Wagner Group in Mali: ritirata francese e avanzamento russo
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa britannica Reuters, il 6 gennaio scorso sarebbe iniziato il dispiegamento di unità del Wagner Group. Una delle più importanti Private Military Company (PMC) russe, nella città maliana di Timbuctu. L’attivo dei paramilitari russi nel Paese è avvenuto contestualmente alla decisione del Presidente Macron di ridimensionare il supporto militare garantito a Bamako nel contesto dell’Operazione Barkhane, lanciata nel 2013 allo scopo di contrastare la crescita dell’insorgenza jihadista in tutta la regione del Sahel. Ufficialmente, le unità russe saranno impegnate nel supporto addestrativo alle Forze Armate maliane e nell’attività di combattimento contro le milizie jihadiste legate ad al-Qaeda ed allo Stato Islamico.
La presenza del Wagner Group, stimata in circa 600 unità, certifica la crescita dell’influenza russa nel Sahel e pone una sfida politica e di sicurezza non indifferente per i Paesi europei, in particolare per la Francia. Infatti, negli ultimi mesi, Parigi ha disposto una rimodulazione del proprio impegno militare nella regione, decidendo di dimezzare il numero di effettivi (da 5200 a circa 2500 entro il prossimo anno) e ribilanciando le proprie attività. La decisione, presa a luglio dello scorso anno, rispecchia le molte criticità incontrate dalla missione, a cominciare dalla scarsa popolarità in patria, dagli elevati costi e dai pessimi risultati conseguiti. Infatti, dal 2013 ad oggi, la capacità operativa dei gruppi terroristici è andata aumentando a dismisura senza alcun tangibile miglioramento per quanto riguarda la situazione sul campo. Come se non bastasse, lo stesso impegno francese è stato inizialmente accolto dalla popolazione maliana con scetticismo che, con il tempo, si è trasformato in profondo malcontento. Infatti, il popolo maliano ha percepito l’iniziativa francese come un tentativo di controllare il Paese ed interferire nella sua politica interna al solo scopo di accaparrarsi le sue risorse naturali e promuovere l’ascesa al potere di leader politici conniventi con Parigi.
Il parziale ritiro francese si colloca in un momento di tensione nei rapporti tra Bamako ed i partner occidentali. Infatti, la giunta militare che governa il Mali dal golpe del 2021 non ha accolto favorevolmente la decisione europea di imporre sanzioni ai suoi membri e, di conseguenza, ha disposto l’espulsione dell’ambasciatore francese. In segno di solidarietà, il governo danese ha annunciato il ritiro dei suoi 100 militari impegnati nella task force Takuba, la missione europea impegnata nel contrasto al terrorismo in Mali, ed anche il governo tedesco medita di fare altrettanto.
In questo contesto, la Russia si è dimostrata abile nell’approfittare delle molteplici difficoltà incontrate da Barkhane a livello politico, militare e simbolico per espandere la propria influenza in Mali. Infatti, per quanto Mosca continui ad affermare che il Wagner Group è una società privata, molteplici elementi hanno messo in luce il rapporto tra i suoi vertici ed il Cremlino, a testimonianza del fatto che la PMC agisce, nei fatti, come uno strumento accessorio della diplomazia russa nel mondo e, in particolare, in Africa. Infatti, dal 2018, il Wagner Group ha dispiegato le sue forze in Sudan, Mozambico e Repubblica Centrafricana. Per il Cremlino, inserirsi nel continente africano risponde a ragioni politiche ed economiche. Stabilire una propria sfera di influenza in Africa permette alla Russia di riposizionarsi all’interno della scena globale come una potenza credibile, inviando un chiaro segnale ai concorrenti europei in seguito al deteriorarsi delle relazioni dopo l’annessione della Crimea del 2014. Inoltre, costruire forti legami politici con i leader africani garantirebbe un considerevole bacino di supporto internazionale nelle sedi multilaterali (come le Nazioni Unite).
Attraverso il Wagner Group, il Cremlino offrirebbe le proprie prestazioni militari in cambio di diritti esclusivi sui giacimenti minerari. Uno schema ripetutosi in altri frangenti come la Repubblica Centrafricana ed il Sudan. Nella Repubblica Centrafricana, dopo aver vinto le elezioni nel 2016, il Presidente Faustin-Archange Touadéra si è rivolto alla Russia per sedare le rivolte dei ribelli fedeli all’ex Presidente Francois Bozizè e del “Gruppo Seleka”. In cambio delle prestazioni fornite, Touadéra avrebbe concesso alla Lobaye Invest, una società russa di estrazione mineraria legata al Wagner Group, l’accesso ad importanti riserve di oro e diamanti della Repubblica. Allo stesso modo, in Sudan, il governo di transizione guidato dalle Forze Armate ha elargito concessioni a società aurifere russe nel contesto di un accordo più ampio che prevedeva la costruzione di una infrastruttura militare russa a Port Said e la vendita di sistemi d’arma a condizioni vantaggiose.
Allo stesso modo, anche il Mali potrebbe essere al centro delle mire russe per le sue riserve di oro, terre rare ed uranio. L’intera regione del Sahel ospita ingenti risorse di tali minerali, per i quali competono la Rosatom, azienda russa di energia nucleare e la Areva, corrispettivo francese.
Gli accordi fra il colonnello Assimi Goïta, capo della giunta militare attualmente al governo in Mali, e i contractor russi del Wagner Group, potrebbero rivelarsi un interessante modello anche per altri Paesi del Sahel attualmente alle prese con la minaccia jihadista. In seguito al golpe delle Forze Armate avvenuto il 24 gennaio in Burkina Faso, appare possibile che anche il colonnello Paul-Herni Sandaogo Damiba, a guida della giunta militare attualmente al governo, possa seguire l’esempio maliano e giungere ad un accordo con il Wagner Group per contrastare le insorgenze jihadiste, aprendo le porte all’influenza russa nel Paese.
Stefania Balzano è tirocinante del programma Africa