Mobilità Militare: sviluppi e possibili impatti in Europa e in Italia
Uno dei progetti più ambiziosi lanciati nell’ambito della Difesa europea è probabilmente quello della mobilità militare. Anzitutto, si tratta dell’unico programma che vede la partecipazione di tutti e 25 i Paesi parte della cosiddetta Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO). Inoltre, ha un raggio geografico così ampio da ricoprire l’intero territorio dell’Unione Europea in tutte le sue direttrici, nord-sud ed est-ovest. In terzo luogo, la sua buona riuscita richiede un impegno coordinato e costante tra la sfera militare e civile a livello comunitario e nazionale. Il progetto della mobilità militare, approvato nel 2018, è finalizzato a facilitare e velocizzare lo spostamento di truppe e di mezzi militari sul territorio dell’Unione per rispondere a diverse necessità, tra cui fare esercitazioni congiunte, mettere in sicurezza le linee di comunicazione marittime, contrastare minacce di tipo ibrido (si pensi alla necessità di proteggere il perimetro di una centrale elettrica in caso di attacco cibernetico o di controbilanciare operazioni militari straniere “coperte” volte a destabilizzare un Paese europeo, come in Ucraina) o reagire prontamente in caso di disastri naturali. Questo tipo di operazioni possono essere svolte sotto l’egida dell’UE, e quindi nel contesto delle missioni di Politica di Sicurezza e Difesa Comune, o come attività multinazionali o nazionali.
Oggigiorno, gli ostacoli ad un dispiegamento militare rapido sono numerosi e di natura sia infrastrutturale che amministrativa e burocratica. Il progetto della mobilità militare in Europa mira proprio a eliminare o ridurre tali ostacoli grazie allo sforzo dei Paesi membri, concertato dalle istituzioni comunitarie competenti.[1]
Passati quasi due anni dal suo lancio ufficiale e dalla presentazione del relativo Piano di Azione che ne definisce le priorità e tempistiche, è opportuno analizzare i progressi realizzati in merito. Anzitutto, è doveroso rimarcare che sia le istituzioni e agenzie UE competenti che i Paesi membri hanno dedicato dovuta attenzione al programma, permettendo, quindi, un avvio graduale e senza intoppi dello stesso. Di fatto, per ogni ostacolo alla mobilità militare che era stato individuato dal Piano di Azione sono stati realizzati degli studi approfonditi e sono state messe in atto delle azioni preliminari di risposta. Tale attivismo europeo ha quasi trasformato quelle che venivamo considerate delle barriere in dei pilastri su cui si basa la buona riuscita del progetto.
I quattro pilastri della mobilità militare sono le infrastrutture, il trasporto di beni pericolosi, gli oneri doganali e l’IVA, il rilascio di permessi per attraversare i confini dei Paesi UE.
[1] Per una descrizione più approfondita del progetto, si veda: https://www.cesi-italia.org/articoli/875/la-mobilit-militare-nel-quadro-della-nascente-difesa-europea