Margelletti: «Agire con durezza sul piano diplomatico e commerciale»

Margelletti: «Agire con durezza sul piano diplomatico e commerciale»

30.03.2016

Davanti alle verità di cartapesta del governo di Al Sisi, la scelta ora è politica. «Sul caso Regeni l’Italia deve valutare da una parte i rapporti diplomatici e commerciali con l’Egitto, dall’altra la vita di un ricercatore italiano», dice Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro Studi Internazionali), massimo esperto di crisi internazionali e terrorismo. Margelletti non ha dubbi: «Sulla morte di Giulio Regeni non avremo mai la verità».

_Perché ritiene che non sapremo mai davvero cosa è accaduto e di chi sono le vere responsabilità?
_L’Egitto non ha dimostrato una reale disponibilità alla risoluzione del caso, quindi credo che alla fine non sarà possibile conoscere mai davvero, fino in fondo, la verità e le responsabilità. Paradossalmente, quindi, adesso il problema non è più egiziano ma italiano. Dal momento che nonostante le spinte internazionali l’Egitto non vuole essere messo sotto processo, la domanda è: quanto l’Italia è disposta a fare per arrivare fino in fondo?

_Siamo quindi a un bivio?
_Già, in ballo ci sono sanzioni, blocco degli immigrati, blocco del turismo, rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali.

Fino a che punto il nostro governo intende colpire i rapporti con l’Egitto?
Perché è un Paese che vive in una dittatura col supporto delle forze di sicurezza e le forze di sicurezza non vogliono finire sul banco degli imputati. Quindi le decisioni ora spettano all’Italia. Un problema politico del governo. L’Italia deve fare una scelta politica: deve valutare da una parte i rapporti con l’Egitto e dall’altra la vita di un ricercatore italiano. Tutto rientra in un gioco delle parti, cioè quanto il governo è disposto a farsi sentire sul piano diplomatico e commerciale.

_Sul fronte del terrorismo internazionale, invece, dopo gli attacchi a Bruxelles il grande tema è il fallimento dell’intelligence. La città belga era militarizzata, eppure nessuno ha potuto nulla per fermare i kamikaze. Perché?
_Perché il vero problema non è militarizzare una città ma comprendere le dinamiche che la animano. A Bruxelles si è permesso di far nascere quartieri che vivono in una sostanziale impermeabilità. L’integrazione significa convivenza non far crescere un corpo estraneo. Casa mia può diventare anche tua, ma chi viene nei nostri Paesi deve attenersi alle leggi laiche dello Stato. Non si possono imporre usanze e norme estranee al luogo in cui chiedi di stare.

_Cosa non funziona negli apparati di sicurezza?
_Manca una reale e convergente cooperazione tra i Paesi europei. La causa di questa situazione una reale politica comune dei rispettivi governi. Viviamo in continente che è europeo di nome ma non di fatto. Le cose non potranno che peggiorare perché il peso dei partiti populisti e antieuropei è cresciuto. Ma il punto non è chiudere la porta, ma avere una casa. Una casa comune.

Fonte: Il Piccolo

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