Tunisia in piazza: la sospensione della democrazia?
Nella notte di domenica 25 luglio, il Presidente tunisino Kais Saied ha annunciato l’attivazione dell’articolo 80 della Costituzione, che lo autorizza “in caso di pericolo imminente che minaccia la nazione o che ostacola il regolare funzionamento delle istituzioni” a prendere “le misure richieste da tali circostanze eccezionali”. Per giustificare tale decisione, il Presidente ha fatto riferimento al “collasso di molti servizi pubblici” e alle “operazioni di incendio e di saccheggio in corso”. Difatti, l’annuncio arriva dopo un’intensa giornata di manifestazioni in tutto il Paese in occasione del 64° anniversario della proclamazione della Repubblica, per protestare contro la terribile gestione governativa della crisi sanitaria da Covid-19, vero e proprio acceleratore della frustrazione sociale di una popolazione già fiaccata da una galoppante crisi economica. Pur essendo sorte come anti-governative, le proteste hanno poi specificatamente preso una piega ostile contro il partito islamista Ennahda, i cui uffici sono stati attaccati dai manifestanti in diverse città. Di conseguenza, affermando di stare “attraversando i momenti più delicati e pericolosi della storia della Tunisia”, Saied ha deciso di avocare a sé tutto il potere esecutivo, in quello che è stato da molti definito come un “colpo di Stato”, seppur anomalo nelle sue forme.
L’attivazione dell’articolo 80 della Costituzione permette infatti al Presidente di sospendere per trenta giorni le attività del parlamento, togliere l’immunità ai suoi membri, assumere il titolo di Procuratore generale della Repubblica (che offre la facoltà di esercitare l’azione penale sui deputati) e imporre le dimissioni al Primo Ministro Hichem Mechichi per nominare lui stesso il nuovo Capo di governo e i Ministri. Una decisione subito contestata da più parti, soprattutto perché le modalità di azione del Presidente sono state viste da molti come una violazione della Costituzione stessa. Nello specifico, l’aspetto più controverso riguarda la Corte Costituzionale, che dovrebbe essere l’organo atto a supervisionare l’operato delle istituzioni ed avere voce in capitolo in fasi così delicate. Tuttavia, questa non è mai entrata in funzione, a causa di diversi veti incrociati che hanno compromesso la politica tunisina dal 2014, anno in cui è entrata in vigore la nuova Costituzione. Infatti, proprio le disposizioni transitorie di quest’ultima affermano che la Corte avrebbe dovuto essere istituita dopo le elezioni legislative del 2014, ma il Parlamento non è stato in grado di rispettare tali scadenze. Un vuoto che lascia dunque al Presidente carta bianca nel valutare “discrezionalmente” cosa possa costituire un “pericolo imminente” per la Tunisia.
Ad ogni modo, uno scenario di questo tipo si temeva già da diversi mesi, allorquando nel maggior scorso è trapelato nelle mani della stampa un documento indirizzato a Nadia Akacha, Capo dello Staff di Saied, in cui veniva paventata la possibilità di una presa del potere da parte del Presidente per via legale attraverso una lettura estensiva della Carta fondamentale. In sostanza secondo i consiglieri presidenziali per contenere le minacce sanitarie e finanziarie, Saied avrebbe potuto adire ad una rilettura dell’ormai celebre articolo 80. Tuttavia il clamore suscitato dall’iniziativa ha immediatamente portato il Capo dello Stato a smentire l’autenticità del documento secretato. Tale condizione, però, si è presentata oggi a distanza di pochi mesi.
Al contempo, l’annuncio di ieri notte ha sicuramente diviso in due il Paese. Se i sostenitori del Presidente – che gode di ampio consenso tra le classi popolari nonché tra le fila dell’esercito – hanno accolto con favore la mossa, vista come un assennato tentativo per cercare di uscire dall’impasse economico e sanitario, i rappresentanti di Ennahda – che detiene la maggioranza in Parlamento – hanno immediatamente fatto appello a riprendere il controllo della Camera, bloccata nella notte dall’Esercito. Proprio in piena notte il Presidente del Parlamento, Rached Ghannouchi (co-fondatore di Ennahda) ha tentato di entrare nell’Assemblea con altri deputati, per poi invitare “tutte le organizzazioni e la società civile, i giovani, l’Esercito, la polizia e tutte le forze che hanno lavorato per il successo della Rivoluzione (del 2011) a pronunciarsi contro questa ingiustizia”. Colpisce inoltre la reazione del partito Qalb Tounes, secondo per membri in Parlamento, che ha definito la mossa di Saied “una grave violazione della Costituzione”, mentre tra i partiti di sinistra le posizioni sono diverse. Non si sono ancora pronunciati invece i principali movimenti sindacali, come l’Unione Generale Tunisina del lavoro (UGTT), e la Confindustria tunisina (UTICA), che detengono un forte peso politico e possono dunque influenzare le sorti della crisi.
Di conseguenza, gli eventi della scorsa notte hanno provocato una forte scossa politica in Tunisia, dove la situazione è ancora in evoluzione. La complessità di quest’ultima e la divergenza di posizioni – anche nell’opinione pubblica – porta a delineare diversi scenari, che non permettono di escludere anche un’ipotetica deriva autoritaria del potere. Tutti elementi che incitano a monitorare con attenzione gli sviluppi degli eventi nei prossimi giorni.