Il Kurdistan iracheno alla sfida del referendum tra fragilità interne e complessi equilibri regionali
Il progressivo ridimensionamento della minaccia di Daesh, dopo la sconfitta patita a Mosul nel luglio scorso, ha fatto riemergere quelle dispute tra autorità centrali e Governo della Regione del Kurdistan (KRG), relative al grado di autonomia politica ed economica di Erbil, che solo l’avanzata dei miliziani di al-Baghdadi e il rischio concreto di un collasso dello Stato avevano congelato temporaneamente. La leadership curda, decisa a capitalizzare sul piano politico il grande impegno militare profuso nella lotta a Daesh, ha scelto un atteggiamento massimalista indicendo, per il prossimo 25 settembre, un referendum che dovrebbe sancire per via unilaterale l’indipendenza della regione curda dal resto del Paese. Tuttavia, non è da escludere che il Presidente Masoud Barzani, incalzato dalle numerose e diverse pressioni internazionali, possa decidere di rinviarne la data.
Inevitabilmente, questa decisione ha suscitato la reazione negativa di Turchia e Iran, che si sono schierate
apertamente contro il voto. Infatti, sia Ankara che Teheran vedono la creazione di uno Stato curdo in quello che attualmente è l’Iraq settentrionale come una minaccia alla loro stabilità interna e alla loro integrità territoriale. Il loro timore è che le rivendicazioni autonomistiche delle rispettive minoranze curde possano trarre nuovo vigore dall’esito positivo del referendum.