Crisi siriana e prospettive curde: la partita di Barzani
Per i circa due milioni di curdi che vivono in Siria, il conflitto in atto tra le truppe del regime di Bashar al-Assad e le milizie del Free Syrian Army (FSA) rappresenta, al contempo, una minaccia e un’opportunità. Da un lato, al pari delle altre popolazioni del Paese, la comunità curda ha vissuto i drammatici effetti della guerra civile, ormai in corso da oltre un anno e mezzo. Dall’altro lato, essa si è andata ritagliando, sfruttando l’inasprirsi delle tensioni confessionali tra sunniti e alawiti, una posizione nient’affatto sfavorevole in un contesto che al momento appare in continua evoluzione. Il Presidente siriano, costretto a far fronte alla crescente minaccia dell’insurrezione sunnita e consapevole dell’importanza curda negli equilibri del Paese, ha cercato fin da subito d’ingraziarsi la comunità concedendole la possibilità di guadagnare il controllo di alcune fette di territorio lungo il confine settentrionale.
I vertici politici della comunità curda siriana sono da lungo tempo divisi in due correnti rivali: il Consiglio Nazionale Curdo (KNC), storicamente vicino al Kurdistan iracheno, e il Partito dell’Unione Democratica (PYD), legato a doppio filo al movimento turco del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Per conservare il controllo dei territori siriani a maggioranza curda, essi dovranno ora trovare un’inedita coesione e compattarsi a fronte di un obiettivo comune. Al contempo, tuttavia, gli sviluppi della situazione curda interesseranno da vicino due attori regionali le cui mosse saranno determinanti per il futuro della comunità curda in Siria: la Turchia, che guarda con crescente sospetto alle attività dei gruppi armati curdi all’interno e all’esterno dei suoi confini, e il Governo Regionale del Kurdistan iracheno (KRG), il cui Presidente, Massoud Barzani, appare ben conscio delle prospettive aperte dalla crisi siriana.
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