Il terrorismo in Europa e la debolezza strategica dell’Occidente
Terrorismo e Radicalizzazione

Il terrorismo in Europa e la debolezza strategica dell’Occidente

Di Arturo Morselli
19.11.2020

Lo scorso 10 novembre, sull’onda degli attentati terroristici di matrice jihadista che hanno travolto Parigi, Nizza e Vienna nelle ultime settimane, la Francia ha ospitato un mini-summit virtuale con i leader di Austria e Paesi Bassi, Sebastian Kurtz e Mark Rutte, ed i Presidenti della Commissione e del Consiglio europei, Ursula von der Leyen e Charles Michel, volto ad affrontare l’attuale crisi securitaria che interessa, più o meno direttamente, la totalità dell’Unione Europea tanto quanto i suoi singoli Stati membri.

L’incontro, al quale è mancata l’Italia, ha tuttavia rappresentato un momento più simbolico che operativo. Rispetto a quelle che avrebbero potuto essere delle iniziative di più ampio respiro, l’Eliseo in particolare si è limitato a proporre una serie di risposte ‘rapide’ alla minaccia della radicalizzazione islamista, poste nell’ottica di un’offensiva europea al fenomeno che Macron stesso ha definito ‘separatismo islamista’. Questa terminologia  (non esiste infatti un movimento separatista all’interno dell’Islam politico) apparentemente intercambiabile, secondo la retorica francese, con termini quali ‘radicalismo islamista’ e ‘terrorismo di matrice islamica’, getta infatti seri dubbi su quella che può essere la reale comprensione da parte dei Paesi europei del fenomeno che oggi l’Occidente si trova nuovamente costretto ad affrontare, ossia il jihadismo. Infatti, esso è una deformazione della dottrina islamica che arriva a giustificare la violenza come strumento per perseguire farneticanti obiettivi socio-politici. Nel frattempo, l’accostamento dell’Islam al terrorismo, suggerito più o meno apertamente dal Presidente Macron nelle ultime settimane, ha avuto l’effetto di suscitare la rabbia diffusa da parte del mondo musulmano, e una condanna a tale retorica è arrivata anche da parte dell’imam di al-Azhar, la famosa università del Cairo, uno dei più prestigiosi centri di studi teologici giuridici dell’Islam sunnita.

Al di là, quindi, di una postura provocatoria che mina l’abilità di dialogo con i possibili partner del mondo arabo e che esacerba il risentimento e il senso di alienazione della Umma, il mini-summit virtuale si è preposto l’obiettivo di lavorare ad una dichiarazione, adottata dai Ministri degli Interni dell’Unione lo scorso 13 novembre, che riassumesse le diverse misure che verranno implementate a livello europeo atte alla deterrenza di nuovi possibili attacchi e volte anche a prevenire il processo di radicalizzazione violenta.

Il documento, ‘anticamera’ di quella che sarà la strategia definitiva contro il terrorismo che i vari ministri europei puntano a porre in essere entro la fine di dicembre, si articola in nove punti: la libertà religiosa; la coesione sociale; il rafforzamento della sicurezza di un’area Schengen ben funzionante; la garanzia della sicurezza personale; la prevenzione della radicalizzazione online e offline; lo scambio di informazioni riguardanti le persone che rappresentano una minaccia di terrorismo o di estremismo violento; il monitoraggio dei foreign fighters di rientro dai teatri di guerra; il rinnovamento dell’architettura informativa UE; la protezione degli spazi pubblici.

Sebbene la maggior parte delle iniziative discusse nella dichiarazione non presentino elementi originali  (il tentativo francese di inaugurare una riflessione sulla riforma di Schengen rappresenta un dossier già da anni oggetto di discussione sui tavoli dell’Unione Europea) vi sono altresì iniziative tanto nuove quanto potenzialmente problematiche.

Nell’ottica di difendere il pluralismo e la libertà religiosa, il documento afferma la volontà di promuovere un’educazione religiosa in linea con i diritti fondamentali dell’Unione. A tal fine, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha avanzato la proposta di istituire un nuovo organo pan-europeo che serva la duplice funzione di supervisionare la formazione degli imam e di controllarne le reti di seguaci, in modo tale da aumentare la capacità di monitoraggio dei network che orbitano intorno ai diversi centri di preghiera musulmani. La speranza, secondo Michel, è quindi di assicurarsi che non vengano diffuse ‘ideologie dell’odio’ all’interno di queste reti sociali.

