La Regione Asia-Pacifico: tensioni e strategie
Asia e Pacifico

La Regione Asia-Pacifico: tensioni e strategie

Di Michele Cosentino
14.03.2012

Le dichiarazioni ufficiali formulate da Hillary Clinton - “il futuro dell’America è legato al futuro della regione Asia-Pacifico” - hanno sancito l’importanza primaria della regione Asia-Pacifico nel quadro della politica mondiale, confermando sostanzialmente una tendenza manifestatasi già da qualche anno.

L’attenzione dei mercati e degli analisti è dunque puntata su un’area del mondo geograficamente lontana da un’Europa alle prese con la crisi economica e più vicina agli Stati Uniti di quanto non sembri, nonché attraversata da un certo numero di tensioni politiche di cui bisogna tener conto nel quadro degli sviluppi futuri legati alla ripresa economica planetaria. E’ ineludibile che tale ripresa debba avvenire in un contesto di stabilità politica sufficiente a stimolare gli investimenti: il ruolo giocato dai principali soggetti statuali operanti nella regione Asia-Pacifico assume dunque una centralità molto più importante rispetto al passato ed è intimamente legato agli interessi e alle priorità strategiche di ciascuno di tali soggetti, in un quadro geopolitico che presenta diversi punti comuni, nonché specifiche peculiarità.

I principali soggetti politicamente ed economicamente importanti e “residenti” nella regione Asia-Pacifico sono notoriamente tre: la Repubblica Popolare Cinese, il Giappone e la Corea del Sud. Gli Stati Uniti possono considerarsi un soggetto “non residente”, ma con enormi interessi interesse nell’area e fortemente legati a Tokyo e Seul da varie forme di cooperazione politica; a ciò si aggiunge un’importante relazione politico-economica con Pechino periodicamente caratterizzata da alti e bassi e cui fanno da sfondo le rispettive logiche di natura militare. Tutti questi soggetti si muovono e operano all’interno di un’area geograficamente dominata dal mare: se questo è evidente per il Giappone e la Corea del Sud, è anche vero che la Repubblica Popolare Cinese - Nazione apparentemente continentale - attribuisce alla sue coste e alle relative infrastrutture portuali un’importanza cruciale nell’ambito di una dimensione “marittima” dei rapporti intraregionali che rappresenta così il primo aspetto di comunanza fra i soggetti “residenti”.

A tale aspetto ne sono strettamente legati altri due, relativi alla sfera economica: il mare e le vie di comunicazioni marittima sono, per tutte le Nazioni dell’area, il duplice veicolo per l’importazione delle materie prime e per l’esportazione in tutto il mondo dei manufatti industriali. Tali aspetti diventano dunque essenziali non solo per ciascuno dei soggetti “residenti”, ma anche per tutte le altre Nazioni dell’Asia-Pacifico, indipendentemente dalla loro statura politica ed economica, nonché per gli Stati Uniti. In tale contesto, una rilevanza peculiare assume la potenziale disponibilità di risorse energetiche probabilmente presenti nei fondali di alcune zone marittime del Mar Cinese Meridionale, risorse che contribuiscono a innescare contenziosi territoriali di natura marittima e a condizionare in sintesi le strategie politiche e militari di tutte le Nazioni dell’area.

Una qualsiasi crisi che si manifesti nella regione Asia-Pacifico introduce perciò un elemento negativo dannoso per la stabilità e per la conseguente crescita: sotto questo profilo, esistono alcune importanti differenziazioni da esaminare con maggior dettaglio. La penisola coreana sta vivendo un periodo di transizione legato alla successione dinastica nella leadership nazionale: data la giovane età e l’inesperienza di “potere” di Kim Jong-Un è probabile che a Pyongyang sia in atto una disputa fra i falchi e le colombe dell’apparato partitico/militare alla guida del paese e non è da escludere che tale disputa possa sfociare in scaramucce di confine dalle conseguenze difficili da immaginare.

Analizzando le capacità militari in campo fra le due Coree, alla quantità degli uomini e dei materiali messi in campo dal Nord fa riscontro la qualità dei sistemi in dotazione al Sud, in un’equazione di cui fa peraltro parte integrante il contributo militare messo a disposizione degli Stati Uniti. E proprio perché un eventuale confronto militare sarebbe concentrato in una zona peninsulare, le operazioni aeronavali - fra cui spicca la difesa contro eventuali missili balistici impiegati dalla Corea del Nord - assumono un’importanza capitale e dettano la direzione da seguire nel processo di potenziamento dello strumento militare sudcoreano.

La situazione è attentamente seguita anche in Giappone, dove l’ultima edizione del “White Paper” sulla politica di difesa e sicurezza nazionale, diffusa a novembre 2011, manifesta timori più che fondati su quello che accade nella Corea del Nord e indica la strada che Tokyo deve seguire per accrescere il livello di deterrenza e attenzione nei confronti di Pyongyang, lavorando ancora una volta sulle forze aeree e navali. Una novità del “White Paper” è inoltre la citazione esplicita della continua e rapida espansione e modernizzazione delle forze militari della Repubblica Popolare Cinese, nonché la preoccupazione, per il governo di Tokyo, che le attività navali della Marina cinese nell’acque circostanti l’arcipelago nipponico aumentino in frequenza e intensità.

Esiste una sorta di specularità fra gli interessi strategici di Pechino e di Tokyo, in quanto entrambi collegati al libero uso delle vie di comunicazione marittima che transitano a ridosso del continente asiatico e che fanno capo ai rispettivi porti nazionali. Ma al vantaggio del Giappone - accessibile anche dalle coste orientali dell’arcipelago - si contrappone lo svantaggio della Cina, che dispone di approdi raggiungibili soltanto attraversando un certo numero di “choke points” e che hanno obbligato la Marina cinese a formulare una strategia necessariamente basata sulla capacità di operare dall’interno verso l’esterno, partendo dalle coste, raggiungendo in sequenza due catene insulari approssimativamente concentriche e infine il libero accesso alle vastità dell’oceano Pacifico. L’attuazione di questa strategia - peraltro divulgata già qualche anno fa - assume una valenza importante anche per i più recenti e importanti sviluppi politici e commerciali occorsi con soggetti “non residenti” come l’Iran e alcune Nazioni africane e con i quali l’unico collegamento è rappresentato da linee di comunicazione marittima da mantenere dunque quanto più sicure possibile.

In ultima analisi, le tensioni in atto e gli interessi politico-economici dei vari soggetti coinvolti nella regione Asia-Pacifico definiscono una serie di dinamiche strategiche che hanno un impatto rilevante su strategie di sicurezza e difesa da seguire con la massima attenzione.

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