Pirateria: evoluzione del fenomeno e principali hotspot
Sin dal tempo degli antichi Greci, la pirateria è stata una minaccia per il commercio marittimo internazionale, ma è stato tra il 1650 e il 1720 che si è toccato il picco del fenomeno, tanto che questo periodo è conosciuto come l’«età dell’oro» dei pirati.
Il fenomeno persiste ancora oggi, con importanti implicazioni tanto a livello securitario e politico quanto economico e commerciale. Esso è talmente rilevante, anche in contesti giuridici, che in tempi recenti il diritto internazionale ha cercato di dare una definizione univoca del reato, e la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) ha chiarito la distinzione tra rapine a mano armata ai danni delle navi e pirateria. Per essere classificato come pirateria, un atto deve aver avuto luogo in alto mare (acque internazionali). A differenza della pirateria, l’espressione "rapina a mano armata contro le navi” indica atti di pirateria o in generale atti illeciti che avvengono all’interno del mare territoriale, quindi le acque interne soggette alla giurisdizione dello Stato.
Secondo i dati del rapporto annuale sulla pirateria dell’International Maritime Bureau (IMB) della Camera di commercio internazionale, nel 2021 si sono registrati 132 attacchi di pirateria in totale. Le tipologie di navi più attaccate sono le navi cargo, le navi portacontainer e le navi cisterna che trasportano prodotti chimici e petrolio. La gran parte degli episodi di pirateria verificatisi nel 2021 sono stati degli abbordaggi, spesso condotti con veloci barchini di piccole dimensioni con i quali i pirati si avvicinano alla nave obiettivo, per poi cercare di salire a bordo e sequestrare il carico oppure rapire l’equipaggio.
Rispetto ai 195 episodi del 2020 e ai 162 del 2019 il trend è in decrescita, e si tratta della cifra più bassa dal 1994. Nel corso del 2021, due aree geografiche possono essere identificate come hotspot degli incidenti di pirateria a livello globale. Si tratta del Golfo di Guinea e dello Stretto di Singapore. Gli stessi hotspot sono stati individuati nel report basato sui dati raccolti nel 2020 che ha visto 195 incidenti, e in quello del 2019 in cui si sono verificati 162 incidenti. Ciò implica un trend costante da anni che inquadra tali due regioni come hotspot principali del fenomeno a livello mondiale.
Nel Golfo di Guinea nel 2021 sono stati segnalati 34 incidenti, dato in calo rispetto agli 81 nel 2020. In particolare, negli ultimi tre mesi del 2021 si è registrato un livello molto basso di episodi di pirateria marittima nel Golfo di Guinea, e ciò ha contribuito nettamente alla diminuzione generale di incidenti riportati nello scorso anno. Il Golfo di Guinea si estende dal Senegal all’Angola, coprendo circa 6000 km di costa, ed è un’importante rotta marittima per il trasporto di petrolio e gas, nonché di merci, tra l’Africa centrale e meridionale. Ogni giorno, 1.500 pescherecci, petroliere e navi mercantili navigano nelle acque del Golfo. È diventato un punto caldo per la pirateria a causa degli alti tassi di disoccupazione nell’Africa occidentale costiera, della scarsa sicurezza e della mancanza di applicazione delle leggi marittime. La situazione è in realtà peggiore di quanto le statistiche descrivano, perché si ritiene che, a differenza di altre regioni, solo circa la metà degli incidenti di pirateria nel Golfo di Guinea siano effettivamente segnalati dai comandanti delle navi e dagli operatori per paura di rappresaglie durante la loro prossima visita. All’interno di questo contesto, gli aggressori prendono generalmente di mira le navi non protette e le navi situate in aree di ancoraggio non sufficientemente protette, con l’obiettivo di rapire i membri dell’equipaggio. Il Golfo di Guinea, infatti, è un’area in cui i rapimenti dei marittimi sono più frequenti rispetto al resto del mondo, elemento questo che caratterizza il fenomeno della pirateria a livello sub-regionale, distinguendolo da altre aree del globo (come ad esempio l’Oceano Indiano, regione in cui l’obiettivo primario degli attacchi dei pirati è il sequestro delle imbarcazioni).
