di Manila e il Moro Islamic Liberation Front
Asia e Pacifico

L'accordo tra il governo di Manila e il Moro Islamic Liberation Front

Di Antonio Mastino
18.11.2012

Lunedì 15 ottobre il governo di Manila, presieduto da Benigno Aquino III, e i portavoce del Moro Islamic Liberation Front (MILF) hanno dichiarato di aver siglato un accordo per una tregua duratura che ponga fine alle ostilità nell’isola meridionale di Mindanao. Le trattative per tale intesa, che non è la prima tra le parti, avevano subito un’accelerazione nel mese di aprile grazie al definitivo passo indietro da parte del MILF sulla volontà di creare uno Stato indipendente a maggioranza musulmana nel Sud del Paese, la Repubblica di Mindanao.

Mindanao è la maggiore isola nella parte meridionale dell’arcipelago delle Filippine, una zona a maggioranza musulmana che racchiude la maggior parte delle risorse naturali del Paese, tra cui ingenti miniere aurifere, ed è sotto esplorazione per la ricerca d’idrocarburi vista la prossimità ad altre aree molto ricche come lo Scarborough Shoal. L’isola, però, non ha mai potuto godere di uno sviluppo economico congruo alle proprie potenzialità a causa della situazione di conflitto al suo interno che dura da più di 40 anni e ha causato circa 120 mila vittime. Il costante scenario insurrezionale l’ha slegata completamente dal resto del Paese che ha fatto registrare una crescita economica nel 2010 del 7,6%, con una flessione al 3,7% nel 2011. Infatti, episodi di guerriglia da parte sia del MILF che di altre milizie minori, come attentati e rapimenti a scopo di estorsione hanno negli anni impedito la stabilità minima per attirare investimenti sia nel settore estrattivo (si parla di risorse minerarie per un valore più 1.000 miliardi di dollari) che in quello mercantile, nonché gli investimenti nel settore agricolo, giacché la fertilità della terra nell’isola attira l’attenzione di diverse compagnie saudite e degli Emirati Arabi che vi si vorrebbero inserire.

Il MILF è gruppo di guerriglia islamico sunnita che, come accennato, ha combattuto il governo delle Filippine per ottenere l’indipendenza del Mindanao. Esso nacque formalmente nel 1984, fondato da alcuni fuoriusciti del più antico Moro National Liberation Front (MNLF), che già dal 1969 compiva operazioni di guerriglia per creare uno Stato indipendente per l’etnia Moro, separata culturalmente dal resto del Paese e unita alle Filippine solamente dal periodo coloniale in poi. La scissione si consumò poiché alcuni membri dell’MNLF non accettarono il trattato di pace stipulato nel '76 tra l’allora governo del Presidente Ferdinand Marcos e il MNLF, ottenuto grazie alla mediazione dell’allora leader libico Gheddafi. Fu, questo, il primo di una serie di accordi volti a una maggiore autonomia delle regioni a maggioranza musulmana e, in seguito a diversi accordi successivi, alla creazione nel 1996 dell’Autonoma Regione nel Mindanao Musulmano (ARMM) che comprendeva le province di Basilan, Lanao del Sur, Maguindanao, Sulu e Tawi-Tawi. La creazione dell’ARMM non portò alla cessazione delle ostilità e, anzi, segnò il rafforzamento del MILF, rendendo necessario un superamento dei precedenti trattati. Ciò si è esplicitato, nel 2008, in un nuovo accordo, il Memorandum of Agreement on Ancestral Domain (MOA-AD), che in teoria avrebbe dato ulteriore autonomia e estensione territoriale all’ARMM, ma che fu bocciato dalla Corte Costituzionale filippina.

Questo nuovo accordo è nato grazie anche all’intermediazione di un Gruppo di Contatto Internazionale creato appositamente nel 2009 e composto da Regno Unito, Giappone, Turchia, Arabia Saudita e le rappresentanze di quattro ONG, l’Asia Foundation, il Centro per il Dialogo Umanitario, il Conciliation Resources e l’indonesiana Muhammadiyah. Esso prevede la costituzione, dopo un periodo di transizione che si esaurirà nel 2015, della Regione Autonoma del Bangsamoro in sostituzione dell’ARMM che, rispetto al precedente, acquisirà diverse aree circostanti che nel 2001 votarono per un plebiscito di annessione alla vecchia Regione Autonoma e tutte le province che, tramite nuovi plebisciti, voteranno a maggioranza qualificata l’annessione al Bangsamoro. Tale Regione avrà istituzioni largamente autonome e una legislazione, la cosiddetta “Basic Law”, differente da quella del resto del Paese e basata fondamentalmente sulla Sharia, mentre il potere giudiziario sarà amministrato da apposite corti islamiche, almeno per gli abitanti di fede musulmana. L’amministrazione locale, inoltre, potrà esigere tributi, tasse e altri oneri ulteriori, previo accordo con il governo centrale e la condivisione dei ricavi ottenuti da “esplorazione, sviluppo e sfruttamento delle risorse naturali”. Infine, il Bangsamoro avrà la facoltà di creare propri enti per il controllo della contabilità, ma con il riconoscimento dell’autorità dell’organo di verifica dei conti dello Stato filippino.

