Siria: Palmira strappata all'Is. Stallo dei negoziati a Ginevra

Siria: Palmira strappata all'Is. Stallo dei negoziati a Ginevra

02.03.2017

In Siria, la città di Palmira è stata totalmente liberata dai miliziani del sedicente Stato Islamico. La conferma viene dall’esercito di Damasco, che nell’operazione è stato appoggiato dall’aviazione russa. Bisognerà ora contare i danni che i jihadisti hanno causato all’importante sito archeologico e patrimonio mondiale dell’umanità. Intanto, sul fronte negoziale, la quarta tornata di colloqui a Ginevra non sta dando i frutti sperati. Sui motivi di questa fase di stallo della diplomazia, Giancarlo La Vella ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.):

R. – I motivi sono quelli che di fatto bloccano i negoziati fin dall’inizio della guerra, cioè le posizioni sono troppo distanti. Se da una parte c’è il regime di Assad che cerca di rimanere in sella con un negoziato che possa giustificare la permanenza del presidente a capo del Paese, dall’altra parte c’è un’opposizione che si presenta molto frastagliata e di fatto senza un progetto politico. Il presupposto per l’inizio dei negoziati dell’opposizione rimane appunto l’allontanamento di Assad dal potere. Partendo da questi punti era purtroppo inevitabile che il tentativo, l’ennesimo delle Nazioni Unite, cadesse in un nulla di fatto in un momento in cui le posizioni degli attori internazionali coinvolti nella crisi siriana sono di attesa, perché se di fatto da una parte abbiamo una Russia che anche con il negoziato di Astana si è molto esposta nel supporto ad Assad, per adesso l’amministrazione Trump invece ancora non ha scoperto le carte su quelle che sono le posizioni di Washington sulla crisi siriana.

D.  – Le speranze erano che a Ginevra si arrivasse almeno ad un cessate il fuoco stabile. Ma con uno Stato Islamico, che rimane per tutti una spina nel fianco, le armi non potranno mai tacere totalmente?

R. – Sì, da una parte, assolutamente, è vero. La presenza dello Stato Islamico è ancora forte in alcuni contesti territoriali siriani, strategici per la stabilizzazione del Paese, e comporta il procedere dei combattimenti. Dall’altra parte, inevitabilmente, l’Is è stato anche utilizzato come una scusa per portare avanti i combattimenti che poi di fatto non sempre sono rivolti nei confronti dei jihadisti, ma sono anche tra il regime e altre milizie dell’opposizione e anche tra le stesse milizie dell’opposizione. Non dimentichiamoci che, dopo la caduta di Aleppo e la riconquista di Aleppo da parte dei soldati lealisti, la stragrande maggioranza delle milizie che hanno combattuto ad Aleppo nella parte settentrionale del Paese contro il regime ha trovato rifugio nella provincia  di Idlib, che adesso è diventata un po’ una roccaforte dell’opposizione, certo circondata dai soldati lealisti, però di fatto comunque è ancora una presenza forte in un contesto centrale per la stabilizzazione del Paese come è questa regione. Questo è un grandissimo punto interrogativo, anche per il futuro, sia dei negoziati, ma anche per la situazione sul campo dei combattimenti.

D. – Se la quarta tornata di negoziati a Ginevra dovesse chiudere i battenti senza risultati, quali sarebbero le altre speranze di aprire altri negoziati, considerando che a Ginevra non c’era la totalità dei rappresentanti dell’opposizione?

R. – Fino a quando non ci sarà un impegno concreto, non solo degli attori locali coinvolti, ma anche degli attori internazionali, difficilmente il processo di pace potrà avere presupposti positivi. La situazione sul campo è ancora troppo fluida perché si possa parlare di negoziati reali. Abbiamo una situazione politica interna alla Siria e internazionale, dal punto di vista delle posizioni di Russia e Stati Uniti, dove non si vedono per adesso presupposti di un possibile dialogo o di una possibile soluzione condivisa. Il fatto stesso che le posizioni siano ancora così distanti su un punto cruciale, cioè quello che dovrà essere il futuro di Assad, purtroppo fa propendere per delle speranze ridotte al lumicino su un processo di pace che si avvii positivamente.

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