La Nigeria rappresenta l’epicentro della pirateria del Golfo di Guinea e nel 2021, dopo l’aumento degli incidenti di pirateria nel 2020, il governo nigeriano ha lanciato il “Progetto Deep Blue”, del valore di 195 milioni di dollari, per incrementare la sicurezza delle acque del Golfo di Guinea. Il progetto è implementato dall’Agenzia nigeriana per l’amministrazione e la sicurezza marittima (NIMASA), prevede l’acquisizione e il dispiegamento di apparecchiature ad alta tecnologia, tra cui navi, droni, elicotteri e sistemi di comunicazione satellitare, e si divide in tre categorie di piattaforme, al fine di migliorare la sicurezza marittima su terra, per mare e nel cielo. Le risorse terrestri includono il Centro di comando, controllo, comunicazione, computer e intelligence (C4i) per la raccolta di dati e informazioni, 16 mezzi corazzati per il pattugliamento costiero e 600 truppe appositamente addestrate per l’interdizione marittima, note come Maritime Security Unit (unità di sicurezza marittima). Le risorse marittime includono due navi per missioni speciali e 17 unità del tipo Fast Interceptor Boats. Infine, le risorse aeree comprendono due velivoli per missioni di sorveglianza della Zona Economica Esclusiva (ZEE) del Paese, tre elicotteri per operazioni di ricerca e soccorso e quattro velivoli senza pilota, per missioni di ricognizione. L’iniziativa della Nigeria è stata ben accolta dall’industria marittima in quanto le associazioni che ne fanno parte si sono espresse a favore di Deep Blue, ritenendo che il progetto possa effettivamente contribuire a contrastare il fenomeno della pirateria nel Golfo di Guinea. L’Unione Europea è attiva nel contrasto della pirateria nell’area da tempo, in particolare da quando ha adottato una strategia per il Golfo di Guinea a seguito del vertice di Yaoundé tenutosi nel giugno 2013, finalizzato a contrastare la criminalità marittima nel suo senso più ampio. Anche la Marina Militare italiana si è mobilitata, attraverso l’Operazione “Gabinia”, per combattere la pirateria nel Golfo di Guinea, un’area particolarmente rilevante per il nostro Paese, in considerazione della sua stretta connessione con il Mediterraneo. L’Operazione Gabinia attualmente vede l’impiego della fregata classe FREMM della Marina Militare Italiana “Luigi Rizzo” (F 595) che è salpata dall’Italia lo scorso febbraio e opererà nelle acque del Golfo di Guinea fino al mese di giugno.
Per quanto riguarda invece la regione del sud-est asiatico, lo Stretto di Singapore, dai dati raccolti nel report del 2021, sembra sia l’area in cui si sono concentrati maggiormente gli episodi di pirateria. Collegando lo Stretto di Malacca al Mar Cinese Meridionale, lo Stretto di Singapore, lungo 113 km, è da secoli una delle rotte marittime principali dell’Asia. Negli ultimi anni, lo Stretto di Singapore ha visto un numero crescente di attacchi dei pirati. Nel 2021 ci sono stati 49 incidenti nello Stretto di Singapore, un dato in crescita rispetto ai 34 incidenti nel 2020 e ai 31 del 2019.
Vi sono diverse ipotesi che possono offrire una motivazione circa l’aumento degli episodi di pirateria nell’area. Innanzitutto, il Covid-19 ha deteriorato le condizioni economiche in molte regioni e ciò avrebbe portato più persone (nelle comunità costiere) a ricorrere a rapine in mare, dato l’aumento della disoccupazione. Inoltre, lo Stretto di Singapore è una rotta marittima estremamente trafficata, il che lo rende incline a essere preso di mira dagli aggressori. Un’altra plausibile spiegazione dei numerosi incidenti di pirateria può essere attribuita alle caratteristiche geografiche dello Stretto, con molte isole difficili da controllare in modo efficace, che faciliterebbero la condotta di atti di pirateria. Attualmente i governi coinvolti stanno mettendo in atto alcuni sforzi per affrontare la questione. I tre Stati litoranei dello Stretto ossia Singapore, Malesia e Indonesia stanno conducendo esercitazioni congiunte per affrontare meglio gli incidenti marittimi, pattugliare con più attenzione e costanza le acque antistanti lo stretto di Singapore e inviare allarmi regolari per ricordare alle navi di esercitare la dovuta vigilanza. Le contromisure messe in atto dagli Stati appena citati seguono le indicazioni del ReCAAP Information Sharing Center, un importante istituto nato nel 2006 sulla scia della sottoscrizione del ReCAAP, un accordo regionale tra governi per promuovere e rafforzare la cooperazione contro la pirateria e le rapine a mano armata contro le navi in Asia.
Gli sforzi a livello globale per la riduzione degli eventi di pirateria sono fondamentali per garantire la sicurezza delle rotte commerciali marittime e delle popolazioni che vivono sulle coste. I dati in calo registrati nel 2021 sono probabilmente un indice che le autorità marittime stanno lavorando bene e che le missioni internazionali anti-pirateria sono efficaci, ma l’attenzione deve ancora rimanere alta a causa dell’intensificarsi degli episodi nello Stretto di Singapore e per far sì che non si acutizzi la problematica nel Golfo di Guinea. Nonostante il fenomeno della pirateria sia stato ultimamente messo in secondo piano dai media internazionali, questo continua a costituire una grave minaccia per le reti di comunicazione e di trasporto marittime globali e merita di essere monitorato per i potenziali danni che può infliggere al commercio via mare.
Aurora Cuzzolini è stagista al CeSI al desk Difesa e Sicurezza.