Malgrado la proposta sia ancora in fase embrionale, la formalizzazione del ruolo dell’imam, una figura che nella tradizione islamica è di guida di preghiera, rischia di non essere sufficiente se non attuata in tandem con quelle che potrebbero essere delle misure atte ad incentivare gli imam a partecipare a tale programma. Si teme infatti che senza un pacchetto di misure più mirate, molti dei seguaci e degli individui a rischio di radicalizzazione smetterebbe semplicemente di seguire questi imam istituzionali, il che promuoverebbe indirettamente la proliferazione di leader religiosi clandestini e potenzialmente ancora più eversivi.

Nella dichiarazione dello scorso venerdì 13 novembre è stata proposta anche la rapida cancellazione (un ora) dai social network dei contenuti che inneggiano a odio, violenza e terrorismo. Inoltre, è stato chiesto alla Commissione europea di inserire nel Digital Service Act (DSA), il provvedimento atteso per dicembre che rivoluzionerà la legislazione Ue sulla Rete, di prevedere multe alle piattaforme che non rimuovono quei contenuti illegali che inneggiano al terrorismo. L’Unione Europea mira quindi a completare con successo i negoziati sul regolamento dei contenuti terroristici online (TCO) entro la fine dell’anno, mantenendo così l’ambizione di creare un nuovo ed efficace strumento operativo per l’eliminazione transfrontaliera dei contenuti terroristici.

Nel documento sono anche inserite una serie di proposte riguardo alla minaccia posta dal fenomeno dei foreign fighters. Oltre all’utilizzo sistematico di tutte le funzionalità pertinenti del Sistema di Informazione Schengen (SIS), viene espressa la volontà di aumentare la capacità di effettuare controlli biometrici del SIS stesso, fornendo a questo fine più dati biometrici al SIS anche ex-ante, e cioè prima dell’ingresso dell’individuo nell’area Schengen. Per questo motivo, l’Unione si sta adoperando per un processo che coinvolga l’Europol per esaminare le informazioni pertinenti trasmesse da Paesi terzi, analizzarle e, nella misura in cui sarà legalmente possibile, farle inserire nel SIS dalle autorità nazionali competenti. Un maggiore accesso alle informazioni digitali, sia che si tratti del traffico di dati sia che si tratti dei contenuti, rappresenta dunque uno dei punti cruciali di quella che sarà la strategia di controterrorismo europea che verrà presentata entro la fine del mese prossimo.

Sebbene l’Unione Europea sia quindi intenta a fare fronte alla rinnovata minaccia del terrorismo jihadista, i leader di Austria e Francia sono a loro volta impegnati sul piano della politica interna. Il Presidente Macron, infatti, dovrà affrontare una campagna di rielezione nel 2022, nella quale è probabile che il suo avversario politico sarà il leader dell’estrema destra Marine Le Pen. Per questo motivo, il Presidente francese ha tutto l’interesse a mostrarsi forte circa le iniziative di antiterrorismo del Paese, attitudine che si sposa bene con i sentimenti di indignazione e di crescente nazionalismo dell’elettorato francese. In quest’ottica, la volontà di apparire in conferenza stampa la scorsa settimana con il Cancelliere austriaco, che fino allo scorso anno governava in coalizione con gli alleati di Marine Le Pen nell’estrema destra austriaca, si inserisce dunque in una chiara strategia politica da attuare nell’immediato futuro.

L’austriaco Kurz, attualmente in coalizione con il partito dei Verdi, ha similmente potuto dimostrare attraverso l’incontro di avere credibilità e riconoscenza a livello europeo, di adottare una linea dura riguardo l’Islam radicale, e di divergere l’attenzione del proprio elettorato dalla mancata abilità dei servizi di sicurezza austriaci di riconoscere gli avvertimenti prima del recente attacco di Vienna. Kurz si trova infatti costretto ad adottare una linea dura in modo tale da riguadagnare la fiducia di una parte del proprio elettorato, il quale attualmente minaccia di disertare a favore del Partito della Libertà Austriaco, considerato comunemente come nazionalista e di destra populista.

La strumentalizzazione del fenomeno terroristico al fine di promuovere una determinata agenda politica rischia di minare l’efficacia e la proporzionalità delle iniziative che verranno proposte a livello europeo il prossimo mese. Ciononostante, sarà importante considerare quelli che saranno gli sviluppi dei dibattiti a livello degli Stati membri nelle prossime settimane. A prescindere dalla pubblicazione della dichiarazione del 13 novembre, sarà dunque fondamentale attendere l’incontro dei Capi di Stato a dicembre, in modo da poter capire quella che sarà la strategia di antiterrorismo che adotterà l’Unione Europea.

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