Svolta nel conflitto contro l'Is: liberata Mosul Est

Svolta nel conflitto contro l'Is: liberata Mosul Est

18.01.2017

Dopo tre mesi di dura offensiva, le autorità irachene hanno annunciato di aver ripreso il controllo di Mosul Est, segnando un momento di svolta nel conflitto contro il sedicente Stato islamico. Il premier Al Abadi grida alla vittoria, ma per alcuni restano edifici occupati, oltre a tutta la parte Ovest di Mosul dove ora si concentra la resistenza jihadista. Gli Stati Uniti però promettono l’invio di nuove truppe per accelerare la caduta dell’Is. Cecilia Seppia:

Spaccatura all’interno dello Stato Islamico
Tre  mesi di combattimento strada dopo strada, casa per casa, a segnare col sangue ciascuno i propri successi, poi l’annuncio: la sponda sinistra di Mosul, cioè la parte ad Est del Tigri è stata liberata quasi del tutto dalle mani dell’Is. Un’offensiva durissima quella condotta dai soldati iracheni appoggiati dall’Iran e dai raid della Coalizione internazionale a guida Usa, ma i jihadisti si stanno già fortificando ad Ovest del fiume per l’ultima disperata resistenza. Bernard Selwan Khoury, direttore di Cosmonitor:

“È vero che adesso i jihadisti stanno fuggendo verso la parte Ovest e non a caso le forze irachene si stanno concentrando proprio su quelli che sono i ponti che collegano le due sponde della città di Mosul. Ma c’è un punto che va a vantaggio delle forze irachene: si sta evidenziando qualcosa che si era già evidenziata negli ultimi mesi, vale a dire una forte spaccatura all’interno dello Stato islamico dovuta ovviamente a quella che è la sconfitta subita su diversi fronti e alla fuga generale di massa a cui si stanno dando soprattutto i foreign fighters che si trovavano a Mosul al fianco dello Stato islamico. Notizie locali, riprese da agenzie e stampa locali e irachene parlano proprio di defezioni di massa, ma soprattutto parlano di scontri interni”.

La riconquista dell’Università
Un successo, la liberazione della parte Est di Mosul che non sarebbe stato possibile senza l’assalto, pochi giorni fa alla Mosul University, roccaforte e polo dell’intelligence jihadista:

“La riconquista di questa università ha quindi questo duplice valore, militare e culturale; ricordiamo che oltre ad essere stata sede, alloggio di importanti leader dell’organizzazione, è proprio qui che le forze di sicurezza irachene stanno ritrovando registri e documenti importanti dell’organizzazione come, ad esempio, alcuni passaporti di foreign fighters. Quindi anche da un punto di vista di intelligence e soprattutto di ricostruzione di quelle che sono le dinamiche interne all’organizzazione, la conquista di questa università segna un punto di svolta importante, oltre che ridare alla città il suo polo culturale”.

Il bilancio dei combattimenti
Cade così un simbolo del terrorismo jihadista, la città dell’Iraq che ha dato i natali al Califfato di Al Baghdadi ma le cifre di questa battaglia fanno tremare più che esultare: 2000 le perdite tra i soldati iracheni, centinaia le vittime civili, 160 mila sfollati di cui 32 mila solo nelle ultime due settimane. E proprio ad Ovest i combattenti del Daesh minacciano la popolazione che cerca di fuggire verso le linee dell’esercito di Baghdad. Solo pochi giorni fa ad una tv libanese il racconto di testimoni che hanno visto dare alle fiamme una donna e i suoi 4 figli di fronte ad un gruppo di profughi per impartire la lezione che da Mosul non si deve uscire:

“Si è arrivati a questo sì. E questo numero di profughi si è avuto con l’intensificarsi di questa operazione, perché, già nel dicembre scorso, si parlava di un numero nettamente inferiore – 80 o 90mila sfollati – e quindi questo dato, questa comparazione dei dati, ci fa capire quanto sia tragica la situazione dal punto di vista umanitario, tanto che, già lo scorso dicembre, la cooperazione italiana del Ministero degli Esteri aveva disposto un importante pacchetto di interventi di soccorso per un importo di circa cinque milioni di euro. Oggi la situazione è ancora più grave; lo conferma anche la sezione di Unicef Italia, che parla addirittura della presenza di 52mila bambini. Questo aggrava molto di più la situazione. È ovvio che nel momento in cui questa operazione dovesse essere portata a termine, il governo iracheno, con il sostegno importante della Comunità internazionale, avrà tra le sue principali priorità quella di gestire la quesitone umanitaria, il ritorno degli sfollati e soprattutto delle migliaia e migliaia di bambini che ci sono”.

Presto per dire che l’Is è stato sconfitto
Con la perdita di Mosul il Califfato in Iraq sarà ridotto a poche decine di migliaia di chilometri quadrati  lungo l’Eufrate e nel deserto. In Siria invece controlla ancora quasi 100 mila chilometri quadrati: qui, non solo resiste ma continua ad attaccare senza scrupoli: a Nord di Raqqa, A Deir ez-Zor, dove gli islamisti hanno lanciato una massiccia offensiva per riprendere la base aerea e i quartieri cristiani adiacenti, che resistono all’assedio da tre anni. Un incubo quello jihadista che è tutt’altro che finito, come molti pensano.Andrea Margelletti, Presidente del Centro Studi Internazionali:

“La questione dell’Is è molto più complessa; non si tratta solamente di una problematica territoriale. L’Is è prima di tutto un modello e in quanto tale ha già più volte cambiato forma ed è stato esportato in numerose aree del mondo. Spesso, si fa confusione tra il territorio che l’Is gestisce tra Iraq e Siria e le capacità dell’Is di essere sull’offensiva non solo in Medio Oriente ma ovunque nel mondo. Credo che sia ancora molto, molto presto per dire che l’Is è sconfitto”.

Fonte:RadioVaticana

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