Il trattato potrebbe rappresentare seriamente un punto di approdo dopo la crisi delle relazioni tra MILF e Manila seguite alla bocciatura del MOA-AD e, se da un lato potrebbe essere l’inizio di un processo di sviluppo economico, dall’altro una pacificazione dell’isola di Mindanao sarebbe funzionale in termini strategici. Infatti, una riduzione o un abbattimento definitivo della pressione militare interna permetterebbe alle Forze Armate delle Filippine di concentrare le proprie risorse nella difesa del territorio da ipotetici attacchi esterni, cosa che si rende necessaria a causa della recente escalation della tensione con la Cina, causata dalla disputa sulle aree dello Scarborough Shoal e della Reed Bank. A tal proposito, Manila ha rafforzato la partnership strategica con gli Stati Uniti e ha lanciato un programma di procurement militare che si è esplicitato, tra l’altro, in un MoU (Memorandum of Understanding) firmato il 10 novembre con il Canada, relativo al futuro supporto dell’industria canadese al settore della Difesa filippino. Inoltre, il Paese asiatico ha lanciato negli ultimi anni vari programmi di acquisizione di armamenti, tra cui uno già concluso che ha visto la vendita dalla Francia di cinque Patrol Boat (quattro da 24 m e una da 82m) per la Guardia Costiera filippina, per un valore di 116 milioni di dollari. A livello aeronautico, le Filippine hanno intenzione di procedere all’acquisto, dilatato nei prossimi anni per questioni di budget, di 10 elicotteri d’attacco - competizione nella quale potrebbe essere selezionato l’AW129 Mangusta italiano -, di 12 velivoli addestratori con capacità di attacco al suolo, di 2 aerei da pattugliamento marittimo da lunga percorrenza, di 3 aerei da trasporto medi e di 3 radar da terraferma.

Ad ogni modo, la pacificazione della Regione di Bangsamoro e dell’intera isola di Mindanao, nonché di tutta la parte meridionale dell’arcipelago, sarà vincolata all’effettivo disarmo di tutte le milizie, un esercito di 11 mila unità, e al contenimento di altri gruppi minori d’insorgenza che non solo lottano contro il governo, ma combattono lo stesso MILF per il controllo di alcune aree. Tra questi, i più influenti sono il Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), una milizia fuoriuscita che opera sempre nell’area di Bangsamoro e che non ha accettato né l’intesa del 2008 né quest’ultima del 2012, e il gruppo Abu Sayyaf, fondamentalista e legato al network di al-Qaida che opera prevalentemente nelle isole di Jolo e di Basilan. La completa pacificazione di Mindanao, dunque, anche alla luce dell’attacco del BIFF del 20 ottobre in cui sono morti due membri del MILF, non è legata esclusivamente agli accordi tra governo e MILF. È probabile che la linea ufficiale di questi ultimi rispetterà gli accordi con il governo, per quanto sia tutta da verificare la disciplina dei ranghi inferiori delle milizie, poiché già nel 2008, prima della bocciatura del MOA-AD da parte della Corte Costituzionale si verificarono violenze sulla minoranza cristiana da parte di miliziani, nonostante la tregua dichiarata. Anche in questo caso è possibile qualche defezione nei ranghi ed è plausibile anche uno scenario che vedrebbe il BIFF reclutare fuoriusciti dal MILF che non accettano l’autonomia da Manila e che ambiscono a un’indipendente Repubblica Islamica di Mindanao. Un’eventuale ulteriore escalation della tensione con la Cina, inoltre, potrebbe portare ad una riorganizzazione delle priorità nazionali e costringere Manila a spostare l’attenzione sullo Scarborough Shoal e a focalizzarsi su scenari “esterni”.

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